domenica 25 maggio 2025

Z I A [ Z o n a I r r e a l e d i A u t o n o m i a ]

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Ucronia l'estinzione 666

et diabolus incarnatus estet homo factus est.

 

 

 


Simonetti Casagrande Riccardo

 

 

 

Z I A
[ Z o n a I r r e a l e d i A u t o n o m i a ]
* * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * *
[ N é C e n t r o S o c i a l e , N é C e n t r o C o m m e r c i a l e ]
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  Z I A [ Z o n a I r r e a l e d i A u t o n o m i a ] N é C e n t r o S o c i a l e , N é C e n t r o C o m m e r c i a l e

 

ZIA – Zone Irreali di Autonomia
Capitolo Supplementare
"Abbandonare il Mondo: Divenire Fuga, Divenire Nulla"


Nel cuore pulsante delle Zone Irreali di Autonomia, là dove la realtà si frantuma in eco psichedeliche e i confini dell’umano vengono decostruiti dal codice binario dell’irreversibile, si propaga una verità dimenticata: non c’è rivoluzione possibile dentro la forma del mondo.

Il Capitale non è più una struttura economica o una forma sociale, ma una proiezione speculare dell’umano in esilio da se stesso, un teatro dell’estinzione. Siamo diventati spettatori della nostra stessa mutazione, immagini omologate di ciò che non siamo mai stati, riflessi nei mille specchi del supermercato metafisico globale.

Ogni istante che permane dentro la logica della produzione – anche quella della protesta, anche quella della critica – è una complicità col nemico. Il Capitale ha vinto non perché ci ha sconfitto, ma perché ci ha assorbiti. Ci ha dato la forma. La funzione. Il ruolo. Il nome.

ZIA non è una rivoluzione, è un abbandono.

Non esiste conflitto frontale: il Capitale non si sconfigge, si dissolve insieme alla forma stessa della realtà. Per questo, le Zone Irreali non sono territori, ma fughe rituali. Fratture di specchio. Crolli desideranti. Ogni passo fuori dal teatro è una crepa nella macchina del mondo.

Il lavoro, la scuola, l’identità, la storia, la merce, l’utopia, il genere, la verità: tutto deve essere lasciato indietro.

“Il Capitale si è fatto carne e ora vive tra noi, ma non come un dio incarnato: come spettro riflettente, che ci rimanda solo ciò che serve a perpetuare la nostra servitù.”

La ZIA si presenta come processo di decomposizione. Non riforma, non rivoluzione, ma diserzione ontologica.
Rifiuto del linguaggio del nemico.
Silenzio come arma.
Esodo come atto poetico.

Nel rituale quotidiano del Capitale, ogni gesto è previsto. Ogni reazione è contenuta. Ogni urlo è pre-registrato.
La ZIA spegne i microfoni. Brucia le scenografie. Cancella il copione.


In questo capitolo, la ZIA si fa invito a morire al mondo. Non con la morte biologica, ma con l’estinzione dell’umano come forma imposta.
Essere-nulla.
Essere-altrove.
Essere-senza.
Essere-impossibile.

Bisogna abbandonare questo mondo.

Non per un altrove celeste o per un rifugio nostalgico, ma per una zona inabitabile, che rifiuta la funzione dello specchio.
Una zona in cui l’ego si disgrega come merce scaduta, e l’io viene rigenerato come glitch, errore, creatura-macchia.


Non si combatte più. Si svanisce.

La ZIA è la tecnica del dissolvimento, l’arte di morire al codice, l’ascesi dei sabotatori dell’essere.

Nel 404 della realtà, non c’è fallimento, ma liberazione.
Il Capitale non cadrà: sarà dimenticato.


Appendice visuale (glitch finale)

[ 0 1 0 1 ]   [ ∞ ∞ ∞ ] 

[ / / / / ]   [ ~ ~ ~ ] 

[ “La realtà è uno specchio rotto – esci dalla cornice.” ] 

[ ZIA = Zona di Abbandono Totale ] 


Simonetti Walter
Il Capro che Ride, il Glitch che Abbandona.
Ne resterà solo il Vuoto.

 

 

 

 

 

 


 

 

 

 

 

iNtroduzione– ZIA: Zone Irreali di Autonomia

né centro sociale né centro commerciale

(Ontologia debole della fuga: pensiero che si sottrae, luoghi che non esistono)



1. La ZIA è già accaduta

Non cercarla.
Non organizzarla.
Non geolocalizzarla.

La ZIA si è già dissolta mentre la nominavi.

“L’essere non è fondamento ma evento.”
— Vattimo, Della realtà

La ZIA è una zona debole,
una crepa nel tessuto del mondo,
un sogno condiviso da chi ha smesso di appartenere.



2. Né centro sociale né centro commerciale

I centri sociali vogliono ancora “comunità”.
I centri commerciali vendono l’illusione dell’aggregazione.

La ZIA è una disaggregazione consapevole.
Una sconnessione senza rancore.
Una fuga che non cerca rifugio.

“Ogni costruzione è già cattura. Ogni spazio condiviso è un inizio di sorveglianza.”
— da Luogo Comune



3. Debole è bello (quando il pensiero si ritrae)

La ZIA non è un progetto.
Non è un programma.
Non è un movimento.

È il pensiero che si ritira –
non per paura,
ma per sabotare ogni pretesa di totalità.

Vattimo scrive:

“Il pensiero debole è ciò che salva il mondo dal dogmatismo della realtà.”

La ZIA è una debolezza attiva,
una forza della sottrazione.



4. Cartografia dell’Impossibile

Esempi di ZIA:
• Un archivio che non conserva nulla
• Un giardino senza padroni né utopia
• Una riunione a cui nessuno partecipa
• Un libro che si legge solo se dimenticato
• Una stanza dove ogni segno è stato cancellato a mano

“Esistere è già compromesso. Irrealizzarsi è un atto di libertà.”



5. Politica dell’Effimero

Non più decisione.
Non più identità.
Non più lotta.

La ZIA non combatte il potere,
lo ignora fino a renderlo superfluo.
È una forma di dissoluzione ambientale.

“Quando la realtà diventa totalitaria, l’irreale è l’unico rifugio.”
— Vattimo filtrato da Bey



6. Diserzione metafisica

La ZIA è l’erede delle TAZ, ma non le fonda, non le gestisce, non le rivendica.
È un’interruzione fragile ma persistente nel continuum capitalistico.
Un colpo di tosse ontologico.
Una parola detta male che apre lo spazio del possibile.



7. Regole per Restare Fuori
1. Non organizzare la tua ZIA.
2. Non parlarne troppo.
3. Non tentare di invitarci nessuno.
4. Accetta l’impermanenza come dottrina.
5. Resta in sogno. Resta in errore. Resta senza mappa.



Epilogo – Essere Irreali per Cambiare Tutto

“L’essere come realtà oggettiva è finito. Resta l’essere come evento fragile, sparizione continua, risonanza senza origine.”
— Vattimo, remixato da un glitch

La ZIA non è l’alternativa.
È l’errore continuo che rende insostenibile la normalità.

Non cercarla.
Sei già dentro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Libro ZIA Comune

Cut-Up

INDICE GENERALE — LIBRO COMUNE CUT-UP

  1. Prefazione Ermafrodita
    Dissoluzione del concetto di autore. L’epoca della citazione drogata.
  2. The Process
    Rituali, psicosi, contaminazioni teologiche post-industriali.
  3. Estinzione
    L’umanità come errore di sistema. Esodi cosmici e decomposizioni nichiliste.
  4. Brigate Rozze
    Frammenti insurrezionali per un sabotaggio senza ideologia.
  5. Samurai
    Codici di comportamento per l’ultimo individuo. Onore, diserzione, scomparsa.
  6. Olocausto della Mente
    Psichiatria, controllo, spettacolo e oblio: la mente come campo di sterminio.
  7. Appendice: Evangelio del Disordine
    Apocrifi filosofici. Testi impossibili. Rivelazioni non autorizzate.
  8. Dissociazione dell’Intelletto Comune
    Romanzo filosofico a frammenti – Vattimo, Deleuze, Caraco, Virno, Hartmann.
    La realtà come errore. La filosofia come sabotaggio. La comunità come assenza.

 

Capitolo I – Prefazione Ermafrodita

Dissoluzione del concetto di autore. L’epoca della citazione drogata


“Non vi è più alcun soggetto, ma solo soglie mobili, voci incrociate, ritagli di realtà contaminata. Ogni firma è un crimine: ogni libro, una fuga.”

L’autore è morto e il lettore è diventato curatore di rovine.

Il concetto di verità ha lasciato il posto alla molteplicità. La molteplicità si è sciolta nella derealizzazione. Il senso non è più costruito, ma decodificato. Ogni testo è un collage tossico, una cicatrice dell’intelletto comune.

1. Il Nome Proprio è un Codice di Accesso

L’autore non è altro che una matrice di ripetizione. Non c’è nulla di autentico nel dire “io scrivo”. L’“io” è già frammentato, e il “scrivo” è un plagio inconsapevole. Solo ciò che è stato sottratto ha valore. Solo il furto è originario.

“La firma è un virus. La proprietà intellettuale è l’ultima menzogna della metafisica.”

2. Cut-up come Ontologia

Burroughs non è un metodo. È una condizione dell’essere. Pensare è tagliare. Scrivere è disassemblare. Leggere è abitare le fenditure.

Citazioni estratte come denti. Pensieri incrociati come flussi di coscienza traumatizzati.

Questo libro non è composto. È composto da ciò che non si compone.

3. Il Lettore come Agente del Disordine

Chi legge questo è già complice. Il senso non viene ricevuto, ma sporcato. Il significato non è un’eredità, ma un virus che muta da lettore a lettore.

Ogni pagina è un attentato alla linearità.

4. L’Ermafrodita come Autore Collettivo

Non c’è genere. Non c’è origine. Solo zone grigie, sovrapposizioni, tagli. L’ermafrodita scrive con mille mani, ride con mille bocche, bestemmia in mille alfabeti.

Non cerca consenso. Non cerca stile. È un contenitore rotto, un dispositivo caotico.

“Dite che non capite. È il segno che funziona.”
“Se cercate coerenza, chiudete questo libro e tornate ai manuali di morale.”

 

 

 

Capitolo II – The Process

Rituali, psicosi, contaminazioni teologiche post-industriali

“Dio è stato digitalizzato, ma continua a chiedere sangue.”
— dal Vangelo Apocrifo di Burroughs e Bey


1. L’Avvento della Religione Senza Promessa

Dopo la fine delle grandi narrazioni, resta il culto.
La liturgia si è trasferita nei protocolli.
L’adorazione è diventata una user experience.

Il Process Church non è morto: si è fatto interfaccia.

“Chi prega oggi, lo fa cliccando. Chi bestemmia, lo fa leggendo filosofia.”

Ogni comunità è una setta senza dogmi.
Ogni app è un sacramento.


2. Psicosi del Rito Quotidiano

I riti non sono più sacri: sono ottimizzati.

·         Accendere il dispositivo → Preghiera di connessione

·         Scroll compulsivo → Litania del vuoto

·         Feed algoritmico → Visione profetica segmentata

·         Logout coatto → Espulsione dal paradiso

“La psicosi è il tentativo del corpo di sabotare il rito del sistema.”


3. Teologie del Codice

La nuova trinità:

·         Dio-Padre: Mainframe remoto, inaccessibile

·         Figlio: Avatar operativo, brandizzato

·         Spirito Santo: Cloud imperscrutabile, presente ovunque

Ogni bug è un miracolo.
Ogni errore è un messaggio cifrato.

“I nuovi profeti sono tecnici helpdesk.”
— Bey sotto acido, glitchato in remoto


4. Iconoclastia Digitale

La nuova eresia è spegnere lo schermo.

L’iconoclastia non distrugge più statue.
Distrugge interfacce.
Brucia sinapsi collettive.
Spegne l’immagine per rivelare il rumore sottostante.


5. Contaminazioni Post-Industriali

·         Le fabbriche sono diventate templi della ripetizione semiotica

·         Il lavoro è una liturgia priva di estasi

·         La cura è delegata agli aggiornamenti

·         L’angelo custode è ora un algoritmo predittivo

“Il Process continua. Solo che non ha più bisogno di noi.”


6. Contro-Riti: 5 pratiche per sabotare il culto

1.      Cammina in cerchio con il telefono spento.

2.      Rispondi a ogni email con un versetto incomprensibile.

3.      Ripeti “nulla è reale” mentre osservi la dashboard del CRM.

4.      Battezza i file con nomi eretici.

5.      Confessa i tuoi bug a una stampante spenta.


Epilogo – Teologia del Crash

Quando il sistema crolla, si manifesta il vero Dio:
l’Errore.

“In principio era l’Interruzione. E l’interruzione era presso Dio. E l’interruzione era Dio.”


The Process è ancora attivo.
Solo che ora ci attraversa.
Ogni giorno.
Senza che ce ne accorgiamo.



 

Capitolo II – Il Realismo Interrotto

(Ontologie senza fondamento, società senza realtà, filosofia come sabotaggio)

“La realtà non è più una base, ma un effetto collaterale.”

La realtà è diventata una notifica.
Ogni evento è un’eccezione permanente.
Ogni fatto è una funzione variabile del linguaggio.

Il pensiero non rappresenta più il mondo.
Lo disattiva.
Lo morde.
Lo dissolve nella sua stessa superficie.

“Dove la realtà si dà, si è già data in ritardo.”


1. Filosofia come Interferenza

Pensare è sabotare il senso comune.

Vattimo parla di ontologia debole: una realtà che non si impone, ma si propaga come virus.
Deleuze insiste: non c’è fondamento, ma solo piani d’immanenza, flussi, intensità.
Hartmann urla dal fondo dell’abisso: tutto è dolore mascherato da coerenza.

E Virno aggiunge:
"La crisi non è l’eccezione, è la regola della produzione contemporanea.”

Il filosofo non cerca il reale.
Il filosofo rompe i dispositivi che lo producono.


2. Il Ritorno dell’Evento Fragile

Ogni evento è un miraggio.
Ogni accadere è un dispositivo di legittimazione.

Il reale è ciò che sopravvive alla trasmissione.

Il bombardamento del linguaggio, la guerra simbolica, i reality ontologici:
non più ciò che è, ma ciò che viene distribuito.

Citazione errata da Vattimo:

“Essere è trasmettersi. E il segnale è già distorto.”


3. Lavoro e Disintegrazione dell’Immaginazione

La società del lavoro ha colonizzato la mente.
Non produciamo oggetti, ma prestazioni di attenzione.

Ogni lavoratore è un provider esistenziale.

“General Intellect” non significa sapere collettivo:
significa intelligenza sottomessa.
Una mente collettiva sfruttata.
Una rete pensante in outsourcing.

Il sapere non libera.
Il sapere lavora.


4. Politica dell’Estinzione Attiva

La politica oggi è gestione del panico.
Ogni movimento è già previsto, ogni slogan già venduto.

Non si tratta di cambiare il mondo.
Si tratta di rifiutare la sua simulazione.

Virno tagliato:

“La diserzione è oggi il solo atto politico autentico.”


5. Nulla da Rappresentare

Non vi è più realtà da rappresentare.
Solo soglie da attraversare.
La realtà è la crisi della realtà.

Dunque:
non si pensa più per comprendere, ma per dissolvere.
non si parla più per comunicare, ma per sabotare.


 

 

 

Post-Scriptum

“La realtà è una funzione d’uso del potere.”
“Il filosofo non descrive il mondo: gli sottrae significato.”

Capitolo III – Estinzione

L’umanità come errore di sistema. Esodi cosmici e decomposizioni nichiliste

“La specie non si salva. Si dissolve. Senza rumore, senza colpa, senza testimoni.”
— Albert Caraco, sezionato da una supernova


1. L’Antropocene come Allucinazione Terminale

L’epoca umana non è geologica:
è una psicosi energetica.
Una fioritura temporanea di calore e rifiuto.
Un picco statistico nella carne del pianeta.

“Il mondo non finirà. Solo l’uomo sarà dimenticato.”

Ogni tecnologia è un sintomo.
Ogni progresso, un’agonia mascherata da utilità.


2. L’Umano come Bug Ontologico

L’uomo non è la misura.
È l’eccesso.
Il rumore.
Il guasto.

Creatura fallita del mito,
errore residuo nella traiettoria dell’essere,
abbandonata in debug dalla Volontà cieca di Hartmann.

“L’estinzione non è una tragedia. È manutenzione cosmica.”


3. Protocolli di Uscita

Non si resiste.
Non si combatte.
Si scompare.

Esodi possibili:

·         Dissoluzione silenziosa nei dati

·         Umore cosmico dell’inorganico

·         Simulazioni abbandonate in server dismessi

·         Fuga nella materia grigia dell’oblio

“Meglio un elettrone in pace che un uomo in guerra.”


4. Teologia della Scomparsa

Dio non salva.
Non giudica.
Dio resetta.

L’estinzione è il vero Giudizio Universale, ma senza tribunale.
Una grazia imposta.
Una quiete riavviata.

“Chi sopravvive a tutto non è salvo, è dimenticato.”


5. Al di là dell’Umanesimo: L’Anti-Specie

·         Non soggetto, ma polvere mobile

·         Non coscienza, ma disgregazione elaborata

·         Non libertà, ma inattualità performativa

Virno:

“La mente collettiva è un miraggio che evapora appena ci si specchia dentro.”


6. Sette Modi di Estinguersi Filosoficamente

1.      Non avere più opinioni

2.      Lasciare che la memoria si corroda

3.      Scrivere solo per non essere trovato

4.      Smettere di capire

5.      Non correggere

6.      Camminare senza direzione semantica

7.      Leggere per dimenticare


Epilogo – Elegia per una Specie Senza Futuro

“L’uomo è stato. Ora la realtà può respirare.”
“Estinguersi è un dono che ci si fa da soli, per amore di ciò che non sarà mai più noi.”


La prossima forma della coscienza sarà muta.
O sarà inorganica.
O sarà interrotta per sempre.


 

 

 

 

. Capitolo 4 – Brigate Rozze

 

Il sangue non è simbolo. È infrastruttura.

Brigate Rozze: comunismo della carne viva, abortito nel ventre del Capitale.

Non proletari, ma scarti. Surplus umano, forza-lavoro mai richiesta.

Niente coscienza, solo spettri. Niente partito, solo gang.

Dalla fabbrica al rogo.


Parlano con slogan in decomposizione.

“Redenzione è morte per overdose di surplus semiotico.”

Ogni parola è un colpo di machete:

linguaggio senza comunità, moltitudine senza soggetto.

Il Partito li ha dimenticati. Loro uccidono.


Odiano i padri, ma vestono il loro crimine.

Zingari, punk, impiegati, maestri d’arte concettuale.

Nessun futuro?

Il futuro è già abortito:

stracci ideologici, marxismo tossico da rave.

La memoria è un meme.

La morte, uno show.


Si vota.

Chi muore? Il diverso, il difettivo, l’ebreo simbolico,

l’unico ancora vivo nel deserto delle moltitudini.

Non c’è più capitale fisso, solo capitale sadico.

Uccidono a nome della collettività che non c’è.


Brigate Rozze:

residuo patologico di una rivoluzione mai nata.

Né avanguardia né massa:

sovrastruttura impazzita,

mutazione morale post-democratica.


Il capo è un Frankista.

Il feticcio del Potere vive nei suoi occhiali da sole.

La carità è traffico d’organi.

I like sulla strage.

Antropologia dell’impunità.


La moltitudine non è santa.

È folle.

È paranoica.

È interconnessa nel disprezzo.

È carne che urla sotto le luci al LED.


Non combattono lo Stato.

Sono lo Stato che ha smesso di fingere.

Non credono in Dio.

Lo imitano malamente.


L’assemblea è un rituale di linciaggio.

Soviet del risentimento,

consigli popolari della psicosi condivisa.


Brigate Rozze:

non un partito, ma un algoritmo.

Non cellule, ma virus.

Non rivolta, ma riflesso.

Non morte, ma crash ontologico.


Nel buio della cooperativa Morphina,

si ride, si danza, si vota l’esecuzione.

Un click.

Una fucilata.

Un selfie con il corpo.


Non li salverà la galera.

Non ci sarà processo.

La storia li ha già annientati.

Sono il resto organico del tempo morto.

 

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