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Ucronia
l'estinzione 666
et diabolus incarnatus est. et homo factus est.
Simonetti Casagrande Riccardo
Z I A
[ Z o n a I r r e a l e d i A u t o n o m i a ]
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*
[ N é C e n t r o S o c i a l e , N é C e n t r
o C o m m e r c i a l e ]
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ZIA
– Zone Irreali di Autonomia
Capitolo Supplementare
"Abbandonare il Mondo: Divenire Fuga, Divenire Nulla"
Nel
cuore pulsante delle Zone Irreali di Autonomia, là dove la realtà si frantuma
in eco psichedeliche e i confini dell’umano vengono decostruiti dal codice
binario dell’irreversibile, si propaga una verità dimenticata: non c’è
rivoluzione possibile dentro la forma del mondo.
Il
Capitale non è più una struttura economica o una forma sociale, ma una
proiezione speculare dell’umano in esilio da se stesso, un teatro
dell’estinzione. Siamo diventati spettatori della nostra stessa mutazione, immagini
omologate di ciò che non siamo mai stati, riflessi nei mille specchi del
supermercato metafisico globale.
Ogni
istante che permane dentro la logica della produzione – anche quella della
protesta, anche quella della critica – è una complicità col nemico. Il
Capitale ha vinto non perché ci ha sconfitto, ma perché ci ha assorbiti.
Ci ha dato la forma. La funzione. Il ruolo. Il nome.
ZIA
non è una rivoluzione, è un abbandono.
Non
esiste conflitto frontale: il Capitale non si sconfigge, si dissolve
insieme alla forma stessa della realtà. Per questo, le Zone Irreali non sono
territori, ma fughe rituali. Fratture di specchio. Crolli desideranti.
Ogni passo fuori dal teatro è una crepa nella macchina del mondo.
Il
lavoro, la scuola, l’identità, la storia, la merce, l’utopia, il genere, la
verità: tutto deve essere lasciato indietro.
“Il
Capitale si è fatto carne e ora vive tra noi, ma non come un dio incarnato:
come spettro riflettente, che ci rimanda solo ciò che serve a perpetuare
la nostra servitù.”
La
ZIA si presenta come processo di decomposizione. Non riforma, non
rivoluzione, ma diserzione ontologica.
Rifiuto del linguaggio del nemico.
Silenzio come arma.
Esodo come atto poetico.
Nel
rituale quotidiano del Capitale, ogni gesto è previsto. Ogni reazione è
contenuta. Ogni urlo è pre-registrato.
La ZIA spegne i microfoni. Brucia le scenografie. Cancella il copione.
In
questo capitolo, la ZIA si fa invito a morire al mondo. Non con la morte
biologica, ma con l’estinzione dell’umano come forma imposta.
Essere-nulla.
Essere-altrove.
Essere-senza.
Essere-impossibile.
Bisogna
abbandonare questo mondo.
Non
per un altrove celeste o per un rifugio nostalgico, ma per una zona
inabitabile, che rifiuta la funzione dello specchio.
Una zona in cui l’ego si disgrega come merce scaduta, e l’io viene
rigenerato come glitch, errore, creatura-macchia.
Non
si combatte più. Si svanisce.
La
ZIA è la tecnica del dissolvimento, l’arte di morire al codice, l’ascesi
dei sabotatori dell’essere.
Nel
404 della realtà, non c’è fallimento, ma liberazione.
Il Capitale non cadrà: sarà dimenticato.
Appendice
visuale (glitch finale)
[ 0 1 0 1 ] [ ∞ ∞ ∞
]
[ / / / / ] [ ~ ~ ~
]
[ “La realtà è uno specchio rotto – esci dalla cornice.”
]
[ ZIA = Zona di Abbandono Totale ]
Simonetti
Walter
Il Capro che Ride, il Glitch che Abbandona.
Ne resterà solo il Vuoto.
iNtroduzione– ZIA: Zone Irreali di Autonomia
né centro sociale né centro commerciale
(Ontologia debole della fuga: pensiero che si
sottrae, luoghi che non esistono)
⸻
1. La ZIA è già accaduta
Non cercarla.
Non organizzarla.
Non geolocalizzarla.
La ZIA si è già dissolta mentre la nominavi.
“L’essere non è fondamento ma evento.”
— Vattimo, Della realtà
La ZIA è una zona debole,
una crepa nel tessuto del mondo,
un sogno condiviso da chi ha smesso di
appartenere.
⸻
2. Né centro sociale né centro commerciale
I centri sociali vogliono ancora “comunità”.
I centri commerciali vendono l’illusione
dell’aggregazione.
La ZIA è una disaggregazione consapevole.
Una sconnessione senza rancore.
Una fuga che non cerca rifugio.
“Ogni costruzione è già cattura. Ogni spazio
condiviso è un inizio di sorveglianza.”
— da Luogo Comune
⸻
3. Debole è bello (quando il pensiero si ritrae)
La ZIA non è un progetto.
Non è un programma.
Non è un movimento.
È il pensiero che si ritira –
non per paura,
ma per sabotare ogni pretesa di totalità.
Vattimo scrive:
“Il pensiero debole è ciò che salva il mondo dal
dogmatismo della realtà.”
La ZIA è una debolezza attiva,
una forza della sottrazione.
⸻
4. Cartografia dell’Impossibile
Esempi di ZIA:
• Un archivio che non conserva nulla
• Un giardino senza padroni né utopia
• Una riunione a cui nessuno partecipa
• Un libro che si legge solo se dimenticato
• Una stanza dove ogni segno è stato cancellato
a mano
“Esistere è già compromesso. Irrealizzarsi è un
atto di libertà.”
⸻
5. Politica dell’Effimero
Non più decisione.
Non più identità.
Non più lotta.
La ZIA non combatte il potere,
lo ignora fino a renderlo superfluo.
È una forma di dissoluzione ambientale.
“Quando la realtà diventa totalitaria, l’irreale
è l’unico rifugio.”
— Vattimo filtrato da Bey
⸻
6. Diserzione metafisica
La ZIA è l’erede delle TAZ, ma non le fonda, non
le gestisce, non le rivendica.
È un’interruzione fragile ma persistente nel
continuum capitalistico.
Un colpo di tosse ontologico.
Una parola detta male che apre lo spazio del
possibile.
⸻
7. Regole per Restare Fuori
1. Non organizzare la tua ZIA.
2. Non parlarne troppo.
3. Non tentare di invitarci nessuno.
4. Accetta l’impermanenza come dottrina.
5. Resta in sogno. Resta in errore. Resta senza
mappa.
⸻
Epilogo – Essere Irreali per Cambiare Tutto
“L’essere come realtà oggettiva è finito. Resta
l’essere come evento fragile, sparizione continua, risonanza senza origine.”
— Vattimo, remixato da un glitch
La ZIA non è l’alternativa.
È l’errore continuo che rende insostenibile la
normalità.
Non cercarla.
Sei già dentro.
Libro ZIA Comune
Cut-Up
INDICE GENERALE — LIBRO COMUNE CUT-UP
- Prefazione Ermafrodita
Dissoluzione del concetto di autore. L’epoca della citazione drogata. - The Process
Rituali, psicosi, contaminazioni teologiche post-industriali. - Estinzione
L’umanità come errore di sistema. Esodi cosmici e decomposizioni nichiliste. - Brigate Rozze
Frammenti insurrezionali per un sabotaggio senza ideologia. - Samurai
Codici di comportamento per l’ultimo individuo. Onore, diserzione, scomparsa. - Olocausto della Mente
Psichiatria, controllo, spettacolo e oblio: la mente come campo di sterminio. - Appendice: Evangelio del Disordine
Apocrifi filosofici. Testi impossibili. Rivelazioni non autorizzate. - Dissociazione dell’Intelletto Comune
Romanzo filosofico a frammenti – Vattimo, Deleuze, Caraco, Virno, Hartmann.
La realtà come errore. La filosofia come sabotaggio. La comunità come assenza.
Capitolo
I – Prefazione Ermafrodita
Dissoluzione
del concetto di autore. L’epoca della citazione drogata
“Non vi è più alcun soggetto, ma solo soglie mobili, voci incrociate,
ritagli di realtà contaminata. Ogni firma è un crimine: ogni libro, una fuga.”
L’autore è morto e il lettore è diventato curatore di rovine.
Il concetto di verità ha lasciato il posto alla molteplicità. La molteplicità
si è sciolta nella derealizzazione. Il senso non è più costruito, ma decodificato.
Ogni testo è un collage tossico, una cicatrice dell’intelletto comune.
1. Il Nome Proprio è un Codice di Accesso
L’autore non è altro che una matrice di ripetizione. Non c’è nulla di autentico
nel dire “io scrivo”. L’“io” è già frammentato, e il “scrivo” è un plagio
inconsapevole. Solo ciò che è stato sottratto ha valore. Solo il furto è
originario.
“La firma è un virus. La proprietà intellettuale è l’ultima menzogna della
metafisica.”
2. Cut-up come Ontologia
Burroughs non è un metodo. È una condizione dell’essere. Pensare è tagliare.
Scrivere è disassemblare. Leggere è abitare le fenditure.
Citazioni estratte come denti. Pensieri incrociati come flussi di coscienza
traumatizzati.
Questo libro non è composto. È composto da ciò che non si compone.
3. Il Lettore come Agente del Disordine
Chi legge questo è già complice. Il senso non viene ricevuto, ma sporcato. Il
significato non è un’eredità, ma un virus che muta da lettore a lettore.
Ogni pagina è un attentato alla linearità.
4. L’Ermafrodita come Autore Collettivo
Non c’è genere. Non c’è origine. Solo zone grigie, sovrapposizioni, tagli.
L’ermafrodita scrive con mille mani, ride con mille bocche, bestemmia in mille
alfabeti.
Non cerca consenso. Non cerca stile. È un contenitore rotto, un dispositivo
caotico.
“Dite che non capite. È il segno che funziona.”
“Se cercate coerenza, chiudete questo libro e tornate ai manuali di morale.”
Capitolo
II – The Process
Rituali, psicosi,
contaminazioni teologiche post-industriali
“Dio è stato digitalizzato, ma continua a chiedere sangue.”
— dal Vangelo Apocrifo di Burroughs e Bey
1. L’Avvento della Religione Senza Promessa
Dopo la fine delle grandi narrazioni, resta il culto.
La liturgia si è trasferita nei protocolli.
L’adorazione è diventata una user experience.
Il Process Church non è morto: si è fatto interfaccia.
“Chi prega oggi, lo fa cliccando. Chi bestemmia, lo fa leggendo filosofia.”
Ogni comunità è una setta senza dogmi.
Ogni app è un sacramento.
2. Psicosi del Rito Quotidiano
I riti non sono più sacri: sono ottimizzati.
· Accendere il dispositivo → Preghiera di connessione
· Scroll compulsivo → Litania del vuoto
· Feed algoritmico → Visione profetica segmentata
· Logout coatto → Espulsione dal paradiso
“La psicosi è il tentativo del corpo di sabotare il rito del sistema.”
3. Teologie del Codice
La nuova trinità:
· Dio-Padre: Mainframe remoto, inaccessibile
· Figlio: Avatar operativo, brandizzato
· Spirito Santo: Cloud imperscrutabile, presente ovunque
Ogni bug è un miracolo.
Ogni errore è un messaggio cifrato.
“I nuovi profeti sono tecnici helpdesk.”
— Bey sotto acido, glitchato in remoto
4. Iconoclastia Digitale
La nuova eresia è spegnere lo schermo.
L’iconoclastia non distrugge più statue.
Distrugge interfacce.
Brucia sinapsi collettive.
Spegne l’immagine per rivelare il rumore sottostante.
5. Contaminazioni Post-Industriali
· Le fabbriche sono diventate templi della ripetizione semiotica
· Il lavoro è una liturgia priva di estasi
· La cura è delegata agli aggiornamenti
· L’angelo custode è ora un algoritmo predittivo
“Il Process continua. Solo che non ha più bisogno di noi.”
6. Contro-Riti: 5 pratiche per sabotare il culto
1. Cammina in cerchio con il telefono spento.
2. Rispondi a ogni email con un versetto incomprensibile.
3. Ripeti “nulla è reale” mentre osservi la dashboard del CRM.
4. Battezza i file con nomi eretici.
5. Confessa i tuoi bug a una stampante spenta.
Epilogo – Teologia del Crash
Quando il sistema crolla, si manifesta il vero Dio:
l’Errore.
“In principio era l’Interruzione. E l’interruzione era presso Dio. E l’interruzione era Dio.”
The Process è ancora attivo.
Solo che ora ci attraversa.
Ogni giorno.
Senza che ce ne accorgiamo.
Capitolo II – Il Realismo Interrotto
(Ontologie senza fondamento, società senza realtà, filosofia come
sabotaggio)
“La realtà non è più una base, ma un effetto collaterale.”
La
realtà è diventata una notifica.
Ogni evento è un’eccezione permanente.
Ogni fatto è una funzione variabile del linguaggio.
Il
pensiero non rappresenta più il mondo.
Lo disattiva.
Lo morde.
Lo dissolve nella sua stessa superficie.
“Dove la realtà si dà, si è già data in ritardo.”
1. Filosofia come Interferenza
Pensare è sabotare il senso comune.
Vattimo
parla di ontologia debole: una realtà che non si impone, ma si propaga
come virus.
Deleuze insiste: non c’è fondamento, ma solo piani d’immanenza, flussi,
intensità.
Hartmann urla dal fondo dell’abisso: tutto è dolore mascherato da coerenza.
E
Virno aggiunge:
"La crisi non è l’eccezione, è la regola della produzione contemporanea.”
Il
filosofo non cerca il reale.
Il filosofo rompe i dispositivi che lo producono.
2. Il Ritorno dell’Evento Fragile
Ogni
evento è un miraggio.
Ogni accadere è un dispositivo di legittimazione.
Il reale è ciò che sopravvive alla trasmissione.
Il
bombardamento del linguaggio, la guerra simbolica, i reality ontologici:
non più ciò che è, ma ciò che viene distribuito.
Citazione errata da Vattimo:
“Essere è trasmettersi. E il segnale è già distorto.”
3. Lavoro e Disintegrazione dell’Immaginazione
La
società del lavoro ha colonizzato la mente.
Non produciamo oggetti, ma prestazioni di attenzione.
Ogni lavoratore è un provider esistenziale.
“General
Intellect” non significa sapere collettivo:
significa intelligenza sottomessa.
Una mente collettiva sfruttata.
Una rete pensante in outsourcing.
Il
sapere non libera.
Il sapere lavora.
4. Politica dell’Estinzione Attiva
La
politica oggi è gestione del panico.
Ogni movimento è già previsto, ogni slogan già venduto.
Non
si tratta di cambiare il mondo.
Si tratta di rifiutare la sua simulazione.
Virno tagliato:
“La diserzione è oggi il solo atto politico autentico.”
5. Nulla da Rappresentare
Non
vi è più realtà da rappresentare.
Solo soglie da attraversare.
La realtà è la crisi della realtà.
Dunque:
non si pensa più per comprendere, ma per dissolvere.
non si parla più per comunicare, ma per sabotare.
Post-Scriptum
“La
realtà è una funzione d’uso del potere.”
“Il filosofo non descrive il mondo: gli sottrae significato.”
Capitolo III – Estinzione
L’umanità
come errore di sistema. Esodi cosmici e decomposizioni nichiliste
“La specie non si salva. Si dissolve. Senza rumore, senza colpa, senza
testimoni.”
— Albert Caraco, sezionato da una supernova
1. L’Antropocene come Allucinazione Terminale
L’epoca umana non è geologica:
è una psicosi energetica.
Una fioritura temporanea di calore e rifiuto.
Un picco statistico nella carne del pianeta.
“Il mondo non finirà. Solo l’uomo sarà dimenticato.”
Ogni tecnologia è un sintomo.
Ogni progresso, un’agonia mascherata da utilità.
2. L’Umano come Bug Ontologico
L’uomo non è la misura.
È l’eccesso.
Il rumore.
Il guasto.
Creatura fallita del mito,
errore residuo nella traiettoria dell’essere,
abbandonata in debug dalla Volontà cieca di Hartmann.
“L’estinzione non è una tragedia. È manutenzione cosmica.”
3. Protocolli di Uscita
Non si resiste.
Non si combatte.
Si scompare.
Esodi possibili:
· Dissoluzione silenziosa nei dati
· Umore cosmico dell’inorganico
· Simulazioni abbandonate in server dismessi
· Fuga nella materia grigia dell’oblio
“Meglio un elettrone in pace che un uomo in guerra.”
4. Teologia della Scomparsa
Dio non salva.
Non giudica.
Dio resetta.
L’estinzione è il vero Giudizio Universale, ma senza tribunale.
Una grazia imposta.
Una quiete riavviata.
“Chi sopravvive a tutto non è salvo, è dimenticato.”
5. Al di là dell’Umanesimo: L’Anti-Specie
· Non soggetto, ma polvere mobile
· Non coscienza, ma disgregazione elaborata
· Non libertà, ma inattualità performativa
Virno:
“La mente collettiva è un miraggio che evapora appena ci si specchia dentro.”
6. Sette Modi di Estinguersi Filosoficamente
1. Non avere più opinioni
2. Lasciare che la memoria si corroda
3. Scrivere solo per non essere trovato
4. Smettere di capire
5. Non correggere
6. Camminare senza direzione semantica
7. Leggere per dimenticare
Epilogo – Elegia per una Specie Senza Futuro
“L’uomo è stato. Ora la realtà può respirare.”
“Estinguersi è un dono che ci si fa da soli, per amore di ciò che non sarà
mai più noi.”
La prossima forma della coscienza sarà muta.
O sarà inorganica.
O sarà interrotta per sempre.
.
Capitolo 4 – Brigate Rozze
Il sangue non è simbolo. È infrastruttura.
Brigate Rozze: comunismo della carne viva,
abortito nel ventre del Capitale.
Non proletari, ma scarti. Surplus umano, forza-lavoro
mai richiesta.
Niente coscienza, solo spettri. Niente
partito, solo gang.
Dalla fabbrica al rogo.
Parlano con slogan in decomposizione.
“Redenzione è morte per overdose di surplus
semiotico.”
Ogni parola è un colpo di machete:
linguaggio senza comunità, moltitudine senza
soggetto.
Il Partito li ha dimenticati. Loro uccidono.
Odiano i padri, ma vestono il loro crimine.
Zingari, punk, impiegati, maestri d’arte
concettuale.
Nessun futuro?
Il futuro è già abortito:
stracci ideologici, marxismo tossico da rave.
La memoria è un meme.
La morte, uno show.
Si vota.
Chi muore? Il diverso, il difettivo, l’ebreo
simbolico,
l’unico ancora vivo nel deserto delle
moltitudini.
Non c’è più capitale fisso, solo capitale
sadico.
Uccidono a nome della collettività che non
c’è.
Brigate Rozze:
residuo patologico di una rivoluzione mai
nata.
Né avanguardia né massa:
sovrastruttura impazzita,
mutazione morale post-democratica.
Il capo è un Frankista.
Il feticcio del Potere vive nei suoi occhiali
da sole.
La carità è traffico d’organi.
I like sulla strage.
Antropologia dell’impunità.
La moltitudine non è santa.
È folle.
È paranoica.
È interconnessa nel disprezzo.
È carne che urla sotto le luci al LED.
Non combattono lo Stato.
Sono lo Stato che ha smesso di fingere.
Non credono in Dio.
Lo imitano malamente.
L’assemblea è un rituale di linciaggio.
Soviet del risentimento,
consigli popolari della psicosi condivisa.
Brigate Rozze:
non un partito, ma un algoritmo.
Non cellule, ma virus.
Non rivolta, ma riflesso.
Non morte, ma crash ontologico.
Nel buio della cooperativa Morphina,
si ride, si danza, si vota l’esecuzione.
Un click.
Una fucilata.
Un selfie con il corpo.
Non li salverà la galera.
Non ci sarà processo.
La storia li ha già annientati.
Sono il resto organico del tempo morto.
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