domenica 25 maggio 2025

Su An(archia) e Schizoanalisi Cut-Up

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Ucronia l'estinzione 666



et diabolus incarnatus est. et homo


factus est.



ROLANDO PEREZ


Su An(archia) e Schizoanalisi


CUT UP


A cura di RICCARDO Il clone (DRONE) più pazzo


del mondo


4



Socialismo Reale Editore



introduzione a ―Le vite del clone più pazzo del mondo‖


Dalla carne al testo, dal testo alla carne: schizoanalisi, cut-

up e il sabotaggio della realtà


―La lettera uccide lo spirito... la vita, in generale, è mobilità

stessa.‖

— Henri Bergson, Evoluzione creatrice


―Il teatro della crudeltà elimina l‘autore a favore della voce,

che grida e parla.‖

— Antonin Artaud


8

An(Archia) Accelerazionista: Non ci sono alternative!

1. L’Insorgenza del Nulla e il Desiderio Macchinico

Il capitalismo tardo si avvolge su se stesso, ripetendo la sua tautologia senza

scampo: produzione per la produzione, velocità senza attrito,

deterritorializzazione che subito si riancora nella riproduzione infinita del

valore. "Non ci sono alternative!" grida il cadavere imbalsamato di Margaret

Thatcher dalla tomba dello stato di polizia finanziaria. Tina No Future: la

morte del futuro è oggi. L‘orizzonte delle possibilità si schiaccia in un

presente senza fine, il tempo implode in una linea di fuga che viene

costantemente riassorbita dal sistema. Eppure, il desiderio persiste.

Macchine desideranti si aggrovigliano nel rifiuto della catena di montaggio

dell‘identità neoliberale.

2. Lo Sciopero della Realtà e la Deriva Situazionista

La realtà è già in sciopero. Il reale non esiste più, sostituito dal suo simulacro.

Baudrillard ride dall‘ipermercato celeste. L‘intelligenza artificiale feticizza il

linguaggio, lo trasforma in una merce, lo vende in pacchetti di informazione

algoritmica. Ma il testo non è corretto, l‘anima persiste. Autonomedia: il flusso


della resistenza rizomatica scorre sotto la superficie levigata dell‘iper-

capitalismo.


3. Schizoanalisi e Rivolta Ontologica

La macchina capitalista funziona soltanto grazie all‘obbedienza del desiderio.

Il fascismo non si impone, si desidera. Reich ci ha già avvertiti: il proletariato

tedesco non ha subito Hitler, lo ha voluto. Edipo è la trappola ultima.

Decostruire l‘Edipo significa liberare il desiderio dalla sua reclusione

domestica, familiare, psichiatrica. Il corpo senza organi è la macchina della

fuga. Nomadismo come condizione esistenziale: "vivere pericolosamente",

direbbe Nietzsche. Il leone, il cammello e il bambino giocano in piazza

Maggiore, mentre la città crolla sotto il peso del capitale semiotico.

4. Il Funerale di Simonetti Walter: Rave e Rivolta

Addio Lugano bella, io sono uno zombie, un morto vivente. Il funerale di

Simonetti Walter si trasforma in un rave, una sospensione temporanea del

tempo lineare del capitale. La folla balla in una catarsi collettiva, il battito

accelera, il tempo si smaterializza. Il vecchio della montagna sussurra: "Tu

non sei morto, sei il riflesso della lotta eterna". Un corpo che si trasforma, che

rifiuta il logos dello stato, che dissolve la forma del soggetto moderno.

5. La Politica del Mostro: Divenire Anarchico


9

Nel tempo della velocità infinita, della smaterializzazione dell‘esperienza, il

mostro emerge come figura politica centrale. Il mostro non ha forma fissa,

muta, eccede, sfugge. Non c‘è più spazio per il soggetto moderno, ma solo

per il divenire. "Voglio una vita spericolata", canta Berlinguer in un sogno di

oppio digitale. La rivoluzione è nomadica, rizomatica, senza volto.

6. Verso una Metafisica del Cyber-Anarchismo

La rete non è liberazione, è il nuovo panottico. Silicon Valley e Mossad

danzano insieme, costruendo l‘architettura dell‘iper-controllo. L‘Intelligenza

Artificiale non è il futuro, è la negazione del futuro. Non ci sono alternative? Il

nostro compito è rovesciare la domanda: creare alternative in tempo reale,

sabotare il codice, inserire errore nella matrice. Non obbedire, non ripetere,

non conformarsi.

L‘an(archia) è il glitch nel sistema, la linea di fuga, il sogno di un mondo che

ancora non esiste. Se non succede nulla, prendete un altro libro, prendete

un‘altra vita, distruggete l‘organo, spezzate la catena. Non ci sono alternative,

perché siamo noi a crearle.


10

L'Anarchista Vangelo: Il Seme dell'Identità è Follia!

1. L'Anarchico come Macchina Desiderante

L'anarchico è un nomade, una macchina desiderante che si concatena con

altre macchine desideranti, ma non rimane dipendente da nessuna macchina

in particolare. Il suo rapporto con gli altri è attivo, mai passivo. Non tratta gli

altri come ricettacoli né si lascia trattare come tale. Le sue concatenazioni

sono sempre binarie, mai definitive. Egli non appartiene mai a una nazione,

un partito o qualsiasi altra alleanza tribale. È sempre in movimento, in fuga

dall'organizzazione rigida del potere.

L'anarchico non ha forma, non ha struttura. Ecco perché si definisce un

corpo senza organi, un'entità che rifiuta l'organizzazione imposta, le

gerarchie consolidate, le territorializzazioni forzate. Nietzsche già aveva

anticipato questo destino: trasformarsi costantemente, rompere i vincoli della

soggettività fissa, essere ruota semovente.

2. La Realtà Derealizzante del Cybercapitalismo

Il Vangelo dell'identità è il seme della follia.

Viviamo nell'era del cybercapitalismo, un sistema derealizzante che trasforma

il mondo in simulacri. La realtà è un'allucinazione di massa, un prodotto delle

logiche di mercato e delle economie digitali. "L'Impero della Cultura non è mai

cessato!". Il capitalismo si autonomizza, diventa struttura metastatica,

un'entità senza volto che si riproduce attraverso i corpi e le menti degli

uomini. There Is No Alternative: il mantra di Margaret Thatcher riecheggia

nelle strade vuote della post-modernità.

L'ultimo uomo guarda Stranger Things e si chiede: ―Sono io nel film o il film è

dentro di me?‖. L'era dell'imitazione totale, in cui il cyberpunk non è più

fantascienza, ma cronaca quotidiana. John Carpenter ci aveva avvertiti: Il

seme della follia è qui, e ha il volto della merce.

3. Disertare: La Fuga come Unico Atto Rivoluzionario

Se il cybercapitalismo è un deserto di segni e codici vuoti, l'unica via di fuga è

disertare. Non combattere il sistema, ma abbandonarlo. "Gli uomini se ne

vanno, gli dei restano? No, disertano." La rivoluzione non sta nella presa del

potere, ma nel sabotaggio dell'esistente, nella creazione di spazi autonomi,

zone temporaneamente autonome (TAZ), macchine desideranti che si

aggregano e si dissolvono.


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Il comunismo non è una struttura, ma un'aporia: il suo abbandono è la sua

unica realizzazione. In questo senso, l'anarchico è un Apolide Metafisico,

un viandante della storia che rifugge ogni identificazione definitiva. Non vi è

futuro, non vi è utopia, solo linee di fuga.

4. Il Cinema come Loop della Follia

Riccardo Casagrande sedeva nel cinema deserto, osservando lo schermo

illuminarsi. Il film raccontava la sua storia: la ricerca di Walter Simonetti, lo

scrittore scomparso nel labirinto della realtà. Ma ogni scena che guardava era

una scena già vissuta. Ogni frase pronunciata dall'attore principale era una

frase che lui stesso aveva detto.

La proiezione finì, il nastro si riavvolse. Il loop della follia continuava. Il

cinema, la città, il mondo intero: un enorme spettacolo senza spettatori, un

palcoscenico in cui tutti recitano ruoli scritti da altri. La realtà era diventata un

film in loop, e nessuno aveva più il telecomando per fermarlo.

5. Conclusione: Distruggere il Padre, Distruggere l'Identità

Brigate Rozze, distruggete il vostro ego, uccidete il Padre! Il Vangelo

dell'identità è il seme della follia! Nessuno nasce, nessuno muore, il tempo si

dissolve nella spirale delle informazioni. "La paranoia non è altro che una

forma di consapevolezza; la consapevolezza non è altro che una forma

d'amore."

Nel cuore oscuro della post-modernità, l'unico atto rivoluzionario è

scomparire.

Exit, pursued by nothing.


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In un universo in cui la realtà è un tessuto sfilacciato di significati, una

sequenza interrotta di codici e riscritture, Le vite del clone più pazzo del

mondo non è un semplice romanzo, né un saggio filosofico, ma un dispositivo

di sabotaggio. È un‘opera che si scompone e si ricompone in flussi narrativi

schizofrenici, contaminando linguaggi e forme espressive con il metodo del

cut-up di Burroughs. Un vortice in cui la carne e il testo si inseguono e si

divorano a vicenda, nella tensione continua tra la parola scritta e l‘urlo, tra il

segno e il gesto, tra la Storia e il Corpo.


Qui il protagonista non è solo Walter Simonetti, il profeta maledetto della

controcultura, né Riccardo Casagrande, il clone impazzito che si dissolve

nella propria molteplicità. Il vero protagonista è il processo stesso della

destrutturazione, della decostruzione di ogni identità fissa, di ogni narrazione

chiusa, di ogni autorità significante. L‘Autore è morto, il Testo è morto, ma

anche la carne, il corpo e il gesto non hanno più un centro di gravità. Siamo

su un campo di battaglia semiotico in cui ogni frase è una mina, ogni parola

una scheggia impazzita, ogni gesto un atto di insurrezione.


Dalla paranoia alla schizoanalisi: macchine desideranti e corpi senza organi


Se Deleuze e Guattari hanno insegnato qualcosa, è che la schizofrenia non è

una malattia, ma un‘arma, una linea di fuga, un atto di resistenza contro le

macchine paranoiche del potere. Simonetti, Casagrande e ogni altro

frammento di coscienza che attraversa queste pagine non sono personaggi,

ma macchine desideranti, ingranaggi fuori controllo che si muovono su un

campo di forze instabile.


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Il Secondo Plateau ci introduce in una guerra tra linguaggi: da un lato, la

tirannia del Testo, la fissazione della parola, la violenza della scrittura come

dispositivo di controllo; dall‘altro, il corpo come superficie di registrazione,

come teatro della crudeltà in cui l‘espressione non è più linguistica, ma

affettiva, impulsiva, a-significante.


Roland Barthes ha detto che la morte dell‘Autore lascia spazio al Lettore, ma

Artaud ha risposto che anche il Lettore deve morire, perché il significato non

è da trovare nel testo, ma nella carne. Qui non c‘è interpretazione, solo

azione. Non c‘è rappresentazione, solo espressione. Non c‘è significato, solo

flusso.


Se Barthes ha trasformato il testo in Dio, Artaud ha bruciato il tempio. In

queste pagine non c‘è un senso definitivo, ma un‘esplosione continua di

segni, un sabotaggio semiotico che cancella ogni gerarchia del significato.

Qui non troverete un messaggio da decifrare, ma solo una molteplicità di

segnali in corto circuito.


Cut-up, glitch, delirio: sabotare la macchina della realtà


―L‘impresa di Artaud era diversa: si concentrava sull‘espressività gestuale del

corpo, in contrasto con la scrittura sul corpo, tanto ammirata dall‘iperletterato

Barthes.‖


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— Secondo Plateau


Se la storia è una macchina paranoica, allora l‘unico modo per evadere è

incepparla, ri-programmare il codice, sabotare il dispositivo narrativo. Il cut-up

di Burroughs diventa qui un metodo di guerriglia: tagliare, ricomporre,

frammentare, ricombinare. Niente è lineare, tutto è esploso.


Il cut-up non è solo un metodo di scrittura, ma una strategia esistenziale:

sovvertire il significato prima che il significato ci sovverta. Le vite del clone più

pazzo del mondo è un mosaico impazzito, un collage che si autodistrugge a

ogni pagina. Non c‘è un inizio e una fine, solo un flusso di coscienza liquido,

un‘allucinazione condivisa, un delirio che diventa linguaggio e poi si dissolve

di nuovo nella carne.


Simonetti non è più Simonetti, Casagrande non è più Casagrande. Sono

entrambi e nessuno. Sono il glitch nella Matrix, il virus che infetta il sistema, il

corto circuito nel discorso del potere. Sono un‘invocazione al caos,

un‘apocalisse semiotica, un teatro della crudeltà in cui ogni parola è un grido

e ogni gesto è una rivoluzione.


Benvenuti nella Zona Grigia


―Sfuggire alla violenza dell‘iscrizione, che uccide lo spirito umano, utilizzando

il corpo selvaggio come superficie di registrazione.‖

— Secondo Plateau


Questo libro non è da leggere, ma da attraversare. Non è un‘opera da

interpretare, ma un‘esperienza da vivere. È un labirinto senza uscita, una

spirale di segni che si annullano a vicenda, un‘invocazione alla schizofrenia

come forma suprema di libertà.


15

Entrate a vostro rischio e pericolo.

Benvenuti nel buco nero del significato.


16


17

Michel Foucault ha definito Anti-Edipo di Deleuze e Guattari ―un libro di

etica, il primo ad essere scritto in Francia da molto tempo... Si potrebbe dire

che Anti-Edipo è un‘introduzione alla vita non fascista‖.

Seconda immagine:

Questo è esattamente il tema di SULL‘ANARCHIA E LA SCHIZOANALISI:

come riconoscere i molti volti del fascismo nella vita quotidiana e come

condurre—per quanto possibile—un‘esistenza anarchica, creativa e non

fascista nel mezzo di un socius capitalista estremamente complesso e

potente.


Questo libro è un primo passo nell‘applicare le teorie schizoanalitiche a

questioni sociali concrete come il femminismo, la famiglia, la follia, il

desiderio, la pubblicità, la sessualità, le sottoculture e la struttura di tutte le

strutture—lo stesso capitalismo.


Rolando Perez scrive: ―Questo non è un libro sulle gioie della masturbazione

linguistica alla Derrida, Barthes, de Man, ecc., ma sulle questioni della vita

quotidiana: come interagiamo con gli altri, come opprimiamo gli altri—

soprattutto, come opprimiamo noi stessi‖.

Se hai bisogno di ulteriori modifiche o chiarimenti, fammelo sapere!


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Le vite del clone più pazzo del mondo


1. La Macchina Desiderante e il Clone Infranto


Walter Simonetti e Riccardo Casagrande non sono due persone. Non sono

due entità distinte. Sono due versioni dello stesso codice genetico, separate

da un glitch ontologico, un errore di sistema. Un errore che ha dato vita a due

macchine desideranti, una nichilista e l‘altra schizoide, due corpi senza organi

persi nel labirinto del capitalismo tardivo.


Il primo, Simonetti, nasce nel caos delle rivolte, nel post-‘77, tra i residui

dell‘Autonomia Operaia e le tossine del punk politico. È il Messia ribelle, il

replicante senza missione, il santo degli assassini e il traditore della

rivoluzione. Il secondo, Casagrande, è la sua eco deformata, il clone

rigenerato, il fallimento della macchina della rigenerazione politica.


Hanno entrambi troppe identità e nessuna. Anarchico, agente della Stasi,

traditore, santo, pazzo, terrorista poetico, vampiro spaziale, femminuccia.

Ogni etichetta è una sovrascrittura, un palinsesto di personalità instabili. Sono

entrambi un ―caso clinico‖ e un‘idea rivoluzionaria, un algoritmo impazzito e

una storia cancellata.


Nel flusso di desiderio che li attraversa, non ci sono bisogni. I bisogni sono un

effetto collaterale del desiderio stesso. La loro carne, le loro menti, i loro nomi

si dissolvono e si ricompongono continuamente, attraversati da flussi di

capitale, flussi di informazione, flussi di memoria.


Ma il Capitale ha un piano per loro. Il Capitale assorbe tutto. La loro ribellione

viene territorializzata, convertita in merce. I loro nomi diventano leggenda e

poi vengono neutralizzati. Ogni tentativo di fuga viene incanalato in un

percorso già previsto.


19

Simonetti diventa il martire. Casagrande diventa il sopravvissuto. Ma chi dei

due è la simulazione dell‘altro?

2. Il Processo di Decodifica


Roma, 2002. Una trasmissione andata in onda alle 3 di notte, ora sotto

segreto di stato. Un uomo sul palco, ubriaco di alcol e Torazina, parla a una

telecamera spenta. È Simonetti? O è Casagrande?


―Io sono mio padre, mio figlio e il mio stesso clone.‖


Le parole si scompongono, si moltiplicano, si ripetono come un loop malato.

La verità non esiste. La verità è un algoritmo di contenimento. Il Capitale non

ha bisogno di verità, ha solo bisogno di funzionare.


Nel 1982, dicono, Walter Simonetti è morto. Ucciso dalle Brigate Rozze e

Nere, dissolto nel nulla, eliminato come un virus informatico dal sistema

operativo della rivoluzione.


Nel 1995, Riccardo Casagrande prende il suo posto. Ma è davvero lui? O è

una copia corrotta?


Le memorie si sovrappongono, le date non combaciano. Fossombrone,

Bologna, Parigi. Chi ha inventato il concetto di ―identità‖ non ha mai parlato

con un clone.

3. La Macchina Delirio e il Corpo Senza Organi


Philip K. Dick scrisse che la realtà è ciò che non scompare quando smetti di

crederci. Ma cosa succede se la realtà stessa è un programma di


20

simulazione? Se il concetto di ―io‖ è solo un protocollo eseguibile da una

macchina biologica?


Simonetti e Casagrande non sono individui. Sono processi. Sono istanze di

una stessa coscienza che si ripete nel tempo, modificandosi leggermente ad

ogni iterazione.


L‘errore più grande della società è credere che il desiderio abbia un oggetto.

Il desiderio non desidera nulla, se non sé stesso. È un processo di

produzione senza fine, un loop senza output.


E così il clone più pazzo del mondo continua a esistere, perché non può

fermarsi. Il suo corpo è una macchina senza organi, un codice che si scrive

da solo.


Ma cosa succede quando la macchina si rompe?

4. La Linea di Fuga e il Tradimento Finale


L‘anarchia è un atto di sabotaggio contro la macchina del Capitale. Ma la

macchina del Capitale sa già come assorbire il sabotaggio e trasformarlo in

carburante.


Nel 2025, il mondo intero è un territorio codificato. Il dissenso è un mercato.

La ribellione è un brand. L‘anarchia è un‘icona da vendere su magliette di

cotone bio-sostenibile.

E il clone più pazzo del mondo?

È ancora qui, a scrivere la sua storia, a riscriversi, a moltiplicarsi.

Forse è morto.

Forse è immortale.


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Forse, come diceva Nietzsche, ―alla radice di ogni nome nella storia ci sono

io‖.

Ma quale ―io‖?


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Le Vite del Clone Più Pazzo del Mondo

Un cut-up per Walter e Riccardo

Frammento 1: Il Corpo Senza Organi


"L'anarchico è un corpo senza organi," diceva Simonetti, mentre il suo clone,

Casagrande, si aggirava per le strade di Bologna, città libera, città di acidi e

di rigenerazione dionisiaca. "Un flusso di desiderio non regolato, non

gerarchizzato." Ma il desiderio, come il capitale, è un flusso che può essere

deviato, codificato, rimesso in riga. Exxon finanzia film di sinistra mentre

opprime il Nicaragua. Il punk è diventato un look da nonna. Tutto viene

inglobato, normalizzato, reso merce. Anche l'anarchia?


Frammento 2: Il Clone Drone


Casagrande, il clone drone, il più pazzo del mondo, si sentiva come un

esperimento, un errore, un pezzo di carne senziente programmato per

obbedire. La sua mente era un manicomio a cielo aperto, una sinfonia di voci

e visioni. Era il prodotto di un ringiovanimento artificiale, un patchwork di

identità rubate. Ma dentro di sé, sentiva ancora il desiderio di ribellione, l'eco

di Simonetti, il suo "padre", il suo "fratello", il suo doppio.


Frammento 3: La Macchina Desiderante


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"L'uomo è mal costruito," scriveva Artaud. "Fatto di bulloni e dadi." Ma anche

di desiderio. Casagrande era una macchina desiderante difettosa, un

ingranaggio inceppato nel meccanismo del controllo. La sua dislessia era un

codice incomprensibile, un linguaggio alieno in un mondo di segni codificati.

Ma la sua diversità era anche la sua forza, la sua capacità di vedere oltre la

superficie, di sentire il пульс profondo della realtà.


Frammento 4: Il Cut-Up della Realtà


Burroughs tagliava e incollava le parole per svelare i significati nascosti. Così

faceva Casagrande con la sua vita, un collage di esperienze, ricordi, identità.

Era un terrorista poetico, una spia doppiogiochista, un agente provocatore.

Ma era anche un essere umano, troppo umano, alla ricerca di un senso in un

mondo che sembrava averlo perso.


Frammento 5: La Rivolta dei Cloni


"Voglio una vita spericolata," cantava Berlinguer, mentre la folla lo seguiva, in

un'onda di rabbia e speranza. Casagrande si unì a loro, il suo cuore batteva

all'unisono con la musica, con la rivolta. Non era più solo un clone, un drone,

una macchina difettosa. Era Riccardo Casagrande, il bambino fatato, il

Changeling, l'erede di Simonetti, il portatore di una nuova anarchia,

un'anarchia che non poteva essere inglobata, normalizzata, resa merce.


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Frammento 6: La Metempsicosi della Materia


"Non credo nel paradiso né all'inferno," diceva Simonetti. "Ma alla

metempsicosi della materia e dello spirito." Casagrande lo sapeva. La sua

vita era una trasformazione continua, una metamorfosi senza fine. Era Walter

e Riccardo, il clone e il drone, l'anarchico e il pazzo. Ma era anche qualcosa

di più, qualcosa di nuovo, qualcosa che sfuggiva a ogni definizione. Era il

futuro, un futuro incerto, un futuro selvaggio, un futuro desiderante.


Frammento 7: L'UFO nella Mente


"Vola vola via dentro un UFO nella mente," cantava Casagrande, mentre il

suo corpo si dissolveva in una miriade di atomi, di desideri, di possibilità. Non

era morto. Era diventato altro. Era diventato tutto. Era diventato il mondo.


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―Le vite del clone più pazzo del mondo‖


Anarchia, Schizoanalisi e il delirio del reale: un cut-up psico-politico tra

Nietzsche, Gapon e il Drone schizofrenico Riccardo Casagrande


―La realtà è quella cosa che, quando smetti di crederci, non scompare.‖

— Philip K. Dick


La storia non è mai stata un flusso lineare, ma una sequenza di sconnessioni,

esplosioni e ri-scritture. In questo romanzo-saggio, le vite di Walter Simonetti,

Pope Gapon e Riccardo Casagrande si dissolvono e si ricompongono in un

collage di deliri paranoici, visioni apocalittiche e politiche schizofreniche,

utilizzando il metodo cut-up di Burroughs per sabotare la coerenza narrativa e

decostruire il senso stesso della biografia. Questo testo è un esperimento di


schizoanalisi post-anarchica che attraversa la filosofia di Nietzsche, il cyber-

delirio di Nick Land e il nichilismo decostruttivo di Derrida, creando una


narrazione che non si lascia incasellare in una forma unica, ma si frammenta

in un vortice di voci dissociative.


Walter Simonetti: terrorista poetico, spia doppiogiochista, agente provocatore

o santo della dissidenza? La sua esistenza si intreccia con la leggenda e la

mistificazione, tra allucinazioni chimiche e complotti che sfuggono alle maglie

della storia ufficiale. Erede della controcultura degli anni  ̳70, dissoluto tra la

paranoia e la rivelazione mistica, si muove tra la rivoluzione e la condanna,

condannato alla resurrezione continua della propria leggenda.


Pope Gapon: un fantasma della storia, il prete rivoluzionario che tradì e fu

tradito, il doppio perfetto di ogni ribelle che si trasforma in carnefice. La sua

traiettoria si riverbera nelle vite di tutti i leader che si sono piegati al potere,

un algoritmo umano che calcola il tradimento come unica costante.


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Riccardo Casagrande, il Clone Drone Schizofrenico: ultimo esperimento della

post-modernità, un essere decostruito e ricostruito, nato da un‘orgia tra il

controllo cibernetico e l‘anarchia genetica. Un‘anima hackerata, un

programma senza codice sorgente, una linea di fuga che si muove tra le

macerie della realtà simulata. È l‘ultimo uomo o il primo cyborg? Un relitto

umano o il profeta di una nuova psicosi collettiva?


Attraverso la lente di Deleuze e Guattari, il desiderio si manifesta come

macchina paranoica, ingranaggio incontrollabile che divora ogni tentativo di

stabilire una coerenza narrativa. Qui la schizofrenia non è malattia, ma

resistenza, un sabotaggio alla programmazione sociale. I protagonisti di

questo testo sono macchine desideranti impazzite, corpi senza organi che

fuggono dalla tirannia dell‘identità.


―Le vite del clone più pazzo del mondo‖ è un‘opera impossibile: un romanzo

saggio, un trattato anarchico, un‘allucinazione metafisica. È la cronaca di un

mondo in cui la storia è una serie di riscritture schizofreniche, dove ogni

identità è un simulacro e ogni verità è un virus in mutazione. Qui non

troverete un senso, ma una deflagrazione: la dissoluzione della realtà come

ultimo atto di insubordinazione.


Benvenuti nel buco nero del significato.


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Le Vite del Clone Più Pazzo del Mondo

Un romanzo-saggio anarchico e schizoanalitico, alla maniera di Philip K.

Dick, Nick Land e Derrida, usando il metodo del cut-up di Burroughs.


1. Il Corpo Senza Organi e il Clone Infranto

Walter Simonetti e Riccardo Casagrande non sono due persone. Non sono

due entità distinte. Sono due versioni dello stesso codice genetico, separate

da un glitch ontologico, un errore di sistema. Un errore che ha dato vita a due

macchine desideranti, una nichilista e l‘altra schizoide, due corpi senza organi

persi nel labirinto del capitalismo tardivo.

Il primo, Simonetti, nasce nel caos delle rivolte, nel post-‘77, tra i residui

dell‘Autonomia Operaia e le tossine del punk politico. È il Messia ribelle, il

replicante senza missione, il santo degli assassini e il traditore della

rivoluzione. Il secondo, Casagrande, è la sua eco deformata, il clone

rigenerato, il fallimento della macchina della rigenerazione politica.

Hanno entrambi troppe identità e nessuna. Anarchico, agente della Stasi,

traditore, santo, pazzo, terrorista poetico, vampiro spaziale, femminuccia.

Ogni etichetta è una sovrascrittura, un palinsesto di personalità instabili. Sono

entrambi un "caso clinico" e un‘idea rivoluzionaria, un algoritmo impazzito e

una storia cancellata.

Nel flusso di desiderio che li attraversa, non ci sono bisogni. I bisogni sono un

effetto collaterale del desiderio stesso. La loro carne, le loro menti, i loro nomi

si dissolvono e si ricompongono continuamente, attraversati da flussi di

capitale, flussi di informazione, flussi di memoria.

Ma il Capitale ha un piano per loro. Il Capitale assorbe tutto. La loro ribellione

viene territorializzata, convertita in merce. I loro nomi diventano leggenda e

poi vengono neutralizzati. Ogni tentativo di fuga viene incanalato in un

percorso già previsto.

Simonetti diventa il martire. Casagrande diventa il sopravvissuto. Ma chi dei

due è la simulazione dell‘altro?


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2. Il Processo di Decodifica

Roma, 2002. Una trasmissione andata in onda alle 3 di notte, ora sotto

segreto di stato. Un uomo sul palco, ubriaco di alcol e Torazina, parla a una

telecamera spenta. È Simonetti? O è Casagrande?

"Io sono mio padre, mio figlio e il mio stesso clone."

Le parole si scompongono, si moltiplicano, si ripetono come un loop malato.

La verità non esiste. La verità è un algoritmo di contenimento. Il Capitale non

ha bisogno di verità, ha solo bisogno di funzionare.

Nel 1982, dicono, Walter Simonetti è morto. Ucciso dalle Brigate Rozze e

Nere, dissolto nel nulla, eliminato come un virus informatico dal sistema

operativo della rivoluzione.

Nel 1995, Riccardo Casagrande prende il suo posto. Ma è davvero lui? O è

una copia corrotta?

Le memorie si sovrappongono, le date non combaciano. Fossombrone,

Bologna, Parigi. Chi ha inventato il concetto di "identità" non ha mai parlato

con un clone.


3. La Macchina Delirio e il Corpo Senza Organi

Philip K. Dick scrisse che la realtà è ciò che non scompare quando smetti di

crederci. Ma cosa succede se la realtà stessa è un programma di

simulazione? Se il concetto di "io" è solo un protocollo eseguibile da una

macchina biologica?

Simonetti e Casagrande non sono individui. Sono processi. Sono istanze di

una stessa coscienza che si ripete nel tempo, modificandosi leggermente ad

ogni iterazione.

L‘errore più grande della società è credere che il desiderio abbia un oggetto.

Il desiderio non desidera nulla, se non sé stesso. È un processo di

produzione senza fine, un loop senza output.

E così il clone più pazzo del mondo continua a esistere, perché non può

fermarsi. Il suo corpo è una macchina senza organi, un codice che si scrive

da solo.

Ma cosa succede quando la macchina si rompe?


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4. La Linea di Fuga e il Tradimento Finale

L‘anarchia è un atto di sabotaggio contro la macchina del Capitale. Ma la

macchina del Capitale sa già come assorbire il sabotaggio e trasformarlo in

carburante.

Nel 2025, il mondo intero è un territorio codificato. Il dissenso è un mercato.

La ribellione è un brand. L‘anarchia è un‘icona da vendere su magliette di

cotone bio-sostenibile.

E il clone più pazzo del mondo?

È ancora qui, a scrivere la sua storia, a riscriversi, a moltiplicarsi.

Forse è morto.

Forse è immortale.

Forse, come diceva Nietzsche, "alla radice di ogni nome nella storia ci sono

io."

Ma quale "io"?


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Simonetti Walter e Riccardo Casagrande: Anarchia Quantistica e

Schizoanalisi Situazionista

I. Introduzione: Il Manifesto della Derealizzazione

Nel cuore pulsante della postmodernità, dove il tempo si frammenta in un

flusso incontrollato di simulacri e realtà virtuali, si staglia la figura di Simonetti

Walter, un‘entità schizoide, una macchina desiderante in perenne mutazione.

Accanto a lui, come riflesso deformato o clone cibernetico, troviamo Riccardo

Casagrande, il Doppelgänger nichilista, il drone umano che si aggira tra le

rovine della significazione. In questa analisi comparativa, incastonata tra la

poetica paranoica di Philip K. Dick, la velocità iperstizionale di Nick Land e la

decostruzione di Derrida, utilizzeremo il metodo del cut-up burroughsiano per

creare un quadro frammentato e caleidoscopico della loro esistenza.

II. Anarchia e Quantum Reality: Oltre il Principio del Bene e del Male

Nietzsche, nell‘atto di annunciare la morte di Dio, poneva le basi per una

forma di anarchia ontologica che non si limita alla sfera politica, ma si insinua

nelle pieghe dell‘identità umana stessa. Simonetti Walter incarna questa

(an)archia, una fuga costante dalle strutture gerarchiche del controllo. La sua

esistenza è una linea di fuga deleuziana, un rizoma che si dipana in una serie

infinita di possibilità quantistiche.

La fisica quantistica ci insegna che la realtà non è fissa, ma una

superposizione di stati fino a quando un osservatore non interviene. Simonetti

Walter vive esattamente in questo stato di sovrapposizione: è l‘individuo e la

sua negazione, il ribelle e il servitore, il paranoico e il lucido. Riccardo

Casagrande, d‘altro canto, rappresenta il collasso della funzione d‘onda in

una realtà predeterminata: egli è il prodotto del controllo biopolitico, il drone

che ha smesso di oscillare tra possibilità e si è cristallizzato in un‘unica forma

reattiva.

III. Schizoanalisi e Mindfuck: Il Progetto MKUltra

Le teorie di Deleuze e Guattari sulla schizoanalisi ci forniscono gli strumenti

per comprendere la mente frammentata di Simonetti Walter. Egli non è un

soggetto nel senso tradizionale, ma un assemblaggio di macchine desideranti

che operano al di fuori delle logiche edipiche e istituzionali. La sua ribellione

non è solo politica, ma epistemologica: un rifiuto radicale delle strutture della

percezione e della categorizzazione.

D‘altro canto, Riccardo Casagrande è il prodotto di un esperimento di

ingegneria sociale. Nel suo cervello è stato impiantato il codice del Mindfuck


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definitivo: una serie di input e output che lo rendono incapace di distinguere

tra realtà e simulazione. La sua paranoia non è più quella di un individuo

ribelle, ma quella di una macchina compromessa, un sistema corrotto che

cerca disperatamente di trovare un senso dove non ce n‘è più.

IV. Cut-Up e Decostruzione: La Morte del Testo, il Trionfo del Corpo

Roland Barthes ci ha insegnato che l‘autore è morto. Artaud ci ha mostrato

che anche il testo deve morire. Simonetti Walter si muove in questo spazio

post-strutturale, dove il significato è costantemente messo in crisi. La sua

scrittura è un virus, un codice autoreplicante che non cerca di rappresentare,

ma di distruggere.

Il cut-up di Burroughs diventa lo strumento perfetto per rappresentare questa

visione del mondo. Non più una narrazione lineare, ma un flusso

schizofrenico di immagini, concetti e frammenti di realtà. Se la semiotica

tradizionale cerca di costruire significati stabili, la strategia di Simonetti Walter

e Riccardo Casagrande è quella di smantellare ogni tentativo di fissazione.

Ogni parola è una trappola, ogni frase un inganno. Il linguaggio stesso

diventa un campo di battaglia.

V. La Resistenza dei Mostri: Il Corpo Senza Organi come Arma Finale

In un mondo dominato dalla logica dell‘informazione, il corpo diventa l‘ultimo

baluardo della resistenza. Deleuze e Guattari parlano del ―corpo senza

organi‖ come di uno spazio di possibilità illimitate, un luogo in cui il desiderio

può fluire senza restrizioni. Simonetti Walter è l‘incarnazione di questo

concetto: il suo corpo è un campo di battaglia tra forze opposte, una

macchina biologica che rifiuta di essere addomesticata.

Riccardo Casagrande, invece, è il corpo organico completamente catturato

dalla rete di controllo. La sua esistenza è la prova del successo della

biopolitica contemporanea: un essere umano trasformato in un dispositivo di

sorveglianza ambulante. Il suo corpo non gli appartiene più, è stato

sequestrato dal sistema.

VI. Conclusione: La Fuga verso il Caosmos

La storia di Simonetti Walter e Riccardo Casagrande non è solo una storia

individuale, ma un‘allegoria della condizione umana nel XXI secolo. Da un

lato, la possibilità di una vita anarchica, schizoanalitica, fluida; dall‘altro, la

trappola del controllo totale, della paranoia istituzionalizzata.


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Il futuro appartiene ai mostri. Ai cyborg mutanti, ai corpi senza organi, agli

anarchici digitali. Il caosmos di Guattari è l‘unica possibilità rimasta per

sfuggire al destino di Casagrande. Simonetti Walter è il profeta di questa

nuova era, un‘era in cui la ribellione non è solo politica, ma ontologica.

Rompi lo schema. Siamo vivi. Resistiamo.


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Anarchia e Schizoanalisi Derealizzante: Il Mondo Parallelo di Simonetti

Walter e Riccardo Casagrande

I. Frammenti dal Vuoto: Fuga e Odissea da Fossombrone

Le ruote del tempo scivolano sulla griglia dell‘essere, ogni istante una

rivoluzione. Simonetti Walter si aggira tra le rovine della mente, Fossombrone

un relitto post-psichiatrico, un‘anomalia temporale dove il concetto stesso di

realtà si sgretola sotto il peso della decostruzione. Il clone drone Riccardo

Casagrande, macchina desiderante nichilista, marcia nella nebbia

neuroelettrica. Sono la stessa entità rifratta in miliardi di specchi.

"Più le cose cambiano, più restano le stesse," sussurra Simonetti Walter,

agganciato a un flusso quantistico di pensieri parassiti.

Brigante Rozzo e Bere: (ridendo istericamente) "C‘è chi ipotizza che tu sia

già morto, Simonetti. E chi giura che tu non morirai mai. Sei la macchina

desiderante che ride del proprio nichilismo!"

Lionel Jospin: "Walter, sai cosa significa essere un glitch? Un errore del

sistema che persiste, iterazione dopo iterazione?"

Simonetti Walter accende una sigaretta che non esiste. La de-realizzazione è

totale.

II. L’Impatto del Virus della Libertà

Il Presidente Silvio Berlusconi si alza in piedi con un sorriso algoritmico.

"Walter, sei stato infettato dal Plutoxin-sette. Sei ora un punto di fuga in un

universo che si ripiega su sé stesso."

Simonetti Walter ride. "Se la libertà è un virus, allora datemi una sovradosa."

Riccardo Casagrande, drone nichilista, si smaterializza per poi ricomporsi in

un‘onda di puro desiderio sintetico.

Il mondo è un codice instabile, una sequenza di numeri che non trova

risoluzione.

III. Anarchia Molecolare: Rivoluzione Senza Volto

Il codice del DNA di Monod, la grammatica universale di Chomsky, la

dialettica marxista, tutto viene spezzato, ridotto a flussi senza centro. "Il

fascismo del linguaggio è il vero nemico," mormora Simonetti Walter mentre

una tempesta di simboli si scaglia contro il vuoto.


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Riccardo Casagrande: "Io sono l‘ultimo uomo e la prima macchina. Sono il

Leviatano e il parassita. Io sono ciò che resta dopo la dissoluzione

dell‘essere."

L‘ultima barricata crolla. Il significante esplode. Il desiderio si fa spazio puro. Il

processo di deterritorializzazione è completo.

IV. Profezia e Dissoluzione

La Negromante appare tra le macerie dell‘ultimo stato. "Ti predico il futuro,"

sussurra.

"Il mio futuro è già stato scritto nei circuiti di un computer difettoso," risponde

Simonetti Walter.

E con questo, il mondo collassa in un taglio di montaggio alla Burroughs.

Fine, o forse mai fine.


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Primo Plateau


―[L]a nostra sentenza non sembra severa. Qualunque

comandamento il prigioniero abbia disobbedito è scritto sul

suo corpo dall‘Aratro. Questo prigioniero, per esempio‖—

l‘ufficiale indicò l‘uomo—―avrà scritto sul suo corpo: ONORA

I TUOI SUPERIORI!‖

Kafka

La colonia penale


Il corpo è il corpo, / esso è solo / e non ha bisogno di organi,

/ il corpo non è mai un organismo / gli organismi sono i

nemici dei corpi, / tutto ciò che si compie accade di per sé

senza l‘aiuto di alcun organo, / ogni organo è un parassita, /

esso si sovrappone con una funzione parassitaria a

un‘esistenza che non dovrebbe esserci... È / io / che sarò /

rifatto / da me stesso / interamente / ...da me stesso che

sono un corpo / e non ho regioni dentro di me.

Antonin Artaud


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Forse può sembrare strano scrivere un saggio che associa Nietzsche all‘anarchia.

Tuttavia, l‘an(archia) che propongo di attribuire a Nietzsche non è l‘anarchia politica contro

cui egli scrisse.

Inoltre, può sembrare strano associare Nietzsche a un movimento in psicologia che è

emerso molti anni dopo la sua morte e che ancora oggi rimane un ―movimento‖ marginale.

Ma penso che vi siano alcune connessioni.

* Innanzitutto, ho deciso di usare il termine ―anti-psichiatria‖ in senso generico per

includere sia il tipo di analisi svolta da figure come Laing e Cooper, sia la ―schizoanalisi‖ di

Deleuze e Guattari. In secondo luogo, ho scritto la parola an(archia) per differenziarla

dall‘anarchia politica tradizionale per stabilire un collegamento tra questi concetti moderni

e Nietzsche, verranno utilizzati i lavori di Laing, Cooper, Deleuze e Guattari.

Per quanto riguarda l‘an(archia), il mio intento è:

1. affrontare l‘argomento attraverso la decostruzione, in particolare secondo Derrida;

2. analizzarlo tramite la ―schizoanalisi‖ di Deleuze e Guattari, per dimostrare cosa intendo

con an(archia) e come questo concetto sia latentemente presente in Nietzsche.

Tuttavia, prima di affrontare il tema dell‘an(archia), dobbiamo esaminare una questione più

primordiale in Nietzsche: il concetto di ―dimenticanza‖ e ―innocenza del divenire‖, senza i

quali l‘an(archia) proposta da Nietzsche non sarebbe affatto possibile.

Subito dopo il prologo di Così parlò Zarathustra, troviamo la sezione ―Delle tre

metamorfosi‖. Qui Nietzsche ci descrive un certo cambiamento necessario per avere un

nuovo inizio. Scrive:

―Delle tre metamorfosi dello spirito vi parlo: come lo spirito diventa cammello, e il cammello

leone, e infine il leone bambino.‖

Un cambiamento deve dunque avvenire: da ciò che è fisicamente grande a ciò che è

fisicamente piccolo, e da ciò che è pienamente sviluppato a ciò che è ancora in crescita.

C‘è però anche un altro senso in cui lo spirito, come il cammello, ha sopportato troppo

peso—fino a quando ―l‘ultima pagliuzza ha spezzato la schiena del cammello‖. A questo

punto, il leone diventa spirito. Vale a dire, è lo spirito che si oppone alla carcassa in

decomposizione del cammello nel deserto, sotto il sole. E mentre il leone è lo spirito del

―no‖, lo spirito della libertà (colui che rinuncia al dovere), è anche troppo vecchio per

essere lo spirito dell‘inizio e della dimenticanza.


―Creare nuovi valori—‖ dice Nietzsche,


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eppure neanche il leone può farlo; la creazione della libertà per sé stessi, di una nuova

creazione, è ancora nel potere del leone. La creazione della libertà per sé stessi e un

sacro ―No‖ persino al dovere—per questo, fratello mio, è necessario il leone.

Così, è il ruggito liberatorio del leone che annuncia la morte della morale reattiva, o quella

che solitamente viene chiamata ―la morale dell‘abitudine‖. E l‘uomo/donna nuovo

sull‘orizzonte è l‘oltre(uomo) (l‘attivo contrapposto al tipo reattivo)—o, per dirlo in altro

modo, lo ―spirito del bambino‖. Ma perché un bambino?

Il bambino è innocenza e dimenticanza, un nuovo inizio, un gioco, una ruota che si muove

da sola, un primo movimento, un sacro ―Sì‖.

E poiché una parte della natura del bambino è il gioco,

il gioco rappresenta un‘attività che non mira a necessità utilitarie pratiche, essendo

indifferente al bene e al male, alla verità e alla falsità.

In sintesi, quindi, il bambino, questa ―ruota che si muove da sola‖, avanza, sempre avanti,

diffondendo i vecchi concetti di opposizioni binarie. E infine, raggiunge una morale ―al di là

del bene e del male‖.

Ecco dunque dove entra in gioco l‘an(archia) di Nietzsche. Così come la différance di

Derrida dissemina le opposizioni binarie gerarchiche, allo stesso modo il ―jenseits‖ (oltre)

di Nietzsche non deve essere interpretato in modo hegeliano, ma più propriamente nel

senso derridiano della différance, cioè in modo disseminante. Nietzsche scrive:

―Abitudine di vedere gli opposti. — L‘imprecisione generale nel modo di osservare fa sì

che ovunque nella natura si vedano opposti (come  ̳caldo e freddo‘) dove invece vi sono

solo differenze o gradi...‖

Vivere nella (/) della différance significa vivere oltre, e proprio questo Nietzsche ci sfida ad

affrontare.

Il punto più pericoloso e inquietante si raggiunge quando ciò che è più grande, più vario e

più comprensivo trascende e vive al di là della vecchia moralità...

Si deve vivere pericolosamente, dice Nietzsche. Si deve essere disposti a camminare

sulla corda sopra l‘abisso (Abgrund) e, facendo ciò, negare lo spirito delle forze reattive

che ci trascinano verso il basso. Per questo, è necessario il coraggio. Perché? Perché

vivere oltre, nella (/), significa non avere una dimora: vivere come un essere umano

indipendente dalla moralità delle opposizioni binarie esclusive, dalle fondazioni e dalle

istituzioni. Tuttavia, questo non significa che il progetto di Nietzsche comporti la

dissoluzione indiscriminata delle opposizioni gerarchiche morali.


Ciò che Nietzsche voleva sopra ogni cosa era:

1. superare le opposizioni morali gerarchiche per disseminarle, in modo che fossero fluide

piuttosto che fisse;


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2. andare oltre l‘iscrizione delle strutture istituzionali gerarchiche per minare il codice

repressivo delle istituzioni.

Nei suoi scritti, Nietzsche fornisce il miglior esempio di come la sua an(archia) sia stata la

prima an(archia) non politica e, naturalmente, la prima vera an(archia) senza struttura

nella storia della filosofia. La famosa morale padrone-schiavo delineata da Nietzsche

rende difficile interpretare l‘an(archia) come un‘ideologia di Destra o di Sinistra—

soprattutto perché Nietzsche valorizza l‘individuo attivo, autonomo (e non

necessariamente ―politico‖).

In Nietzsche, la parola gerarchia ha due significati. Indica, innanzitutto, la differenza tra

forze attive e reattive, la superiorità delle forze attive sulle reattive e la complessa

organizzazione che ne deriva—dove i deboli hanno conquistato, i forti sono stati

contaminati, e lo schiavo che non è mai apparso prevale sul padrone che ha cessato di

essere uno: il regno della legge e della virtù.

Due sensi diversi: vediamo che il secondo è come il rovescio del primo. Facciamo della

Chiesa, della moralità e dello Stato i padroni e i custodi di ogni gerarchia (gerarchia in

corsivo nel testo originale).

Ed è precisamente contro questo secondo senso di gerarchia (hier(archia)) che Nietzsche

si oppone. Si tratta della gerarchia delle istituzioni e delle strutture eco-politiche create da

coloro che non possono né guidare né obbedire a sé stessi: dai deboli e dagli schiavi, da

coloro che necessitano di un‘autorità gerarchica esterna per agire.

Per Nietzsche, quindi, la moralità degli schiavi è la moralità delle macchine paranoiche,

che inscrivono tutte le loro paure nel corpo senza organi e trasformano il corpo con organi

in un corpo di leggi: in nome dell‘―alleanza‖ e della conservazione della comunità.

La legge, la formalizzazione profondamente realistica di alcune condizioni per

l‘autoconservazione di una comunità, proibisce determinate azioni dirette contro la

comunità: ma non proibisce la disposizione che produce tali azioni—perché ha bisogno di

queste per altri fini, in particolare contro i nemici della comunità (corsivo originale di

Nietzsche).

Questa iscrizione o codificazione nel campo sociale è il prodotto della paura reattiva di

―vivere pericolosamente‖, di vivere nella (/) della différance, che richiede un costante

interrogarsi su tutti i valori: finendo, si potrebbe dire, in una sorta di an(archia) etica. Vale a

dire, in una moralità senza struttura, non codificata, non inscritta, o forse più

appropriatamente in una immoralità.

La comunità, d‘altra parte, istituisce la macchina statale dispotica per ―allevare l‘uomo‖.

Oppure, come dice Nietzsche:

―La moralità è una menagerie. Il suo presupposto è che le sbarre di ferro possano essere

più redditizie della libertà, anche per i prigionieri; un altro suo presupposto è che esistano

addestratori di animali che non temono mezzi terribili—che sanno maneggiare il ferro

rovente. Questa spaventosa specie, che prende il comando nella lotta contro l‘animale

selvatico, si chiama  ̳sacerdote‘...‖

E si potrebbe ben aggiungere a questo il termine ―despota‖.


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Tutta la stupidità e l‘arbitrarietà delle leggi, tutto il dolore delle istituzioni, l‘intero perverso

apparato di repressione ed educazione, i ferri roventi e le atroci procedure, hanno un unico

significato: allevare l‘uomo, marchiarlo nella carne, renderlo capace di alleanza.

E quale esempio migliore abbiamo di questo se non Hitler? Dopo tutto, non si marchia o

inscrive (ad esempio, i numeri sul braccio) solo per creare alleanza, ma anche, e forse più

significativamente, per differenziare chi è dentro la comunità da chi è fuori. L‘estraneo è

sempre una minaccia, perché è lui o lei—l‘emarginato—a mettere solitamente in

discussione l‘ordine delle cose. E, come sappiamo, tutto deve essere sempre ―ordinato,

pulito e ben sistemato‖ per una macchina paranoica, specialmente se quella macchina

paranoica è militare, politica o economica.

Nel Caligola di Albert Camus, dopo che Caligola ha ordinato ai poeti di leggere le loro

poesie, si volta verso Cherea e gli sussurra:

―Vedi, l‘organizzazione è necessaria per tutto, anche per l‘arte.‖

Ecco perché la volontà politica di ―ordine‖ è solitamente una volontà di violenza e

oppressione.

Ma è necessaria una parola di avvertimento: l‘an(archia), la disseminazione delle strutture

gerarchiche esterne, non implica un‘ideologia del ―tutto è permesso‖, un fulmine violento

che creerebbe più violenza delle istituzioni stesse—perché, in definitiva, è proprio questo

che l‘an(archia) come progetto cerca di prevenire: il fulmine violento dello Stato, della

Chiesa, delle istituzioni psichiatriche, ecc.

―Là dove finisce lo Stato—guarda laggiù, fratello mio! Lo vedi, l‘arcobaleno e i ponti

dell‘oltreuomo?‖

L‘oltreuomo, o oltre(donna), è colui/colei che non ha più bisogno dello Stato o di qualsiasi

altro ordine. È il proprio creatore di valori e, come tale, il primo vero an(archico). In breve,

rifiuta tutti gli ordini esterni. È il proprio maestro. È il primo a rinunciare alla moralità

tradizionale, che codifica, inscrive e fissa le ―opposizioni‖ nel mondo in una struttura

gerarchica esclusiva, per rendere la vita sicura quando, in realtà, ―il caos è necessario per

bilanciare la tendenza alla stagnazione‖.

Eppure l‘oltre(uomo) non è solo un tipo, ma soprattutto un processo, un flusso, una linea di

fuga, un rizoma (Deleuze/Guattari).

Tuttavia, bisogna fare attenzione al pericolo insito in questo: c‘è sempre la possibilità che il

processo non ostacolato dell‘oltre(uomo), il flusso illimitato, il corpo senza organi, possa

andare in qualsiasi direzione, inclusa quella opposta a quella desiderata. Per questo

motivo, il rilascio an(archico) dei flussi sovracodificati e sovrascritti del desiderio deve

avvenire gradualmente, piuttosto che tutto in una volta.


La vita vissuta nella (/) della différance, nell‘oltre, è una vita estremamente pericolosa, la

cui positività dipende dal modo in cui la si affronta.


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La violenza scatenata dalle gang giovanili e da altri gruppi micro-fascisti (Guattari) oggi nel

mondo è il risultato di flussi di desiderio non strutturati, non codificati, non inscritti—ma

questo non è ciò che intendevano né Nietzsche, né Deleuze, né Guattari, né Laing.

Come sottolineano Deleuze e Guattari in Sul filo:

―C‘è desiderio non appena c‘è... un corpo senza organi. Ma ci sono corpi senza organi

che sono vuoti, gusci induriti perché le loro componenti organiche sono state eliminate

troppo rapidamente e con forza, come in un‘overdose. Ci sono corpi cancerosi o fascisti

senza organi, nei buchi neri o nelle macchine di annientamento.‖

E in La morte della famiglia, Cooper avverte anche contro un‘eliminazione troppo rapida

delle strutture familiari gerarchiche e codificanti. L‘autonomia risultante dal processo che

Cooper chiama Ekonia, Paranoia e Anoia può portare a effetti disastrosi se non viene

raggiunta gradualmente. Scrive:

―C‘è, ovviamente, molto margine di confusione tra queste fasi, e uno degli errori più

disastrosi è il tentativo di passare da ekonia e paranoia a anoia senza il prerequisito di

un‘autonomia autosufficiente.‖

Oppure, come Nietzsche la chiamava, ―autosovranità‖.

Conclusione

Alla fine, è necessaria una nuova psicologia—una psicologia che ci aiuti ad affrontare il

compito di rilasciare gradualmente i nostri flussi sovracodificati di desiderio senza riportarci

in un‘istituzione psichiatrica.

In sintesi, questa psicologia è l‘anti-psichiatria, ovvero ciò che Deleuze e Guattari

chiamano ―schizoanalisi‖.

Ecco la traduzione dettagliata delle pagine in italiano:

L‘anti-psichiatria è la prima psicologia an(archica) e, come tale, è la prima a promuovere il

crollo delle strutture istituzionali gerarchiche e, in particolare, della ―famiglia‖. In questa

direzione, la ―schizoanalisi‖ di Deleuze e Guattari è una critica e un superamento della

struttura edipica freudiana, che determina la vita dell‘individuo rendendolo dipendente

dalla struttura interiorizzata di ―mamma, papà e io‖. Secondo gli autori sopra citati, la

struttura edipica è una delle principali cause della schizofrenia.

Tuttavia, ciò che viene contestato non è la relazione genitore-figlio in sé, ma

l‘edipizzazione di tale relazione.

Non si tratta di negare l‘importanza vitale dei genitori o l‘attaccamento affettivo dei bambini

alle loro madri e ai loro padri. Si tratta piuttosto di comprendere quale sia il posto e la

funzione dei genitori all‘interno della produzione del desiderio, anziché fare il contrario e

forzare l‘intera dinamica delle macchine del desiderio a conformarsi al codice ristretto di

Edipo (rabattre tout le jeu des machines désirantes dans).


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Questa strutturazione e controllo del desiderio è chiaramente ciò contro cui Nietzsche si

oppone, perché, come possiamo ricordare, il bambino è sempre libero, non codificato e

non inscritto. Il bambino è un corpo senza organi e, nella misura in cui ha dei genitori,

questi ultimi non sono coloro che lo crescono, ma coloro che inscrivono sul suo corpo

l‘iscrizione già incisa su di loro dai loro genitori (e dai genitori dei loro genitori, e così via).

Il vero bambino è colui che supera i propri genitori, che va oltre a tal punto da lasciarli

indietro mentre cammina nel deserto come il primo vero nomade: ―la ruota che si muove

da sola‖, che non si guarda indietro.

In Così parlò Zarathustra, Nietzsche scrive:

―Tu creerai un corpo superiore [un corpo senza organi, forse?], un primo movimento, una

ruota che si muove da sola—tu creerai il creatore. Il matrimonio è dunque la volontà di due

di creare colui che è più di chi lo ha creato.‖

* Come il tram chiamato Desiderio, la cui direzione è controllata dai binari sottostanti, la

rigidità della struttura edipica porta al controllo delle macchine del desiderio e dei loro

flussi di desiderio non codificati. Alla fine, ciò che abbiamo è semplicemente un‘altra

schizofrenica Blanche DuBois e un altro dispotico Stanley Kowalski.


** Questa complessa sovracodificazione familiare dei valori è ciò che R.D. Laing chiama i

―nodi‖ che possono eventualmente portare alla schizofrenia.

Il rispetto reciproco, così come per coloro che desiderano con tale volontà, è ciò che io

chiamo matrimonio.

E il prodotto di un tale matrimonio è un bambino che non ha paura di distruggere tutte le

nostre macchine repressive.

―Le luci tremolano come aghi elettrici. Gli atomi impazziscono di luce e calore. Una

conflagrazione avviene dietro il vetro e nulla si consuma.‖ (Miller)

Gli uomini si spezzano la schiena, gli uomini si spaccano il cervello per inventare una

macchina che un bambino possa manipolare. Se solo potessi trovare il bambino ipotetico

che deve far funzionare questa macchina, gli metterei un martello in mano e gli direi:

―Distruggila! Distruggila!‖

E sì, la distruggerà sul serio. Questo bambino è libero... libero dalla colpa! (Non perché fa

esattamente ciò che è stato educato a fare, ma perché non è stato sottoposto al genere di

sovracodificazione corporea e psicologica a cui la maggior parte dei bambini è soggetta).

Nessuno nasce con un senso di colpa. La colpa è il risultato dell‘iscrizione o della

sovracodificazione familiare. Quanto si resta vicini a mamma e papà o quanto se ne devia

determina il grado del senso di colpa di una persona.


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―Se c‘è una perfetta coincidenza tra i valori proiettati o assegnati a un individuo, allora tutto

è nel suo giusto tempo e posto.‖ (Laing)

* La famiglia trasforma il corpo del bambino (o il corpo senza organi) in un ―corpo docile‖

(Foucault) e in una ―macchina morbida‖ (Burroughs).

Non vi è alcuna violazione delle regole in questo insieme di questioni, e nessun bisogno di

colpa o ansia per tali motivi... Una persona è buona in sé se ha buoni pensieri su ciò che

si suppone debba considerare buono, e cattivi pensieri su ciò che si suppone debba

considerare cattivo.

Ma cosa succede se non vi è una ―perfetta coincidenza‖ tra i valori del bambino e quelli

della famiglia? Come può il bambino allontanarsi senza sentirsi ―colpevole‖? Dopotutto, la

famiglia sovracodifica, sovrascrive e sovraimpone i suoi valori al bambino; e tutte le regole

che essa inscrive su di lui o lei sono protette da meta-regole, meta-meta-regole e così via.

Questo rende, ovviamente, la ―ri-valutazione‖ e il superamento dei valori familiari

(tradizionali) se non impossibile, estremamente difficile.

Le regole governano tutti gli aspetti dell‘esperienza, ciò che dobbiamo sperimentare e ciò

che non dobbiamo sperimentare, le operazioni che dobbiamo e non dobbiamo svolgere,

per arrivare a un‘immagine consentita di noi stessi e degli altri nel mondo. Ma una

situazione speciale esiste quando c‘è una regola contro l‘esame o il mettere in discussione

i valori: e oltre a ciò, quando ci sono regole contro la consapevolezza stessa dell‘esistenza

di tali regole (Laing, corsivo originale).

Ecco perché infrangere le regole, superare la moralità tradizionale (familiare) è così

difficile. Bisogna riuscire in qualche modo a vedere oltre le regole e tutte le restrizioni che

le sottendono. E per rendere la questione ancora più difficile, bisogna essere disposti a

rischiare la propria cosiddetta ―sanità mentale‖ per infrangere le regole.

Non c‘è da meravigliarsi se le forme più tradizionali di anarchia hanno cercato di risolvere

questo problema attraverso disposizioni comunitarie.

―Come mi disconnetto senza perdere la testa?‖

―Come mi disconnetto senza diventare un criminale?‖

È estremamente difficile cancellare gli attaccamenti emotivi (per quanto eccessivi) inscritti

dalla famiglia. Ed è proprio questa sensazione (il terribile senso di colpa) che dà origine

agli arrangiamenti comunitari.

Sfortunatamente, questi arrangiamenti comunitari solitamente non funzionano. Il momento

in cui istituiscono un leader—e la maggior parte di essi lo fa—introducono anche una

struttura gerarchica non molto diversa da quella della maggior parte delle famiglie.

L‘esperimento di Cooper con le comuni anti-psichiatriche come sostituti delle istituzioni

psichiatriche fallì proprio perché istituì una nuova istituzione al posto della vecchia. Per

quanto Cooper fosse l‘organizzatore della comune, che gli piacesse o meno, era un

leader, un ―falso leader‖ per usare la sua terminologia. Era il ―psichiatra‖ e rimase tale, sia

che si definisse un ―membro‖, un ―compagno‖ o un ―eguale‖.


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Il problema del familismo è esclusivamente un problema di interiorità. È possibile vivere

sotto lo stesso tetto della propria famiglia senza esserne rovinati, ma ci sono anche

persone per le quali la ―famiglia‖ interna è sempre lì a regolare e sovracodificare i loro

flussi di desiderio.

Ecco perché, anche con le sezioni più progressiste o rivoluzionarie dell‘analisi istituzionale

da un lato e l‘anti-psichiatria dall‘altro, il pericolo del familismo è sempre presente,

conformandosi al doppio vicolo cieco di un Edipo esteso, tanto nella diagnosi delle famiglie

patologiche quanto nella costituzione di quasi-famiglie terapeutiche [o comuni].

In ultima analisi, lo scopo dell‘anti-psichiatria, o più specificamente della schizoanalisi, è

quello di liberare le strutture gerarchiche (hier(archiche)) e familiari interiorizzate, inscritte

sul corpo senza organi.

―In alcune famiglie,‖ dice Laing,

―i genitori non possono permettere ai figli di distruggere la  ̳famiglia‘ dentro di sé, se è

questo ciò che vogliono, perché questo verrebbe percepito come la dissoluzione della

famiglia—e dove andrebbe a finire tutto questo?‖

A questa domanda vengono in mente diverse risposte, come ad esempio: l‘azione, il

desiderio, l‘innocenza, la creatività, l‘an(archia) e la libertà!

Ma purtroppo, per il bambino, la ―famiglia‖ può essere una struttura interna più importante

del ―seno‖, del ―pene‖ o del ―padre‖.

Queste strutture interne vengono inscritte nella psiche del bambino con lo scopo di ridurre

il suo stesso potenziale di azione autonoma, o ciò che Nietzsche chiamava ―l‘innocenza

del divenire‖.

―Non appena immaginiamo qualcuno responsabile per il nostro essere in un determinato

modo... e dunque gli attribuiamo l‘intenzione che noi dobbiamo esistere ed essere felici o

miserabili, corrompiamo in noi stessi l‘innocenza del divenire.‖

E non appena inscriviamo la struttura familiare gerarchica (hier(archica)) nel corpo senza

organi del bambino, egli o ella diventa un individuo reattivo invece che attivo, una linea

rigida invece che una linea di fuga; e il suo potenziale di autodeterminazione e autonomia

viene negato.

In conclusione: ciò che abbiamo qui è una linea segmentata e rigida, che sovracodifica e

sovrascrive le regole e le meta-regole con cui l‘individuo deve progredire.

Come scrive Deleuze,

―Come individui e gruppi, siamo fatti di linee, linee che sono molto diverse tra loro per

natura. Il primo tipo di linea (ce ne sono molte di questo tipo) è per noi segmentaria, o

rigidamente segmentata: famiglia/professione; lavoro/vacanza; famiglia/scuola; poi

esercito; poi fabbrica; poi pensione. Ogni volta che passiamo da un segmento all‘altro, ci

viene detto:  ̳Ora non sei più un bambino‘; poi a scuola:  ̳Ora non sei più a casa‘; poi

nell‘esercito:  ̳Questa non è più la scuola‘... In breve, tutti i tipi di segmentazioni ben


46

definite, che vanno in ogni direzione e che ci spezzano in ogni senso, questi fasci di linee

segmentate.‖

Così, ciò a cui mirano l‘an(archia) e la schizoanalisi è la sostituzione di povere marionette

indifese, oppresse dal senso di colpa e intrappolate in camicie di forza interiori, con

individui liberi, non edipizzati e non codificati.


47

Secondo Plateau


―La lingua è sempre stata la compagna dell‘impero.‖

Antonio de Nebrija


―La lettera uccide lo spirito... la vita, in generale, è mobilità

stessa.‖

Henri Bergson

Evoluzione creatrice


48

Suggerire che il significante sia ovunque (e che, di conseguenza, interpretazione e

trasferimento siano efficaci ovunque) significa ignorare il fatto che ognuno di questi

componenti di codifica (sia esso semiotico o meno) può acquisire potere sulla situazione e

sugli oggetti che ci circondano.

Al contrario, credo che non si debba essere dogmatici su quale modalità di accesso abbia

la priorità. Tale priorità può emergere solo analizzando ogni situazione particolare...

Gli esperti in linguistica e semiotica hanno gradualmente iniziato a considerare che icone,

diagrammi o qualsiasi altro mezzo proverbiale di espressione (gestuale, ecc.) dipendano

dal linguaggio significante e siano solo mezzi imperfetti di comunicazione.

Credo che questa sia un‘ipotesi intellettualistica che diventa estremamente instabile

quando applicata ai bambini, ai folli, ai primitivi o a chiunque si esprima in un registro

semiotico che classificherei come una semiologia simbolica.

Félix Guattari

Rivoluzione molecolare

2

Addio, Signor Testo, ovvero il Corpo e l‘An(archia)

Non è un‘esagerazione dire che abbiamo dato troppa importanza al Testo, o, che è lo

stesso, al Testo scritto. Con questo eccesso, in gran parte proveniente dalla Francia,

abbiamo dimenticato il corpo, il teatro, il gesto, il respiro (souffle) e la carne.

Forse, allora, è arrivato il momento di iniziare a dare la stessa importanza al corpo che

abbiamo dato al Testo.

Cerchiamo quindi di esaminare la relazione trascurata tra il testo scritto e il corpo come

espressione simbolica o significante. Prendiamo come esempio Roland Barthes.

* Dobbiamo ricordare che con la parola espressione intendiamo qualcosa di

completamente diverso da ciò che intende Saussure, da ciò che intende Barthes o da ciò

che intende Eco. Non c‘è contenuto o significato (Saussure), nessuna significazione

(Barthes), nessun mittente o destinatario (Eco), e in breve, nessun David Sarnoff qui.

Non dovremmo considerare una coincidenza il fatto che, con la morte di Dio, sia arrivata

anche la morte dell‘Autore: il Creatore di Capolavori. Artaud fu uno dei primi a dichiarare

morto l‘Autore.

Negli ultimi quindici o vent‘anni, questa idea è stata ripresa da critici come Ricoeur,

Derrida e Roland Barthes. Come sottolinea Derrida ne Il teatro della crudeltà, il

palco è teologico fintanto che la sua struttura include l‘interezza della tradizione, con i

seguenti elementi: un autore-creatore che, assente e distante, è armato di un testo e lo

sorveglia, lo ordina, ne regola i tempi e i modi di rappresentazione, lasciando a


49

quest‘ultimo il compito di rappresentarlo per ciò che concerne i suoi pensieri, le sue

intenzioni, le sue idee.

Artaud rispose a questa chiamata per la morte dell‘Autore-Creatore sostituendo l‘Autore

con il teatro e il ―regista‖.

Nel teatro tutta la creazione viene dal palco, trova la sua espressione e la sua origine

simile a un impulso psichico segreto, che è il Linguaggio prima delle Parole.

La parola scritta diventa secondaria e l‘Autore viene sostituito dalla voce, che grida e

parla. Artaud continua:

È un teatro che elimina l‘autore a favore di ciò che chiameremmo, nella nostra tradizione

occidentale...

* Dimentica il Padre, dimentica Edipo, dimentica persino il Nome-del-Padre. Come dice

Brando in Ultimo tango a Parigi: ―Qui non ci saranno nomi, nessuna storia familiare, e

quindi nessuna referenzialità.‖

Ecco la traduzione dettagliata delle pagine in italiano:

Il gergo teatrale, il regista, ma il regista che è diventato una sorta di gestore della magia,

un maestro di cerimonie sacre. E il materiale su cui lavora, i temi che porta alla vita

pulsante, non derivano da lui ma dagli dèi.

Il regista, quindi, è uno sciamano, non un Creatore o una figura gerarchica, ma

semplicemente il mediatore della magia. Roland Barthes, d‘altra parte, considerava

l‘Autore morto, ma il Testo scritto molto vivo. Infatti, per Barthes, l‘Autore muore non solo

nel nome del Lettore, ma ancor più nel nome del Testo.

Come Barthes sottolineava in La morte dell‘Autore:

L‘eliminazione dell‘Autore (...) non è semplicemente un fatto storico o un atto di scrittura:

trasforma il testo moderno (il che è la stessa cosa — il testo d‘ora in poi è fatto e letto in

modo tale che a tutti i livelli l‘autore sia assente).

E più avanti nello stesso saggio scrive:

Sappiamo ora che il testo non è una linea di parole che rilascia un unico significato

teologico (il ―messaggio‖ dell‘Autore-Dio), ma uno spazio multidimensionale in cui una

varietà di scritture, nessuna delle quali originale, si mescolano e si scontrano. Il testo è un

tessuto di citazioni tratte da innumerevoli centri di cultura.

In sostanza, il testo è un piano non originario di molteplicità, un campo di tracce lasciate

―dietro‖ da una molteplicità di scrittori, nessuno dei quali appartenente a una particolare

tribù. Il problema con Barthes è che per lui il mondo diventa Testo e la relazione

Significante/Significato viene spostata nello spazio precedentemente occupato dall‘Autore.

Il Testo è ora reso Dio.


50

Al contrario, per Artaud, la morte dell‘Autore avviene simultaneamente alla morte del Testo

scritto: il Significante, il Verbo. Per Artaud, le parole non possono esprimere ciò che è più

profondo. Solo il teatro della crudeltà — il teatro della vita — può dare espressione al

respiro umano e alla carne. Come ha detto Derrida: la protesta di Artaud è diretta ―contro

la lettera morta che si assenta lontano dal respiro (souffle) e dalla carne‖.

Il palcoscenico occidentale classico definisce un teatro di organizzazione, un teatro di

parole, un teatro di interpretazione, engrammazione e traduzione, un teatro della

ripetizione, nato dal tessuto di un testo preordinato, una tavola scritta da un Dio-Autore,

che è l‘unico detentore della parola primordiale.

Questo è esattamente ciò contro cui Artaud si opponeva. A differenza di Barthes e altri,

Artaud credeva che sia l‘Autore che il Testo scritto dovessero essere subordinati al teatro

della carne. Nel secondo manifesto de Il teatro della crudeltà, scrisse:

Rinunceremo alla superstizione teatrale del testo e alla dittatura dello scrittore.

Artaud non subordinava l‘Autore senza subordinare anche il Testo.

Inoltre, mentre Roland Barthes subordinava l‘Autore al Lettore del Testo, Artaud

subordinava l‘Autore...

...allo spettatore dello spettacolo. ―Il lettore‖, dice Barthes,

è il luogo in cui tutte le citazioni che costituiscono uno scritto sono inscritte senza che

nessuna di esse venga perduta; l‘unità di un testo non risiede nella sua origine, ma nella

sua destinazione.

Il lettore assume il ruolo del decifratore, dando significato al testo attraverso la propria

interazione con esso. La proposta di Barthes di ridurre la distanza tra il Lettore e il Testo è

analoga alla proposta di Artaud di avvicinare lo spettatore alla scena.

Aboliamo il palcoscenico e l‘auditorium e li sostituiamo con un unico sito, senza partizioni

o barriere di alcun tipo, che diventerà la scena dell‘azione. Una comunicazione diretta sarà

ristabilita tra lo spettatore e lo spettacolo, tra l‘attore e lo spettatore, per il fatto che lo

spettatore, posto al centro dell‘azione, è immerso e fisicamente influenzato da essa.

La distanza tra lo spettatore e l‘attore viene quindi annullata nello stesso modo in cui

Barthes annulla la distanza tra l‘Autore e il Lettore, collocando il Lettore al posto del Testo.

Ma mentre Barthes costruisce templi per il suo Testo, Artaud li sta bruciando, sostituendo i

grandi templi occidentali del Testo con il teatro della carne, il teatro della passione e della

produzione desiderante, dove l‘espressione non è linguistica ma ieroglifica e a-significante

per natura.

Alla fine, abbiamo i flussi del corpo che sostituiscono i flussi delle parole. E l‘espressione

linguistica è sostituita dall‘a-significazione emotiva dell‘―atletismo affettivo‖. Dopotutto,non

è stato definitivamente dimostrato che la lingua delle parole sia il miglior linguaggio

possibile.

I gesti, le danze e le urla diventano l‘alternativa preminente alla lettura semiotica

(significante) eseguita da studiosi come Eco e Todorov.


51

Il gesto è sempre spontaneo, non codificato e non inscritto; e scompare come una nota

musicale nel momento in cui viene eseguito. Ma, cosa ancora più importante, a differenza

del Significante dispotico e imperialista, esso non si riferisce a nulla: non è circolare, ma

lineare. Sì, si potrebbe forse arrivare a dire che il corpo è un ―testo‖ per Artaud, ma

certamente non un testo linguistico.

Artaud stesso invocava i segni ieroglifici dell‘Oriente, che sono sempre ―metafisici‖

piuttosto che psicologici e linguistici per natura.

Ancora una volta, Artaud si rivolse all‘Oriente per trovare lì ciò che gli sembrava mancare

nella cultura occidentale. Vale a dire, per trovare il suo teatro dei ―segni carnali e

metafisici‖. Barthes, d‘altra parte, si rivolse all‘Oriente in cerca del suo ―Gabinetto dei

Segni‖ e trovò, in Giappone, il suo Grande Impero dei Segni.

Ora accade che in questo paese [il Giappone] l‘impero del significante sia così immenso,

così in eccesso di linguaggio, che lo scambio di segni mantiene una ricchezza

affascinante, mobilità e sottigliezza, nonostante l‘opacità della lingua, a volte perfino come

conseguenza di tale opacità.

Artaud, tuttavia, si rivolse all‘Oriente per recuperare la relazione umana con la carne, i

flussi non codificati del desiderio e l‘innocenza espressiva del gesto. ―Il teatro balinese‖,

scrisse, ―ci ha rivelato un teatro fisico e non verbale.‖ E più avanti: ―Per il teatro

occidentale la parola è tutto, e non vi è possibilità di esprimersi senza di essa,‖ quindi

anche ―se limitiamo il teatro a ciò che accade tra le battute, non siamo comunque riusciti a

separarci dall‘idea di un testo performato.‖

Abbiamo eretto così tanti templi al Significante che il Significante è persino entrato

furtivamente nell‘inconscio attraverso un certo porto in Francia chiamato Lacan. Il mondo

occidentale è diventato un vortice di segni linguistici in cui la realtà ha cercato di

eguagliare la famosa (o forse infame) relazione tra Significante e Significato.

L‘esempio perfetto di questa ossessione per le parole si trova in A Theory of Semiotics di

Umberto Eco, dove propone in modo interessante un problema del ―mondo possibile‖ in

cui la neve sarebbe fatta di burro di arachidi. ―Ogni parlante inglese‖, dice,

può parlare della neve e comprendere frasi che riguardano la neve perché possiede una

competenza culturale che assegna all‘unità concettuale  ̳neve‘ certe proprietà che non

includono quella di essere fatta di burro di arachidi. È possibile che, in un mondo possibile

o nel nostro futuro mondo, a causa dell‘inquinamento idrico crescente, la neve possa

essere esposta a una tragedia ecologica. Ma anche se ciò accadesse, il fatto resterebbe

semioticamente ridicolo.

E poi Eco continua dicendo che il grande problema che ci troveremmo ad affrontare in tali

circostanze sarebbe quello di cambiare il nostro sistema di segni per adattarlo al nuovo

fenomeno. Questo, credo, è un esempio dell‘ossessione occidentale per le parole, che ha

raggiunto il suo apice con lo strutturalismo e la critica letteraria poststrutturalista—nessuno

escluso.

In Occidente abbiamo persino usato il corpo non inscritto (o, come lo chiamano Deleuze e

Guattari, ―il corpo senza organi‖) come superficie di registrazione. ―Solo così tanti chiodi

che trafiggono la carne, così tante forme di tortura.‖ Forse un richiamo a Nella colonia


52

penale di Kafka è appropriato. Qui l‘Aratro incide con aghi perforanti e le parole ―ONORA I

TUOI SUPERIORI‖ vengono inscritte sul corpo per creare una memoria, un testo, un

capolavoro, una tortura, per causare un dolore lento e profondo. Eppure, si trova qualcuno

come Barthes che nega tutta questa faccenda! ―Il volto teatrale‖, dice, ―non è dipinto

(fatto), ma scritto.‖ E più avanti chiarisce:

il gesto pittorico, che sottomette lo spazio pittorico all‘atto della scrittura, non è altro che

iscrivere.

L‘impresa di Artaud, ovviamente, era diversa: si concentrava sull‘espressività gestuale del

corpo, in contrasto con la scrittura sul corpo, tanto ammirata dall‘iperletterato Barthes.

Non dobbiamo più parlare solo del Grande Testo, ma dobbiamo cominciare a parlare,

come un tempo, dei geroglifici dei gesti... del corpo... e della carne. Non dobbiamo più

applicare ―aghi perforanti‖ al corpo. L‘espressione della crudeltà sarà un‘espressione

―metafisica‖ e simbolica piuttosto che fisica. La rigidità della necessità della vita si svolgerà

proprio davanti ai nostri occhi senza bisogno di un ―Aratro‖ o di una penna. Non ci sarà

spruzzo di sangue ma flussi che non derivano da una perforazione. I gesti prenderanno il

posto delle parole incise sul corpo senza organi.

Il gesto sostituirà il linguaggio equilibrato e calcolato dell‘Occidente, che ormai non

esprime più nulla di vivo. E, a differenza di uno dei personaggi di Beckett, non diremo

―Rimarrò in silenzio‖ per poi continuare a parlare. I gesti sostituiranno il vuoto del

Significante parlato.

Il viaggio di Barthes nella Terra dei Segni, dove trova il Significante persino in una

palpebra, è sostituito posizionalmente dal viaggio di Artaud nella carne. Ma dobbiamo

ricordare, tuttavia, che si tratta solo di un viaggio temporaneo. Siamo nemici del

colonialismo. E non stiamo proponendo un Impero del Corpo.

Niente più capolavori, niente più maestri (dimenticate Hegel!), niente più scrittura. ―Tutta la

scrittura è merda.‖ Perché? Perché i nostri sentimenti più profondi sono intraducibili e

linguisticamente inesprimibili. ―E le persone che abbandonano l‘oscurità e cercano di

definire qualsiasi cosa accada nella loro testa sono dei maiali.‖

E anche coloro per i quali certe parole hanno un significato e certi modi di essere; coloro

che sono così pignoli; coloro per i quali le emozioni sono classificabili e che discutono su

qualche grado o altro delle loro classificazioni ridicole; coloro che credono ancora nei

―termini‖; coloro che brandiscono qualsiasi ideologia come se appartenesse alla gerarchia

dei tempi... coloro che seguono percorsi, che abbandonano nomi, che riempiono libri con

titoli urlati sono il peggior tipo di maiali.

Eppure Artaud non voleva eliminare del tutto il linguaggio delle parole. Ciò che desiderava

era liberare le nostre psiche e i nostri corpi dallo stato di iperalfabetizzazione che ci ha resi

individui schizofrenici.

―L‘uomo alfabetizzato, quando lo incontriamo nel mondo greco, è un uomo diviso‖, dice

Marshall McLuhan, ―uno schizofrenico, come lo sono tutti gli uomini fin dall‘invenzione

dell‘alfabeto fonetico‖.


53

Così, è il mondo diviso di Barthes, ovvero il mondo del testo e il mondo del corpo, che

Artaud trova culturalmente ed esistenzialmente discutibile.


Artaud cerca di distruggere una storia, la storia della metafisica dualistica... la dualità del

corpo e dell‘anima, che sostiene segretamente, ovviamente, la dualità tra parola ed

esistenza, tra testo e corpo, ecc.

Nel suo saggio From Work to Text, Barthes afferma che ―la teoria del testo può coincidere

solo con una pratica della scrittura‖. Questo chiaramente non è il caso di Artaud. Infatti,

implicita nell‘impresa di Artaud troviamo la non esclusività della doppia articolazione, o


meglio, una pluri-articolazione alla Bergson. Il corpo è un geroglifico o un testo a-

significante, un segno desiderante che attraverso i suoi gesti dà origine a forme


espressive alternative.

Eppure Barthes ha l‘audacia di affermare alla fine di Il piacere del testo che è la scrittura—

la ―scrittura vocale‖—ciò che Artaud raccomanda.

Se fosse possibile immaginare un‘estetica del piacere testuale, dovrebbe includere:

scrittura ad alta voce. Questa scrittura vocale (che non è affatto simile al parlare) non

viene praticata, ma è senza dubbio ciò che Artaud raccomandava...

Il problema con questa interpretazione di Artaud è che pone la scrittura al centro della sua

impresa, mentre per Artaud la scrittura diventa non esclusivamente secondaria rispetto al

gesto e al grido. Barthes, tuttavia, a suo merito, fa del suo meglio in Il piacere del testo per

dissociarsi dal Significante dispotico e dal Significato Trascendentale, ma vi ritorna ancora

e ancora, come il bambino edipico (di Lacan) che torna al Referente—mamma e papà—

per maggiore autorità.

Per Barthes, come per qualcuno come Heidegger, la realtà è definita in termini di

linguaggio, e il linguaggio è considerato metafisicamente autonomo e primordiale. ―Il

linguaggio parla.‖

Ed è qui che risiede la differenza essenziale tra Barthes e Artaud. Per quest‘ultimo, è la

carne, il corpo, che è autenticamente o esistenzialmente espressivo; e raggiunge la sua

espressività attraverso l‘a-significazione del suo atletismo affettivo.

Uno degli aspetti importanti della scrittura è il modo in cui trasforma pensieri e concetti in

testi ripetibili e consolidati. Né Barthes né Artaud approvavano la ripetizione. Barthes

attaccava la ripetizione del significato nella cultura di massa perché trovava tale ripetizione

distruttiva per il Testo.

La forma bastarda della cultura di massa è la ripetizione umiliata. Contenuto, schema

ideologico, l‘offuscamento delle contraddizioni—tutto questo viene ripetuto...


* Contrariamente a Julia Kristeva: la morte del Referente non porta all‘―identificazione con

un leader totalitario‖, ma esattamente al contrario—ad un‘(an)archia. (Desire in Language,

Columbia University Press, p. 139).


54

Barthes, dunque, considerava la ripetizione dei segni come un fenomeno sociale che

degradava il Testo trasformandolo in un‘espressione stereotipata della cultura borghese.


Ma per Artaud la questione era molto diversa. Artaud era contrario al Testo scritto proprio

perché i testi scritti rendevano possibile la ripetizione. Dopotutto, i capolavori letterari si

fondano sulla ripetizione. Vale a dire, è la ripetizione della lettura e della performance che

stabilisce il Testo come un‘espressione fissa, o come il Capolavoro che è. Non esistono

capolavori nelle culture orali. Il Capolavoro è interamente un‘invenzione occidentale.

Nel suo saggio No More Masterpieces Artaud scrive:

Una delle ragioni per cui l‘atmosfera in cui viviamo è asfissiante, senza possibilità di fuga o

rimedio—e che tutti condividiamo, persino i più rivoluzionari tra noi—è il nostro rispetto per

ciò che è stato scritto, formulato, dipinto, per ciò che ha preso forma, come se

l‘espressione non fosse infine esaurita... dobbiamo farla finita con questa idea di

capolavoro.

I capolavori sono come lapidi—tracce di parole che una volta sono state pronunciate.

Allora perché ripetere ciò che è già stato detto, come se si potesse recuperare la

freschezza dell‘espressione iniziale? Basta con l‘ermeneutica!

Lasciamo la critica testuale agli studenti laureati, la critica formale agli esteti, e

riconosciamo che ciò che è stato detto non deve essere ancora detto; che un‘espressione

non ha lo stesso valore due volte; che non vive due volte...

I testi devono essere letti o rappresentati una sola volta e poi bruciati (compreso questo).

―Dobbiamo sbarazzarci delle nostre superstizioni sui testi e sulla poesia scritta,‖ dice

Artaud. ―La poesia scritta vale la pena di essere letta una sola volta, e poi dovrebbe

essere distrutta.‖ E così la mimica, la danza e i gesti non codificati dovrebbero sostituire la

ripetizione priva di significato del Testo e la violenza della ripetizione.

Per esempio, la violenza esercitata dall‘Aratro ne Nella colonia penale di Kafka è il

risultato della funzione ripetitiva della macchina inscrivente. L‘Aratro opera trasformando il

corpo del prigioniero in un testo incancellabile—o capolavoro—a spese della vita del

prigioniero. Ma questo non si applica solo all‘Aratro della legge. La maggior parte delle

forme di punizione utilizza la ripetizione per ―correggere‖ il comportamento. Gli insegnanti,

per esempio, a volte comandano agli studenti ―indisciplinati‖ di scrivere qualcosa come

―Non parlerò in classe‖ migliaia di volte su un foglio di carta.

―Ciò che è tragico,‖ dice Derrida, ―non è l‘impossibilità, ma la necessità della ripetizione.‖

Questo è il motivo per cui Artaud voleva sostituire il Testo scritto con il corpo e il teatro.

Il teatro è l‘unico luogo al mondo in cui un gesto, una volta compiuto, non può mai essere

ripetuto nello stesso modo.

* Per un resoconto interessante sulla violenza della rappresentazione, vedi il secondo

saggio di Nietzsche in La genealogia della morale, dove attribuisce la violenza della


55

ripetizione inscrittiva sul corpo a (1) la volontà di creare una memoria e (2) la volontà di

rendere gli esseri umani calcolabili e reattivi.

** Per uno sguardo affascinante sull‘uso della ripetizione nel ―trattamento‖ dei devianti,

vedi Overexposed di Sylvère Lotringer (Pantheon Books, 1987).

Sfuggire alla violenza dell‘iscrizione, che uccide lo spirito umano, utilizzando il corpo

selvaggio come superficie di registrazione.

Questo è ciò che la Gabriela corporea di Jorge Amado ha istintivamente realizzato, ed è

per questo che ha preferito il circo all‘atmosfera soffocante e iperalfabetizzata dell‘aula,

dove il Testo e non il corpo aveva il diritto di esprimersi.

Seguiamo dunque Gabriela nel teatro. Danziamo! Basta con le parole! ―La lettera uccide lo

spirito.‖

E uno spostamento di enfasi non esclusivamente legato alla scrittura è necessario se

vogliamo recuperare l‘espressività affettiva dei nostri corpi.


56

TERZO ALTOPIANO

―...L‘emozione di viaggiare in treno per incontrare il tuo

amante, sapendo che anche lui stava

viaggiando, altrettanto emozionato, verso di te. Pensavo

spesso a questo.‖

―Sì!‖ ammise sua madre, sorridendo tristemente.

―Linee convergenti che si muovono sulla mappa! Malata di

desiderio—quasi incapace di aspettare!‖

D.M. Thomas

The White Hotel


―Quando osserviamo l‘impotenza dell‘individuo e dei piccoli

gruppi faccia a faccia nel mondo di

oggi e ci chiediamo perché sono impotenti, dobbiamo

rispondere non solo che sono deboli a causa

delle vaste concentrazioni centrali di potere nello stato

militare-industriale moderno, ma che sono

deboli perché hanno ceduto il loro potere allo stato.‖

―...L‘amante punitivo e invadente dell‘ordine è di solito tale a

causa della sua stessa mancanza di libertà e insicurezza.‖

Colin Ward

Anarchy in Action


57

VERSO UNO STILE DI VITA NON FASCISTA O AN(ARCHICO)


Il problema che dobbiamo affrontare, tuttavia, è che abbiamo dimenticato come essere

leggeri sui nostri piedi: abbiamo dimenticato cosa significa ballare come una stella nel

cielo notturno. O è possibile che forse non ci abbiamo nemmeno provato? Beh, in ogni

caso, questo è il problema affrontato in questo saggio. E, naturalmente, questo è

Anche il problema affrontato nell'Anti-Edipo. Quindi iniziamo considerando Anti-Edipo un

libro di istruzioni, un libro per tutti e nessuno, un libro che può essere inserito come si

entra in una mappa: da una molteplicità di direzioni. E inoltre siamo d'accordo con

Foucault e chiamiamo Anti-Dedipus un "libro di etica". Per è "etica" - o più specificamente

- ciò che significa condurre uno stile di vita non fascista, che ci preoccuperà

Questo saggio tratterà quindi un(archy) come un atteggiamento nei confronti del mondo. E

non come teoria o base "politica".

Inizierà da dove inizia l'Anti-Edipo: con una discussione sulla produzione del desiderio e

sulle macchine del desiderio; e svilupperà questi concetti per dimostrare la loro relazione

con un (archia) o lo stile di vita an(archico).

La schizoanalisi inizia a quel punto in cui finì la psicologia politica di Reich. Cioè, inizia

cercando di rispondere alla domanda di Reich sulla desiderabilità delle masse per

opprimersi. Come l'ha visto Reich, il moderno Se fascista è stato stabilito non da forze

esterne, ma piuttosto dalle stesse masse. Per Reich, il fascismo tedesco è stato un

successo proprio perché le strutture psicologiche del masse hanno avuto un impatto con

quelle dei loro leader politici e degli i

Consideriamo Anti-Edipo come un manuale, un libro per tutti e per nessuno, un‘opera in

cui si entra come in una mappa, seguendo molteplici direzioni. E inoltre, seguiamo

Foucault e chiamiamo Anti-Edipo un ―libro di etica‖. Perché è proprio di etica—o più

specificamente—di cosa significhi vivere in modo non fascista, che ci occuperemo qui.

Questo saggio tratterà quindi l‘an(archia) non come una teoria politica, ma come un

atteggiamento nei confronti del mondo. Partirà da dove inizia Anti-Edipo: con una

discussione sulla produzione del desiderio (desiring-production) e sulle macchine

desideranti (desiring-machines), sviluppando questi concetti per dimostrarne la relazione

con l‘an(archia) e il modo di vita an(archico).


1


La schizoanalisi inizia proprio dove si era interrotta la psicologia politica di Reich. Vale a

dire, cerca di rispondere alla domanda di Reich sulla ragione per cui le masse desiderano

la propria oppressione. Secondo Reich, lo Stato fascista moderno non si è instaurato per

mezzo di forze esterne, ma grazie alle stesse masse. Per Reich, il fascismo tedesco ha


58

avuto successo proprio perché le strutture psicologiche delle masse coincidevano con

quelle dei loro leader politici e delle loro ideologie. Ad esempio, parlando del successo di

Hitler, Reich affermava:

―L‘analisi dell‘effetto psicologico di massa di Hitler deve partire dal presupposto che un

führer, o il campione di un‘idea, può avere successo (...) solo se la sua visione personale,

la sua ideologia o il suo programma trovano riscontro nelle strutture psicologiche di

un‘ampia categoria di individui.‖

Questo è un modo diverso di considerare il fascismo. Esso si rivolge innanzitutto alle

strutture psicologiche che lo rendono possibile, e solo in un secondo momento affronta la

questione del fascismo come tema di teoria o discorso politico.

Ciò che questo significa a livello psico-politico è che le rivoluzioni statali sono precedute

da rivoluzioni della mente. Come scrive Pirsig in Lo Zen e l‘arte della manutenzione della

motocicletta:

―Abbattere una fabbrica, ribellarsi contro un governo o rifiutarsi di riparare una motocicletta

perché fa parte di un sistema significa attaccare gli effetti e non le cause; e finché l‘attacco

si concentra solo sugli effetti, nessun cambiamento è possibile. Il vero sistema, il sistema

reale, è la nostra attuale costruzione del pensiero sistematico stesso, della razionalità

stessa. Se si abbatte una fabbrica ma la razionalità che l‘ha prodotta rimane in piedi, allora

quella stessa razionalità produrrà semplicemente un‘altra fabbrica. Se una rivoluzione

distrugge un governo sistematico, ma lascia intatti i modelli sistematici di pensiero che

hanno generato quel governo, allora quegli stessi schemi si ripeteranno nel governo

successivo. Si parla molto del sistema. E si capisce così poco.‖

Ma la cosa che la psicologia politica di Reich ha trascurato è il ruolo del desiderio nella

personalità fascista. Ed è proprio qui che iniziano la schizoanalisi e l‘an(archia). Tuttavia,

questi approcci si basano su una concezione completamente nuova del desiderio: esso

viene considerato attivo piuttosto che reattivo.

Per Deleuze e Guattari, il desiderio è sempre produttivo. È un flusso attivo e non

referenziale, molto simile a quello sperimentato da Artaud. Senza dubbio, è ciò che Artaud

aveva in mente parlando di atletismo affettivo. Qui non vi è alcuna mancanza (lack). Esiste

solo produzione: il desiderio che produce desiderio, l‘energia che produce energia, il

capitale che produce capitale, proprio come accade nella società capitalista.

Come nota Marx, ciò che esiste in realtà non è la mancanza, ma la passione, intesa come

un ―oggetto naturale e sensuale‖. Il desiderio non è supportato dal bisogno, ma al

contrario: i bisogni derivano dal desiderio. Essi sono i sottoprodotti del desiderio; vengono

generati da ciò che il desiderio produce. La mancanza è un effetto secondario del

desiderio: viene depositata, distribuita e resa vacua in una realtà che è sia naturale che

sociale.


Così il desiderio si manifesta a livello molecolare, a livello libidinale, a livello dell‘orgone, a

livello attivo, dove si produce un flusso invece che una serie di getti sporadici e

regimentati. L‘an(archico) è colui o colei il cui desiderio attivo non è regimentato, non è

gerarchizzato dalla famiglia, dalla Chiesa o dallo Stato, Scuola, esercito, lavoro, ecc.


59

Diciamo allora che, in sostanza, un an(archico) è un corpo non strutturato, un corpo senza

organi.

Ma forse stiamo andando un po‘ troppo avanti. Come abbiamo appena detto, il desiderio,

come il capitale, dovrebbe essere compreso in termini di flussi, come ad esempio flussi di

escrementi, flussi di sperma, flussi di desiderio, ecc. Tuttavia, c‘è un problema qui. Mentre

i flussi di desiderio emergono (in modo non originario) da un corpo senza organi, i flussi di

capitale emergono da un corpo gerarchico e arborescente, cioè dal corpo codificato del

Socius capitalista. Un doppio processo opera a livello macroscopico dello stesso sistema

economico. In altre parole, il capitalismo funziona inscrivendo, codificando e reindirizzando

i flussi di desiderio affinché possano corrispondere ai flussi di capitale nel mercato

azionario. Questo doppio processo è il processo di deterritorializzazione (de-radicamento)

e territorializzazione (radicamento). Il desiderio viene prima deterritorializzato dal capitale,

permettendo ad alcuni aspetti del processo schizofrenico di manifestarsi, e poi viene

territorializzato: ogni volta che esiste il pericolo che questi flussi possano prendere le loro

proprie linee di fuga.

In altre parole, ogni volta che è possibile un atto an(archico) o rizomatico, il capitalismo

interviene. Il capitalismo ―può esistere solo liberando la produzione generica mentre allo

stesso tempo la contiene entro limiti ben definiti, in modo che essa non fugga in tutte le

direzioni ed evada ovunque‖.

Il Film Forum di New York City proietta film anti-sistema e di propaganda comunista,

nonostante il fatto che uno dei suoi finanziatori sia Exxon. Perché? Perché, anche se

Exxon permette la diffusione di alcuni flussi an(archici) di desiderio, può con la stessa

facilità porvi fine in un punto ben definito. Exxon ti permetterà di aprire la bocca e gridare,

ma chiuderà tutto il momento in cui finanzierà una rivoluzione in America Centrale.

Finanzierà un film di sinistra sul Nicaragua nello stesso istante in cui contribuirà

economicamente all‘oppressione del popolo nicaraguense per mano di un leader fascista.

A New York, le persone che vendono merci per strada vengono spesso costrette a

chiudere dalla polizia. Il sistema permetterà e persino incoraggerà i flussi, purché questi

siano regimentati e codificati. Il venditore ambulante rappresenta una minaccia perché

esce dal sistema: prende la strada ―senza licenza‖, senza il battesimo del sistema. Il

poliziotto che chiude l‘attività del venditore ambulante non è altro che la chiave inglese che

mette fine ai flussi non regolati e non codificati. ―Il monarca della mente‖, dice Miller, ―è

una chiave inglese‖. E potremmo aggiungere: lo è anche il monarca del desiderio.

Eppure, il sistema non funziona solo per sottrazione sottile, ma anche per aggiunta

sottile—attraverso un‘assiomatica.

La forza del capitalismo risiede nel fatto che la sua assiomatica non è mai satura, ed è

sempre capace di aggiungere un nuovo assioma ai precedenti.


Man mano che la sottocultura inizia a prendere la propria posizione altamente

commerciabile, e il suo vocabolario (sia visivo che verbale) diventa sempre più familiare, il

contesto di riferimento a cui può essere più comodamente assegnata diventa sempre più


60

evidente. Alla fine, i mods, i punks, i glitter rockers possono essere incorporati, riportati in

riga, collocati sulla mappa preferita della realtà problematica e sociale (Geertz, 1964): nel

punto in cui i ragazzi con il rossetto sono semplicemente ―ragazzini che si travestono‖, e

dove le ragazze con vestiti di gomma sono ―figlie proprio come le vostre...‖.

I media, come ha sostenuto Stuart Hall (1977), non solo registrano la resistenza, ma la

situano all‘interno del quadro di riferimento dominante del significato. E così, coloro che

scelgono di abitare una cultura giovanile spettacolare vengono simultaneamente restituiti

al sistema: vengono rappresentati in TV e nei giornali, nel posto dove il buon senso li

vorrebbe collocare.

Il capitalismo è in grado di funzionare assiomaticamente perché il cosiddetto ―linguaggio

marginale‖ finisce inevitabilmente per diventare stabilito, codificato e semioticamente

significante. L‘unico modo per risolvere questo problema è che l‘an(archico) distrugga

immediatamente la propria forma di espressione, rendendone impossibile la ripetizione e

l‘incorporazione.

Questo è in parte ciò che Artaud intendeva quando parlava della fine dei capolavori—o dei

testi scritti.

Ciò che Artaud voleva—nella lingua di Guattari—era una semiotica a-significante: un

flusso di segni non ripetibili che renderebbero impossibile al sistema (o alla cultura), o in

questo caso al capitalismo, di incorporarli nel proprio corpo.

―Qualsiasi cosa che esista per più di dieci secondi è malvagia,‖ dice il testo di una canzone

del gruppo punk Black Flag. E si trova la stessa idea in La Lezione di Ionesco, in cui uno

dei personaggi viene ucciso dal suo professore che continua a ripetere la parola coltello

più e più volte.

Questo è anche il modo in cui funziona la macchina dispotica di Kafka (La colonia penale).

Questo processo di iper-codificazione nasce dalla paura dello Stato per il desiderio non

regolato, e sicuramente dalla paura del capitalismo verso alcuni tipi di macchine

desideranti. Ed è per questo che impiega un apparato di macchine desideranti fasciste per

regimentare e monitorare le macchine desideranti an(archiche).

2

Ora dobbiamo comprendere le macchine desideranti (desiring-machines) in un contesto

non esclusivo. In altre parole, dobbiamo intenderle sia come macchine negative o fasciste

di repressione, come macchine reattive, sia come macchine positive o an(archiche), non

regimentate e libere di fluire. Ma che diritto abbiamo, si potrebbe chiedere, di chiamare gli

esseri umani ―macchine‖—o addirittura ―macchine desideranti‖? Non abbiamo forse

abbandonato questi concetti con Cartesio e Hobbes? Sì e no. Li abbiamo abbandonati

solo nel senso che non siamo più costretti a vedere le macchine in opposizione binaria a

un processo vitale (vitalismo).


Le macchine devono essere comprese in connessione con la produzione del desiderio

(desiring-production): con il desiderio attivo, con il desiderio come la forma di energia che


61

tutte le macchine producono, da una motocicletta a un essere umano. ―L‘uomo è malato

perché è costruito male,‖ scrive Artaud.

Henry Miller aggiunge:

―Ogni uomo, donna e bambino, in una beffarda imitazione, ha adenoidi, diffonde catarro,

diabete, pertosse, meningite. Tutto ciò che sta in piedi, che scivola, rotola, cade, gira,

sbanda, oscilla e crolla è fatto di bulloni e dadi.‖

Le macchine desideranti funzionano rallentando, rompendosi, ricominciando, tossendo,

defecando, scopando, pisciando, ecc.

Le macchine desideranti si rompono continuamente mentre funzionano e, di fatto,

funzionano solo quando non operano correttamente: il prodotto è sempre un sottoprodotto

della produzione, che si innesta su di essa come un innesto, e allo stesso tempo, le parti

della macchina sono il combustibile che le permette di funzionare.

Ora, esistono fondamentalmente due tipi di macchine. Uno, le macchine desideranti, di cui

ci siamo occupati qui. E due, le macchine tecniche con cui abbiamo a che fare

quotidianamente, come la motocicletta di Pirsig. Consideriamo allora Pirsig e la sua

motocicletta insieme: chiamiamo Pirsig una macchina desiderante, e la sua motocicletta

una macchina tecnica. Inoltre, comprendiamo che ciò che distingue le macchine tecniche

dalle macchine desideranti non è la loro dimensione o struttura, ma il loro uso. Oppure,

come dicono Deleuze e Guattari, il loro regime.

Charlie Chaplin, immerso nella macchina, può diventare una macchina an(archica), una

macchina dispotica o una macchina desiderante infernale, rimanendo attaccato alla

macchina tecnica.

La tecnologia presuppone macchine sociali e macchine desideranti, ciascuna all‘interno

dell‘altra, e da sola non ha il potere di decidere quale sarà l‘agente ingegneristico, il

desiderio o la repressione del desiderio.

Sta a Chaplin usare la chiave inglese per riadattare (territorializzare) la macchina tecnica o

dispotica dell‘oppressione, o per lasciare che i suoi bulloni si allentino come una ―camicia

schizofrenica‖ troppo stretta attorno al collo. Sta a Chaplin deterritorializzare i flussi di

desiderio. In breve, il modo in cui ci si collega a un‘altra macchina determina l‘esito del

desiderio.

La classe operaia tedesca che ha portato Hitler al potere, che ha desiderato la macchina

dispotica, è stata efficace proprio perché si è collegata a una macchina desiderante

dispotica—una macchina desiderante, eppure dispotica. Inoltre, le macchine desideranti

possono funzionare sia come oggetti parziali an(archici) che come oggetti parziali

gerarchici (hierarchical): come macchine oppressive collegate ad altre macchine

oppressive.


Pirsig collegato alla sua motocicletta è una vera macchina desiderante, un vero

an(archico), un oggetto parziale nel senso positivo del termine. Lo stesso vale per le


62

macchine letterarie di Bukowski e Acker: le macchine desideranti an(archiche) desiderano

altre macchine desideranti an(archiche)... il desiderio desidera il desiderio.

D‘altra parte, possiamo trovare macchine desideranti dispotiche. Il Principe di Homburg di

Kleist ne è un buon esempio. Il Principe è una macchina desiderante collegata a una

macchina dispotica o gerarchica. Di fatto, il Principe si sottomette alla Legge dello Stato

nello stesso modo in cui il nevrotico si sottomette alla Legge Edipica.

L‘identità del Principe è resa possibile solo in una relazione triadica: quella tra se stesso,

l‘Elettore (il mediatore della Legge) e lo Stato. La Madre svolge il ruolo dello Stato, il Padre

quello del mediatore punitivo. Solo dopo essersi completamente sottomesso allo Stato,

alla Legge, alla macchina dispotica, alla macchina dell‘iper-codificazione, il Principe può

infine essere perdonato dall‘Elettore, il Padre.

Inoltre, dobbiamo ricordare che, sebbene il Principe fosse un eroe per aver sconfitto gli

svedesi, lo Stato si è comunque trovato obbligato a condannarlo a morte per aver

disobbedito ai suoi ordini, ai suoi superiori, alla Legge, e per aver intrapreso una linea di

fuga, per aver compiuto una passeggiata schizofrenica, per essere diventato,

temporaneamente, un an(archico)—una vera macchina desiderante e un corpo senza

organi.

Le macchine desideranti operano a livello molecolare, a livello microfisico. Al contrario, il

socius opera a livello molare, al livello delle macchine tecniche di repressione e

oppressione. E proprio come il Presidente Schreber fu collegato a una macchina dispotica,

così lo fu il Principe di Kleist. In entrambi i casi, il collegamento avvenne al livello molare e

gerarchico.

3

A livello molecolare, si trova il processo schizofrenico, la linea di fuga e i flussi di desiderio.

Nerval intraprende una passeggiata schizofrenica alla ricerca di Aurelia e finisce per

allucinare il proprio mondo, dipingendo il mondo con il proprio colore.

Si trova la stessa resa nel racconto di Kafka, ―Il giudizio‖, in cui il figlio (Georg) viene

distrutto dalla sua completa sottomissione alla Legge dispotica del Padre—nel Nome del

Padre.

Come la Pantera Rosa che dipinge l‘intero mondo di rosa, così anche Nerval dipinge il

mondo a propria immagine. E in entrambi, nella Pantera Rosa e in Nerval, risiede


l‘an(archico) per eccellenza: il corpo senza organi di Deleuze e Guattari e la ―ruota auto-

propulsiva‖ di Nietzsche.


L‘an(archico) è un corpo senza organi che non ha bisogno di nessuno per determinare la

propria esistenza. In sostanza, l‘an(archico) è qualcuno come Bérenger (Rinoceronti),

destinato a rimanere in movimento, destinato per sempre a rimanere internamente attivo.

―La grande questione è muoversi‖, disse Robert Louis Stevenson, pronunciando il principio

fondamentale di ogni an(archico).


63

Ma dobbiamo essere chiari su questo punto. Non ogni tipo di movimento è an(archico). È

la velocità che trasforma i punti in linee.

Quando Glenn Gould accelera l‘esecuzione di un pezzo musicale, non si sta

semplicemente esibendo come virtuoso; sta trasformando i punti musicali in linee e

facendo proliferare l‘insieme.

Quando il detective Torigai di Seicho Matsumoto (Points and Lines) si propone di risolvere

l‘omicidio di un alto funzionario, lo fa trasformando i punti di un orario ferroviario in linee di

fuga di una traiettoria aerea. ―Ho capito!‖ dice. ―L‘assassino potrebbe partire da Hakata

alle 8 del mattino e arrivare a Sapporo alle quattro del pomeriggio.‖

Contrariamente a Paul Virilio, quindi, la velocità stessa non è violenza. Anzi, potrebbe

essere vero l‘esatto contrario. Lo Stato, la più lenta di tutte le macchine, funziona proprio

perché è lento. Funziona al meglio quando la sua velocità è prossima allo zero. La velocità

porta al caos—un certo tipo di caos—e al cambiamento, mentre l‘ordine e la lentezza

portano a una posizione statica (un punto) e a una struttura.

Richard Sennett (The Uses of Disorder), come i Sex Pistols, trova che la città sia l‘unico

luogo in cui l‘an(archia) sia possibile, perché è qui che troviamo il movimento e il disordine

necessari per sfuggire alla rigidità delle strutture sociali.

4

È proprio qui che troviamo il movimento e l‘intensità necessarie per condurre una vita

an(archica) e non-fascista. L‘an(archico) è un nomade—una macchina desiderante

nomade che si collega ad altre macchine desideranti, senza mai dipendere da nessuna in

particolare. Gli oggetti parziali (Melanie Klein) sono importanti per lui o per lei solo come

punti di connessione che portano a linee di intensità, a migliaia di plateau, a migliaia di

stati affettivi.

La relazione dell‘an(archico) con gli altri è una relazione attiva. Non tratta mai gli altri come

recipienti né permette a sé stesso di essere trattato come un recipiente per gli altri. Le sue

connessioni sono sempre binare ma mai parallele. Non appartiene mai a un partito, a una

nazione o a qualsiasi altro tipo di alleanza tribale. È sempre in movimento. E non rimane

mai in un luogo abbastanza a lungo da diventare un cittadino (da essere territorializzato).

L‘an(archico) si crea da zero ogni giorno.

Come disse Artaud: ―Io, Antonin Artaud, sono mio figlio, mio padre, mia madre, me

stesso...‖. Similmente, Nietzsche dichiarava:

―Io sono Prado, sono anche il padre di Prado. Mi spingo a dire che sono anche Lesseps...

Volevo dare ai miei parigini, che amo, una nuova idea: quella di un criminale onesto. Sono

anche Chambige—un criminale onesto...‖

E Nietzsche prosegue:

―Io, dice Nietzsche, sono il mondo, e sono tale perché, creando me stesso, creo il mondo.‖


64

Ma dobbiamo essere cauti: è importante non interpretare Nietzsche come se proponesse

una sorta di individualismo sfrenato. Quando Nietzsche dice ―Io‖ e quando Artaud dice

―Io‖, l‘―Io‖ di cui parlano, l‘―Io‖ che pronunciano, è l‘―Io‖ delle relazioni rizomatiche,

an(archiche), non l‘―Io‖ di un paranoico o di un fascista che soggioga gli altri. Ciò che

preoccupava Nietzsche più di ogni altra cosa era la possibilità di connessioni affettive tra

tutti gli esseri umani. E ciò che chiedeva agli esseri umani era di essere il più possibile

intensi affettivamente. Persino il suo stile di scrittura tradisce questo desiderio di una vita

intensamente rizomatica.

Possiamo facilmente comprendere i suoi aforismi non come frammenti concettuali

riflettenti una vita concettuale, non-emotiva e non-passionale, ma come plateaux—come

linee di intensità che non si connettono a un luogo specifico ma ovunque.

Non c‘è Edipo qui. Non si tratta di identificarsi con una qualche figura paterna. Si tratta

piuttosto di creare mondi e individui al fine di connettersi con loro come campi di intensità,

affettivamente. (I bambini fanno questo costantemente con i loro idoli dei cartoni animati, e

non perché cercano un Padre o una Madre).

Il desiderio dell‘an(archico) non è un desiderio circolare e referenziale, ma un desiderio

lineare.

In Alphaville di Godard, i segni della violenza e dell‘oppressione dello Stato sono circolari

(ad esempio, il simbolo sulle auto della polizia). Al contrario, i segni della libertà e della

fuga (come una linea di fuga o una via di scampo) sono lineari. Questo perché l‘an(archia)

si manifesta a livello lineare... a livello di fuga... a livello molecolare... a livello

quantistico... a livello subatomico. Il cerchio, invece, è una struttura geometrica chiusa e

quindi un simbolo (e talvolta persino uno strumento) di oppressione e repressione: di

confini e limiti, e di referenzialità.

L‘an(archico), quindi, non vive la propria vita secondo un Referente universale: secondo

un insieme rigidamente segmentato di confini e territorialità. Al contrario, è qualcuno che

crea attivamente il proprio mondo ogni mattina, da zero.

Eldridge Cleaver, scrivendo in Soul on Ice, dice che a un certo punto della sua vita si rese

conto che non poteva più credere alla ―conoscenza‖ di coloro che aveva considerato

superiori a lui. ―Avevo pensato,‖ dice...

An(archia) non può essere insegnata. Non è una teoria. È un modo di vivere, un modo di

essere nel mondo, un atteggiamento.

Anti-Edipo è un libro nietzscheano di etica, in quanto è scritto per tutti e per nessuno

contemporaneamente. Ecco perché Deleuze, in una lettera a un suo critico, dice che lui e

Guattari non si preoccupano di cosa facciamo con Anti-Edipo. ―Consideriamo un libro,‖

scrive Deleuze, ―come una piccola macchina a-significante: l‘unico problema è—funziona?

E come funziona?‖

Come funziona per te? Se non funziona, se non succede nulla, prendi un altro libro.

Questo modo di leggere si basa sulle intensità: qualcosa accade o non accade. Non c‘è

nulla da spiegare, nulla da comprendere, nulla da interpretare. È paragonabile a una

connessione elettrica.


65

Alla fine, tutto si riduce alle connessioni affettive che possiamo stabilire con il mondo.

Possiamo ancora essere leggeri nei nostri passi? Possiamo ballare? Possiamo ballare con

gli altri? Siamo ancora capaci di fare passeggiate pomeridiane con altre macchine

desideranti? Berenger ci ha provato. Ma la sua famiglia si rifiutò di volare con lui.

Mi è stato chiesto recentemente quale fosse la mia definizione di an(archia). Non avevo

risposta: perché an(archia) è vita.


66

Quarto Plateau

Prima del decollo

1. Porte della cabina — Chiuse e bloccate.

2. Comandi di volo — Liberi e corretti.

3. Trim dell’elevatore — Impostato per il decollo.

4. Valvola di chiusura del carburante — Aperta.

5. Freni — Inseriti.

6. Acceleratore — 1700 RPM.

• (a) Magneti — Controllo (la caduta di RPM non deve superare i 150 RPM su ciascun

magnete o una differenza di 75 RPM tra i magneti).

• (b) Riscaldamento del carburatore — Controllo (per caduta di RPM).

• (c) Strumenti motore e amperometro — Controllo.

• (d) Manometro del vuoto — Controllo.

7. Strumenti di volo e radio — Impostati.

8. Blocco della frizione dell’acceleratore — Regolato.

9. Flap alari — 0 gradi.


Decollo

1. Flap alari — 0 gradi.

2. Riscaldamento del carburatore — Freddo.

3. Acceleratore — Apertura totale.

4. Controllo dell’elevatore — Sollevare il ruotino anteriore (55 MPH).

5. Velocità di salita — 70-80 MPH.

Istruzioni tratte dal Manuale del proprietario di un Cessna 150 del 1975.


67

Lavoriamo settimana dopo settimana. Finché ognuno di noi quattro sente empaticamente

ciò che sta facendo l‘altro, senza mai dirlo... Ognuno di noi si collega all‘altro, formando

gradualmente un componente di un‘enorme macchina. Ed è proprio questo che cerchiamo

sempre di raggiungere.

Più avanti, puoi inserire piccole pause, strutturarlo mettendo punti di interesse.

Ma la base è sempre la stessa—sono solo quattro persone che cercano di diventare il più

grande possibile... cercando di diventare sempre più grandi e più duri, finché quelle ruote

non atterrano con un colpo ancora più forte!!!

Test Department, intervista in Terminal di Andy Darlington (No. 16/17).

I processi ovunque, i flussi dinamici delle interazioni subatomiche, i flussi chimici—tutti i

processi, tutti i processi an(archici) che emergono da ogni parte... come i flussi

nell‘Evoluzione Creatrice di Bergson, la libido di Freud, l‘energia orgonica di Reich, il DNA

di Monod, ecc. ecc. E poi, naturalmente, i flussi di desiderio degli artisti e della loro arte:*

la loro passione, le loro passeggiate schizofreniche, che sono ancora una volta flussi

an(archici) di desiderio, linee di fuga, come ad esempio le linee di fuga che si trovano nelle

pennellate aspre di Van Gogh e Bacon, e nelle lastre fotografiche che raffigurano

interazioni subatomiche.

Eppure, cosa c‘entra tutto questo con l‘arte e l‘an(archia)? Cosa intendiamo per

rivoluzione molecolare? È forse solo un altro termine da Torre d‘Avorio? Dopotutto, come

possiamo connettere il codice del DNA allo Stato, al corpo fascista, al corpo infettato dagli

organi (o dai micro-poteri)?

Una semplice follia? Ma allora, naturalmente, sappiamo di meglio, vero? Non crediamo più

nelle categorie, fanculo Aristotele! Se Nietzsche e Derrida ci hanno insegnato qualcosa, è

che non esiste più una posizione solitaria e assoluta da sostenere, ma una molteplicità di

posizioni, costantemente in flusso. Questi flussi molecolari, questi flussi di desiderio, sono

a-topici, cioè nomadi e privi di un luogo. Se potessimo localizzarli, diventerebbero

immediatamente punti: Stati, chiese, dittatori, dogmi, ideologie, ecc. No, non vogliamo

niente di tutto ciò. Ciò che è statico è violento e oppressivo, e ne abbiamo avuto

abbastanza di entrambi. Questo saggio avrà come obiettivo la connessione tra i flussi

molecolari e i flussi di desiderio che si trovano negli artisti an(archici) e nella loro arte.

1

―Il biologo che realizza un modello delle catene di RNA e DNA sta trasponendo queste

strutture in un sistema di segni, producendo così un‘intera nuova base di espressione‖,

dice Guattari in Rivoluzione Molecolare1.

E troviamo che questo sia il caso con qualcuno come Jacques Monod. Per Monod, il

codice del DNA è una struttura invariante e territorializzante, così come, ovviamente, lo

sono tutte le strutture. In effetti, le diverse varietà di organismi biologici in natura sono il

risultato di tale invarianza nel codice del DNA. Monod propone che il caso e la necessità

non siano opposti binari esclusivi, ma piuttosto leggi non esclusive della natura.

I componenti universali—i nucleotidi da un lato, gli amminoacidi dall‘altro—sono

l‘equivalente logico di un alfabeto in cui vengono articolate la struttura e, di conseguenza,


68

le specifiche funzioni associative delle proteine. In questo alfabeto può dunque essere

scritta tutta la diversità di strutture e prestazioni contenute nella biosfera. Inoltre, con ogni

generazione cellulare successiva, è la riproduzione ne varietur del testo, scritta sotto

forma di sequenze nucleotidiche del DNA, a garantire l‘invarianza della specie...2 (corsivo

di Monod).

Tuttavia, l‘apparente an(archia) del caso nel codice del DNA di Monod è proprio questo—

un‘apparenza. I flussi molecolari liberi sono tutt‘altro che liberi; essi appartengono a una

ger(archia) in cui il DNA dispotico determina il risultato. Qui si può chiaramente vedere

l‘influenza hegeliano-marxista, vale a dire l‘iper-determinazione onnipervasiva di tutti gli

elementi assorbiti e portati ―avanti‖ dalla Ragione Assoluta. L‘unica differenza è che

Monod chiama la Ragione Assoluta con un altro nome—o più precisamente, DNA. In ogni

caso, i flussi molecolari di Monod diventano fascisti sotto la bandiera del socialismo

liberale... che trasforma ogni flusso e ogni linea di fuga in uno Stato. E non lasciamoci

ingannare dalla retorica: è una menzogna dire che esistano Stati temporanei, che poi si

trasformano in flussi e linee di fuga—anche se questi Stati vengono chiamati ―Stati

proletari.‖

Inoltre, l‘invarianza della struttura del DNA è resa possibile solo facendo appello a ciò che

è più facile da comprendere per la Ragione. Monod osserva:

―Ci si potrebbe chiedere, ovviamente, se tutte le invarianze, le conservazioni e le

simmetrie che costituiscono la trama del discorso scientifico non siano altro che finzioni

sostituite alla realtà per ottenere un‘immagine utilizzabile di essa—un‘immagine

parzialmente svuotata di sostanza, ma accessibile alle operazioni di una logica stessa

fondata su un principio puramente astratto e  ̳convenzionale‘ di identità—una convenzione

di cui, tuttavia, la ragione umana sembra incapace di fare a meno‖3.

Così, Monod fa appello alla Ragione per sostenere la sua teoria dell‘invarianza. E sotto

questo aspetto, la teoria dell‘invarianza di Monod assomiglia a quella di Chomsky. Infatti,

Monod stesso afferma:

―Secondo Chomsky e la sua scuola, un‘analisi linguistica approfondita rivela che, al di

sotto della loro infinita diversità, tutte le lingue condividono una forma di base comune.

Pertanto, Chomsky ritiene che questa forma debba essere considerata innata e

caratteristica della specie. Alcuni filosofi o antropologi si sono scandalizzati per questa

tesi, riconoscendovi un ritorno alla metafisica cartesiana. Tuttavia, a condizione che ne

venga accettato il contenuto biologico implicito, non vedo nulla di sbagliato in essa‖4

(corsivo di Monod).E più avanti:

―Se queste ipotesi sono corrette, la capacità linguistica che si manifesta nel corso dello

sviluppo epigenetico del cervello è oggi parte della  ̳natura umana‘, essa stessa definita

all‘interno del genoma, in un linguaggio radicalmente diverso da quello del codice

genetico5 (corsivo mio).‖

Nota:Un buon esempio di asimmetria è l‘esclusiva mancinizzazione dei neutrini. Come

hanno dimostrato Chen Yang e Tsung Dao Lee, i neutrini hanno solo una rotazione

sinistrorsa, un fatto che viola la teoria di conservazione della parità in natura. Per una

discussione interessante su questo argomento, vedere Heinz R. Pagels, The Cosmic

Code (Bantam Books, pp. 217-218).


69

Si può facilmente trovare una corrispondenza diretta tra le loro teorie dell‘invarianza e le

loro posizioni politiche. Per Chomsky, la sua teoria dell‘invarianza linguistica, o ciò che

chiama grammatica generativa universale, consente lo spazio in cui può esistere una

competenza linguistica ―non causata‖, creativa.

Ma come hanno sottolineato Deleuze e Guattari, la grammatica generativa universale di

Chomsky (come il codice del DNA invariante di Monod) è una fonte di potere e di

autorità—una macchina fascista, per così dire.

La grammaticalità di Chomsky, il simbolo categoriale S, è prima di tutto un marcatore di

potere prima ancora di essere un marcatore sintattico: si costruiranno frasi

grammaticalmente corrette, si separerà ogni enunciato in un sintagma nominale e un

sintagma verbale (la prima dicotomia).6

E, naturalmente, si leggerà e si scriverà come ordinato. Dunque, ciò che abbiamo qui è

una Struttura dispotica che determina la direzione e il flusso di tutti gli elementi all‘interno

del suo regime.

Inoltre, notate da dove Monod e Noam Chomsky argomentano le loro posizioni. Non serve

una lente d‘ingrandimento per vedere che ciò che è in gioco è ancora una volta la vecchia

Ragione platonico-kantiana. Sia nel DNA di Monod che nella grammatica generativa di

Chomsky, troviamo una ger(archia) (l‘albero e la catena) in cui gli elementi a flusso libero

all‘interno delle rispettive Strutture sono regolati e canalizzati:

(1) si scriverà in questo modo, e solo in questo modo, e

(2) si comprenderà la creazione in termini di Codice.

Di conseguenza, Chomsky territorializza il flusso delle parole, e Monod territorializza il

flusso genetico.

In entrambi i casi, la parte razionale di Platone è plasmata in una forma leggermente

diversa. I flussi di desiderio e le linee di fuga sono regolamentati e controllati sia da Monod

che da Chomsky, in un modo simile a quello di Platone. Vale a dire, i flussi di desiderio, i

flussi molecolari, ecc., sono tutti sussunti sotto una Ragione paranoica e insonne. Zeus

non potrà fottere Era sugli scalini del tempio... dovrà aspettare di essere dentro.

Trattenetevi, uomini! La natura dispotica del DNA determinerà il risultato di tutto; e, più

chiaramente, non ci sarà disordine, ma solo un‘organizzazione ger(archica).

Non importa se troviamo la ger(archia) nell‘albero o nella catena. Alla fine, l‘albero e la

catena si riducono alla stessa cosa—ossia, alla Ragione. Troppe corde in uno strumento

portano all‘an(archia), dice Platone ne La Repubblica. La musica deve essere ordinata e

armoniosa, non deve esserci dissonanza o discordia. Per risolvere il problema dell‘Uno e

dei Molti, Platone ha scelto l‘Uno invece dei Molti, e l‘Essere invece del Divenire. E

duemila anni dopo, troviamo la stessa mossa in Monod e Chomsky, solo che questa volta

l‘Essere e l‘Uno sono stati dati nomi diversi—vale a dire, DNA e grammatica generativa.

L‘Uno è la Ragione: la Struttura guida di tutte le strutture, la Struttura che permette di

vedere il mondo in termini di strutture. E i Molti? I Molti sono gli istinti originari non

razionali: le passioni, i desideri, ecc., tutto ciò che è nomadico e a-topico: tutto ciò che è a

flusso libero e non localizzabile, linee invece di punti, movimento invece di stati.


70

Come ha sottolineato Bergson, ci occupiamo di ―stati‖ solo perché la Ragione ha bisogno

di congelare il movimento per comprendere il fenomeno. Il movimento non corrisponde

alla Ragione, ma agli affetti, ai flussi di desiderio, alla produzione di desiderio, alle

passioni, che sono sempre attive.

Se Monod e Chomsky vi dicono che la creatività è possibile nella necessità, che la libertà

è possibile nella necessità, che la libertà è possibile in una Struttura universale, non

credeteci—almeno, non più di quanto dovreste credere che la libertà sia possibile in uno

Stato politico. Non dimentichiamo che uno Stato è semplicemente un momento congelato.

E un momento congelato dalla Ragione per mantenere tutti gli elementi in un insieme

gestibile, codificato, e ovviamente, fisso.

Camus, ad esempio, era ben consapevole del fatto che lo Stato opera attraverso la

Ragione e che l‘oppressione dello Stato è sempre il risultato della Ragione.* E, come

osserva Lyotard in Driftworks:

―Ragione e potere sono una cosa sola. Si può mascherare l‘uno con la dialettica o con la

prospettiva, ma si avrà comunque l‘altro nella sua crudezza: prigioni, tabù, bene pubblico,

selezione, genocidio.―6

Troppe corde? Questo è un problema! Come si codifica la molteplicità delle corde, dei

flussi? Come si territorializzano (o si ancorano) i desideri in modo che rimangano

subordinati al Maestro, la Ragione? Forse l‘installazione di una macchina territorializzante

è la risposta, come ad esempio la macchina educativa di Platone.

La macchina di Platone ha funzionato, prima deterritorializzando le passioni (sì, potete

scopare se volete) e poi riterritorializzandole a un certo punto (no, non potete fottere Era

sugli scalini del tempio). Tutto va bene fintanto che la macchina territorializzante è in

funzione, finché il contenuto è lì; vale a dire, il codice del DNA, la grammatica generativa

universale, la dialettica, la Conoscenza Assoluta, i noumeni, i fenomeni, il Significato

Trascendentale, Dio, ecc. ecc.

I flussi di desiderio non codificati devono essere trasformati in unità referenziali e

significanti e devono rimandare a un contenuto, a un‘autorità—chiamatela DNA,

grammatica universale o Edipo. In ogni caso, l‘ordine deve essere imposto.

Ma cosa succede se non c‘è Edipo, nessun codice del DNA, nessuna grammatica

generativa? Se non c‘è Dio, nessun Orizzonte, nessun Referente? Chiede il paranoico

tremante. E Hobbes risponde. I flussi molecolari devono essere regimentati per il

paranoico.

Vivere nel mondo postmoderno, cioè in un mondo nietzschiano, significa essere

abbastanza coraggiosi da navigare in un vasto oceano il cui orizzonte è stato cancellato

da una spugna. Questi uomini—Chomsky e Monod—hanno paura di navigare senza una

bussola.


71

La filosofia analitica, la psicologia cognitiva, il comportamentismo—tutti questi sono effetti

collaterali della morte del Referente. E il tipo di arte che risulta da questa paura è arte

fascista: arte in cui i flussi di desiderio sono rappresentati, circolarizzati e regimentati.

Il momento in cui l‘arte e gli artisti diventano a-significanti, diventano liberi e indipendenti

da ogni ger(archia).

L‘arte a-significante è una delle molte manifestazioni della produzione di desiderio.

―Il desiderio non vuole la rivoluzione. Esso è rivoluzionario di per sé, come se fosse

involontariamente rivoluzionario, volendo ciò che vuole.―7

Dunque, la produzione di desiderio, o il desiderio attivo, è una minaccia per il corpo

infettato dagli organi (o dai contenuti), e l‘arte an(archica), essendone una manifestazione,

è anch‘essa una minaccia.

Infatti, la vera arte rivoluzionaria non si definisce nemmeno con quel nome, perché farlo

significherebbe darsi un nome, un referente, un punto localizzabile, un‘origine... tutto ciò

che è reattivo invece che attivo e libero.

L‘arte an(archica) è precisamente tale perché si rifiuta di chiamarsi con un nome.

La cosiddetta arte an(archica) è una delle molte manifestazioni del desiderio attivo.

Non reagisce a una Struttura, non fa riferimento a un‘autorità, è un flusso di desiderio,

come il libero flusso molecolare senza l‘invarianza del codice del DNA.

O, per dirla nel linguaggio di Chomsky, è una lingua senza una grammatica generativa

universale.

2

Tutti questi processi, tutti questi flussi molecolari avvengono sul corpo senza organi, sul

piano di consistenza (Mille Piani).

Eppure, alcuni di questi flussi molecolari vengono arrestati dagli aggregati molari e

ancorati ai corpi con organi, al corpo fascista.

Il neonato deformato in Eraserhead è un insieme di organi senza un corpo: il prodotto di

una cattiva connessione tra due macchine desideranti.

Gli embrioni semi-formati schiacciati dalla donna mostruosa che canta... un inferno di

desiderio, mentre i suoni delle macchine industriali fasciste risuonano in sottofondo—le

stesse macchine che si ritrovano anche nel successivo film di David Lynch, The Elephant

Man.

Ancora una volta, la mostruosità si manifesta a livello molare, a livello degli organi, non del

corpo.


72

Il neonato è deformato perché non ha un corpo. Ha invece i suoi organi avvolti in un

piccolo pezzo di stoffa.

David Lynch si concentra sugli organi attaccati al corpo: i tumori della donna mostruosa in

Eraserhead, i tumori di John Merrick in The Elephant Man, e infine un corpo di flussi nella

sua versione cinematografica di Dune di Frank Herbert.

Qui, finalmente, abbiamo un deserto invece di macchine industriali... un corpo senza

organi da attraversare, e flussi (d‘acqua) da rilasciare.

Il despota arriva dal deserto per territorializzare i flussi sul corpo—e alla fine otteniamo

persino un certo tipo di profitto.

O più precisamente, qui troviamo un‘economia, come il capitalismo, in cui i flussi d‘acqua

vengono territorializzati invece dei flussi di capitale.

(La schizofrenia viene arrestata come processo e trasformata in uno Stato).

I flussi di desiderio vengono guidati e canalizzati in una direzione specifica.

E ancora, qui ci troviamo di fronte alla forma più atroce di violenza e perversione.

Qui la mostruosità affonda le sue radici.

Il tubo che collega due ani in Some Weaknesses di Michael Gira è l‘esempio perfetto.

―Quando uno di noi fa la cacca, la pressione si accumula nel tubo e lentamente la merda

risale nell‘ano dell‘altro.

Lei mi insulta. (Posso capirlo dall‘espressione di fame-rabbia sul suo volto) perché non

cago più spesso.

Vuole che la mia merda le risalga nel culo.

So di poterla trattenere. Anche lei lo sa.

Ecco perché mi ha tappato la bocca e le orecchie, così alla fine sarebbe dovuta uscire dal

mio culo.

Ma non lo farò.

In questo momento, sento che mi sta risalendo in gola, e da un momento all‘altro inizierà a

uscire dalle mie narici, prima in gocce lente, poi in un rapido doppio getto che punterò

sulla sua faccia brutta ed egoista.―9

D: E di cosa si tratta?

R: Una connessione tra due macchine desideranti che vogliono far fluire il loro desiderio in

qualcosa—qualsiasi cosa.


73

Sì, la merda scorrerà, ma avrà la sua destinazione.

Nel caso di Gira, la destinazione è la bocca e le narici.

(Nel linguaggio della psicoanalisi, il vecchio problema della ―ritenzione anale‖ trova qui una

parziale risposta).

In ogni caso, i flussi di Gira sono diversi dai flussi che troviamo in Beckett.

La bocca in Not I parla senza un referente, senza un significato, senza un contenuto.

Qui abbiamo flussi liberi di parole e desideri.

Quando urla, scuote il nostro stesso essere perché è una voce che viaggia nello spazio,

nel deserto, e attraversa il corpo senza organi per non tornare mai più.

È una voce che vaga per sempre.

E sì, è una voce terrificante.

Tutti questi processi, tutti questi flussi molecolari avvengono sul corpo senza organi, sul

piano di consistenza (Mille Piani).

Eppure, alcuni di questi flussi molecolari vengono arrestati dagli aggregati molari e

ancorati ai corpi con organi, al corpo fascista.

Il neonato deformato in Eraserhead è un insieme di organi senza un corpo: il prodotto di

una cattiva connessione tra due macchine desideranti.

Gli embrioni semi-formati schiacciati dalla donna mostruosa che canta... un inferno di

desiderio, mentre i suoni delle macchine industriali fasciste risuonano in sottofondo—le

stesse macchine che si ritrovano anche nel successivo film di David Lynch, The Elephant

Man.

Ancora una volta, la mostruosità si manifesta a livello molare, a livello degli organi, non del

corpo.

Il neonato è deformato perché non ha un corpo. Ha invece i suoi organi avvolti in un

piccolo pezzo di stoffa.

David Lynch si concentra sugli organi attaccati al corpo: i tumori della donna mostruosa in

Eraserhead, i tumori di John Merrick in The Elephant Man, e infine un corpo di flussi nella

sua versione cinematografica di Dune di Frank Herbert.

Qui, finalmente, abbiamo un deserto invece di macchine industriali... un corpo senza

organi da attraversare, e flussi (d‘acqua) da rilasciare.


74

Il despota arriva dal deserto per territorializzare i flussi sul corpo—e alla fine otteniamo

persino un certo tipo di profitto.


O più precisamente, qui troviamo un‘economia, come il capitalismo, in cui i flussi d‘acqua

vengono territorializzati invece dei flussi di capitale.

(La schizofrenia viene arrestata come processo e trasformata in uno Stato).

I flussi di desiderio vengono guidati e canalizzati in una direzione specifica.

E ancora, qui ci troviamo di fronte alla forma più atroce di violenza e perversione.

Qui la mostruosità affonda le sue radici.

Il tubo che collega due ani in Some Weaknesses di Michael Gira è l‘esempio perfetto.

―Quando uno di noi fa la cacca, la pressione si accumula nel tubo e lentamente la merda

risale nell‘ano dell‘altro.

Lei mi insulta. (Posso capirlo dall‘espressione di fame-rabbia sul suo volto) perché non

cago più spesso.

Vuole che la mia merda le risalga nel culo.

So di poterla trattenere. Anche lei lo sa.

Ecco perché mi ha tappato la bocca e le orecchie, così alla fine sarebbe dovuta uscire dal

mio culo.

Ma non lo farò.

In questo momento, sento che mi sta risalendo in gola, e da un momento all‘altro inizierà a

uscire dalle mie narici, prima in gocce lente, poi in un rapido doppio getto che punterò

sulla sua faccia brutta ed egoista.―9

D: E di cosa si tratta?

R: Una connessione tra due macchine desideranti che vogliono far fluire il loro desiderio in

qualcosa—qualsiasi cosa.

Sì, la merda scorrerà, ma avrà la sua destinazione.

Nel caso di Gira, la destinazione è la bocca e le narici.

(Nel linguaggio della psicoanalisi, il vecchio problema della ―ritenzione anale‖ trova qui una

parziale risposta).

In ogni caso, i flussi di Gira sono diversi dai flussi che troviamo in Beckett.


75

La bocca in Not I parla senza un referente, senza un significato, senza un contenuto.

Qui abbiamo flussi liberi di parole e desideri.


Quando urla, scuote il nostro stesso essere perché è una voce che viaggia nello spazio,

nel deserto, e attraversa il corpo senza organi per non tornare mai più.

È una voce che vaga per sempre.

E sì, è una voce terrificante.

Una bocca terrificante a causa della sua solitudine.

D‘altra parte, mentre la bocca di Gira ci disgusta, non ci fa tremare... vediamo il tubo che

collega A a B, ma la laringe in Beckett?

La bocca di Beckett è la bocca del nomade che grida in mezzo al deserto.

Non è una voce che mira a qualcosa in particolare, ma semplicemente una voce—una

voce terrificante.

La stessa voce che sentiamo ascoltando le registrazioni di Artaud mentre canta—non

tanto una voce quanto un suono, un suono molto ―crudele‖ perché è un suono inquietante

di cui non sappiamo né da dove provenga né dove sia diretto.

In ogni caso, ciò che è in gioco qui è la de-significazione della voce, cioè le sue possibilità

an(archiche) e non referenziali.

Il problema dell‘espressione an(archica) sorge quando la voce è connessa o accoppiata a

un codice sociale invariante (DNA) e alla grammatica generativa universale.

Ad esempio, la gang di giovani in Arancia Meccanica di Anthony Burgess è un gruppo

micro-fascista, precisamente perché tutto ciò che fa è sostituire un codice con un altro, o

più precisamente, un codice di abbigliamento con un altro, un codice linguistico con un

altro.

Quindi, ciò che sostituisce è un sistema di significazione con un altro.

In breve, la gang micro-fascista in Arancia Meccanica di Burgess mantiene il proprio

registro semiotico significantivo; e fa tanto parte del codice stabilito quanto la polizia.

La polizia riesce a de-programmare Alex semplicemente invertendo il codice per leggerlo

al contrario, un progetto abbastanza semplice.

Ecco perché qualcuno come Eco è un fascista: la sua teoria della produzione del codice è

una teoria dell‘invarianza linguistica (fascista), che rende impossibile la ribellione contro

l‘ordine stabilito o il codice.


76

Per Eco, si deve sempre rimanere un lettore modello, e mai un sabotatore di codici.

Il codice viene semplicemente trasferito da un lato all‘altro: dalla disobbedienza

all‘obbedienza, dall‘irrispettosità al rispetto, dal desiderio alla mancanza di desiderio, e

così via.


Tutto ciò che serviva nel caso di Alex era un semplice dispositivo per costringerlo a tenere

gli occhi aperti.

Il problema qui è il corpo come limite, il corpo come muro e, naturalmente, il corpo come

Struttura—come nella Grande Muraglia Cinese di Kafka.

Bisogna rompere i muri, frantumarli in mille pezzi, ma mai piangere davanti a loro.

Il Maldoror di Lautréamont, per esempio, si avvicina al limite; tuttavia, alla fine, lascia

semplicemente il mondo della Terra per il mondo del Mare... solo per creare un‘inversione

psicopatica dell‘uno nell‘altro.

Chi se ne frega se Dio siede su un trono o su un mucchio di merda?

Chi si preoccupa dell‘opposizione Bene/Male?

Ce ne siamo lasciati tutto questo alle spalle molto tempo fa.

Che Maldoror diventi uomo o squalo è irrilevante. In ogni caso, uomini e squali hanno i

loro codici. Il codice di Maldoror è semplicemente l‘opposto del codice del ―Bene‖.

È interessante notare che, come il suo compatriota francese, il Marchese de Sade, tutto

ciò che ha fatto è stato sostituire un codice con un altro. Ha rimpiazzato il codice del

―Bene‖ con il codice del ―Male‖, proprio come de Sade ha sostituito il codice borghese del

suo tempo con il codice della ―libertinaggine‖.

De Sade voleva che il mondo diventasse libertino, Maldoror voleva che il mondo

diventasse malvagio: il primo desiderava un mondo come Casa della Libertinaggine, il

secondo un mondo come Mare... un Mare di sangue infinito.

Lautréamont e de Sade volevano qualcosa che rimanesse invariante, qualcosa che

rimanesse divino—una divinità intrisa di sangue forse, ma pur sempre una divinità.

Alla fine, erano entrambi interessati agli stati dell‘essere piuttosto che ai processi del

divenire.

Inoltre, entrambi erano ossessionati da un corpo da contare.

Maldoror era interessato alla logica e alla matematica del Male, mentre de Sade alla logica

e alla matematica del sesso.

Il vecchio conteggio dei corpi: ―Quanti ne ho uccisi?‖ e ―Quanti ne ho scopati?‖


77

Sì, la matematica e il corpo fascista sono sempre collegati.

Il conteggio dei corpi e il corpo da contare appartengono alla formazione fascista, come

nel caso del corpo di Hemingway: il corpo di una macchina paranoica che tiene una pistola

in mano, fiero dei suoi trofei di caccia che giacciono su un tavolo sullo sfondo—come i

trofei da bowling dei fratelli Logan.12

E poi abbiamo il corpo di Stanley Kowalski... misure così perfette, bicipiti così ben fatti.


E allora, cosa ci fanno tutte queste pellicce qui? E che mi dici di queste perle, Stella? Dove

sono le tue perle, Stella?

Vuole che qualcuno entri e valuti i ―beni‖ di Blanche.

Stanley Kowalski vuole numeri, cifre, non è mai stato bravo in inglese.

Come ha fatto Blanche a perdere Belle Reve?

Ma la povera Blanche non sa nulla di numeri—stava semplicemente facendo una

passeggiata molto tempo fa e non ha visto il muro in tempo per evitarlo.

Il corpo di Blanche non è un corpo da contare.

E Stanley, come deve affrontare un corpo non numerabile, un corpo senza organi?

Beh, deve delimitare il territorio, deve misurarlo, deve territorializzare i flussi di desiderio di

Blanche.

Nello stato della Louisiana, esiste un codice napoleonico che stabilisce che ciò che

appartiene al marito appartiene anche alla moglie, e viceversa.

Napoleone, il despota, vuole assicurarsi di non essere truffato, che la matematica sia

corretta, e se non lo è, beh, la povera Blanche deve essere rinchiusa.

Ecco perché Stanley la fa internare in un istituto mentale.

Qui non ci sarà alcuna macchina desiderante an(archica)—forse sono contagiose, e

questa è la sua paura.

Il paranoico deve rinchiudere la piccola macchina desiderante di Belle Reve.

Nel territorio di Stanley non ci saranno processi, solo Stati: tutto deve rimanere immobile, i

giochi di bowling, il poker, le bevute pesanti, il lavoro in fabbrica.

No, le macchine desideranti non devono essere morbide, devono essere rigide e

funzionare esclusivamente all‘interno del regime prescritto.


78

Ecco perché Stanley Kowalski racconta tutto a Mitch sulla vita di Blanche—non vuole

un‘altra macchina desiderante morbida nei paraggi.

Le macchine devono essere fatte di metallo, come le macchine desideranti distruttive e

fasciste di Mark Pauline... quelle che ha liberato nei luoghi pubblici: macchine che in effetti

hanno ferito le persone.13

Queste macchine, questi corpi, sono i nemici dei flussi.

Tuttavia, esistono corpi an(archici) ed esistono macchine desideranti an(archiche), come

quelle che troviamo nella letteratura...

Henry Miller.

I suoi corpi sono fatti di flussi, di processi. E nelle sue mani c'è sempre una chiave inglese,

pronta a liberare i flussi del corpo senza organi, i flussi del desiderio.

I corpi di Miller sono sempre in movimento, corpi che fanno sesso ovunque, che rilasciano

flussi di sperma, che eiaculano senza preoccuparsi del luogo.

Per lui, non esistono posti sacri per il sesso-scoperà (Era)

ovunque, perché i luoghi sacri appartengono ai paranoici.

Ecco perché i corpi selvaggi di Wyndham Lewis non sembrano mai abbastanza selvaggi:

anzi, danno l'impressione di essere statici.

La loro selvatichezza, la loro dinamica, è sempre contestualizzata: selvaggi in

Britannia, selvaggi in Spagna, selvaggi in qualche posto specifico—e quindi non

veramente selvaggi.

Un corpo davvero libero non ha mamma e papà, né una patria o una terra a cui

appartenere.

Il corpo senza organi non è altro che una superficie indistinta, un piano di consistenza,

sempre a-topico, senza un luogo preciso.

È lo spazio delle macchine desideranti-come quelle che troviamo in The White Hotel di

D. M. Thomas on i suoi flussi di latte, di spen., di sangue.

O quelle che incontriamo in The

Unlimited Dream Company di J.

G. Ballard.

Blake è una macchina desiderante: inizia con una passeggiata e finisce su una linea di

fuga, un Cessna 150 diretto in un mondo dionisiaco di desiderio, dove gli esseri umani

diventano uccelli, dove i corpi si liberano della gravità, si fanno leggeri, passionali.


Nel mondo di Blake, non esistono più mamma, papà, bambini, né soggetti differenziati-

esistono solo


corpi senza organi, in un movimento continuo.

3

Linee, non punti: è questo ciò che ci interessa. A differenza di Georges Seurat, definiamo

la realtà in termini di linee invece che di punti. Interpretiamo la luce in termini di onde, non

di particelle o fotoni. E come Charles Bukowski, siamo interessati solo alle linee. Né i suoi

―punti‖ né le sue ―virgole‖ appartengono all‘albero grammaticale di Chomsky. Ciò che si

trova nella letteratura di Bukowski, dalla poesia alla prosa, è una certa forma di scrittura

rizomatica o lineare, in cui la gerarchia grammaticale e la struttura vengono rifiutate.

Le virgole suggeriscono relazione, ordine, struttura; ciò che invece deve emergere è la

brutalità dei fatti stessi, e questi devono rimanere il più possibile privi di struttura.


79

Lo stesso vale per la poesia di John Cage e e.e. cummings. Virgole, punti, punti e virgola:

tutti questi dispositivi grammaticali rendono impossibile l‘espressione affettiva: trasformano

l‘affettività in espressione linguistica, sostituendola con la plasticità del linguaggio.


Uno dei primi artisti ad aver notato questo problema fu Tristan Tzara. Tzara voleva che

l‘espressione rimanesse interamente affettiva; voleva lasciare il linguaggio privo di

ornamenti, privo di struttura e libero dal dispotismo della coscienza.

―Il governo è un albero‖, dice John Cage in X. E l‘albero è sempre un modello di gerarchia

e oppressione, come per esempio l‘albero della conoscenza, che, come sappiamo da

Foucault, è sempre collegato al potere. No, non vogliamo alberi, ma rizomi. Non

dimentichiamo gli ―alberi piantati‖ di Robespierre e ciò a cui hanno portato.

Se desideri un‘ulteriore revisione o adattamento della traduzione in base a un contesto

specifico, fammelo sapere!

88

Questa era l‘intera idea alla base del movimento dadaista, da non confondere con il

movimento surrealista. Non si aveva interesse per la grammatica corretta, non si badava

al dispotismo di una grammatica generativa universale, non ci si preoccupava di inizi o

finali adeguati... Non si iniziava mai un pezzo di scrittura, si entrava semplicemente in un

processo già in movimento, e lo si faceva sempre da una molteplicità di direzioni, proprio

come si entra in una mappa.

Si trova questo tipo di scrittura lineare in Artaud e Bukowski. Nei loro scritti non ci sono né

inizi né finali, e certamente non c‘è né orgasmo né climax. La loro scrittura è interamente

composta da plateau, migliaia di plateau, linee di intensità e, a differenza della scrittura

letteraria tradizionale, non è orgasmica; ovvero, non ha finali espliciti, ma piuttosto

processi, linee di intensità più forti di qualsiasi orgasmo, più forti di qualsiasi climax. La vita

è implicita nelle linee, laddove la morte è implicita nei punti, nell‘orgasmo. L‘orgasmo è

una conclusione, un risultato, un punto, un periodo... molto simile alla morte. C‘è persino

una certa deflazione in esso, che è facilmente associabile alla morte, come, per esempio,

l‘orgasmo-morte nel film di Ōshima, Ecco l‘impero dei sensi.

Ci sono persone che si sono impiccate per raggiungere l‘orgasmo. L‘orgasmo è come

l‘idea capitalista di una ―vacanza‖: intensità temporanea, e poi si ritorna al lavoro — o si

muore. Questo è anche il motivo per cui Nietzsche scriveva aforismi. Nietzsche si

interessava alle intensità, ai flussi del desiderio, alla linearità e, proprio per questo, i suoi

aforismi dovrebbero essere letti come plateau, come linee di intensità, come

manifestazioni dell‘affettività. E lo stesso vale per La Rochefoucauld e gli haiku di Bashō:

questo è il modo corretto di leggere un haiku. Ma in Occidente, tutto viene inglobato sotto

il dominio del Linguaggio e della Ragione. Ecco perché Artaud si rivolse all‘Oriente per

praticare il suo ―atletismo affettivo‖.

Ora diamo un‘occhiata al Bolero di Ravel. Qui troviamo una macchina affettiva e un certo

modo di divenire-intenso (devenir-intense) attraverso l‘aumento della velocità. Il Bolero di

Ravel può iniziare sia ―veloce‖ che ―lento‖, e la sua durata è determinata di conseguenza


80

dal direttore d‘orchestra. Per questo, il Bolero è un ottimo esempio di ciò che Deleuze e

Guattari chiamano divenir-intenso (Mille Plateaux).

Il problema del Bolero è che termina con un‘esplosione, con un climax, con un orgasmo, e

perciò è arborescente piuttosto che rizomatico. Dopotutto, proprio per questa ragione il

Bolero venne usato nella commedia erotica americana 10. In breve, il Bolero assomiglia

troppo al capitalismo. I flussi deterritorializzati all‘inizio del Bolero vengono riterritorializzati

nel climax e nella conclusione esplosiva.


Questo doppio processo di deterritorializzazione e riterritorializzazione è visibile in modo

esplicito nella quasi-atonalità delle composizioni di Schoenberg. Schoenberg non fu mai in

grado di portare fino in fondo i suoi tentativi di comporre musica dissonante. Le poche

volte in cui permise la dissonanza, lo fece solo con l‘intenzione di radicarla in una struttura

ben definita alla fine. Di conseguenza, ogni sua composizione rimase sempre all‘interno

del modello armonico della musicologia classica, e i suoi pezzi, per quanto ―dissonanti‖ o

―disfunzionali‖ potessero sembrare, rimasero sempre all‘interno dello stato classico

dell‘armonia.

Di fatto, Schoenberg assomiglia sia a Chomsky che a Monod, nella misura in cui

l‘apparente an(archia) delle sue composizioni è, in realtà, solo apparente. Schoenberg non

fu mai interessato alla schizofrenia della musica come processo, ma piuttosto alla

schizofrenia della musica come stato (la dicotomia armonia/dissonanza).

Schoenberg credeva nella Struttura tanto quanto Monod e Chomsky. Voleva che i flussi

fossero regimentati e incanalati in una direzione precisa e, come Aguirre in Aguirre, furore

di Dio di Herzog, voleva essere il direttore d‘orchestra. Schoenberg stesso dichiarò:

Ero costantemente preoccupato dall‘intenzione di fondare la struttura della mia musica

consapevolmente su un‘idea unificante che producesse non solo altre idee, ma regolasse

anche il loro accompagnamento e gli accordi, le ―armonie‖ (corsivo mio).

Ciò che voleva, proprio come Chomsky e Monod, era che qualcosa rimanesse invariante.

In questo senso, la musica di Schoenberg assomiglia al capitalismo: la schizofrenia

implicita nella dissonanza viene arrestata e trasformata in uno stato.

I flussi di desiderio che Platone tanto temeva vengono territorializzati o radicati nel corpo

capitalistico, o, che è lo stesso, nel corpo fascista. Schoenberg, come Platone, ci permette

di fare una passeggiata schizofrenica, ma mai troppo lontano.

Questo è esattamente il modo in cui funziona il capitalismo: i punti vengono trasformati in

linee, solo per essere nuovamente trasformati in punti.

Lo stesso vale per la letteratura di Louis-Ferdinand Céline (Guignol‘s Band, per esempio).

Guignol‘s Band è una macchina paranoica che, mostrando il mondo come caos e

dissonanza, cerca di inglobare il caos sotto il dominio della Legge. Questo è ciò che

Céline desiderava: un mondo di autorità e legge.


81

Lyotard ci dice in Driftworks che la disfunzione crea un desiderio di ristabilire la forma

corretta, ed è per questo che Céline scrisse nel modo in cui scrisse. Non fatevi ingannare

dal suo stile apparentemente an(archico): non era affatto anarchico.

Non più armonie, per favore! La musica, come ogni altra forma d‘arte, dovrebbe essere

libidinale, la musica dovrebbe essere intensa, come un dipinto di Pollock — un‘esplosione

di colori, una molteplicità di colori, senza che nessuno prevalga sugli altri.

Il jazz è così: non c‘è dominio in esso, anche se è eccessivamente codificato come

linguaggio musicale. Forse il suo unico difetto è una certa mancanza di dinamismo, una

certa mancanza di energia dionisiaca — il tipo di energia dionisiaca che si trova nei tratti

duri e profondi di Van Gogh, e in particolare nel suo Notte stellata.

Vogliamo flussi senza struttura, venti selvaggi e appassionati di desiderio.

E, come in Blake (The Unlimited Dream Company) e Bérenger (A Stroll in the Air),

vogliamo prendere il volo.

Vogliamo diventare uccelli; ci interessa il processo di divenire-animale, di divenire-uccello,

non solo metaforicamente, ma letteralmente.

Le piste di decollo sono ovunque, basta usarle.

Blake iniziò accoppiandosi con un‘altra macchina del desiderio (una Cessna 150), e finì

per accoppiarsi con l‘intera città di Shepperton.

Più in alto si vola, più facile diventa.

Ciò che impedisce alla maggior parte delle persone di prendere il volo con Blake, ciò che

impedisce loro di prendere lezioni di volo, è la paura.

La paura che potrebbero divertirsi.

La paura che potrebbero sentirsi vivi per una volta.

Come dicono i Sex Pistols, per la maggior parte delle persone:

―È troppo divertente essere vivi.‖

Vi lasciamo, dunque, con semplici istruzioni per imparare a volare.

Questo è ciò che significano rivoluzione molecolare, arte e an(archia).

Non c‘è mai stato nulla di più di questo.

Dimenticate Marx, Bakunin, Kropotkin e tutti gli altri.

Quegli uomini barbuti.

Ne abbiamo abbastanza di uomini barbuti.


82

Questi uomini appartengono alla storia, e noi ne abbiamo abbastanza della storia.

Fanculo la Storia, siamo stanchi della puzza che emana dai morti!

Vogliamo invece una nomadologia.

Vogliamo muoverci, danzare, volare, vivere!

Se desideri un‘ulteriore revisione o adattamento, fammelo sapere!


83

QUINTO PLATEAU


È l‘eredità del peso di essere condannati a vivere il ruolo

dell‘―Altro‖. La colpa non dovrebbe essere vista come

esistente principalmente negli individui vittimizzati, ma

piuttosto nelle strutture di potere demoniache che inducono

gli individui a interiorizzare false identità.


Mary Daly

Beyond God the Father


I movimenti di liberazione femminile hanno ragione nel dire:

Non siamo castrate, quindi voi venite fottuti... Dovrebbe

essere riconosciuto che i movimenti di liberazione femminile

contengono, in uno stato più o meno ambiguo, ciò che

appartiene a tutti i requisiti della liberazione: la forza

dell‘inconscio stesso, l‘investimento del desiderio nel campo

sociale, il disinvestimento delle strutture repressive.


Gilles Deleuze & Félix Guattari

Anti-Edipo


84

La struttura fascistica del desiderio reattivo e la sua relazione con la dominazione

delle donne


Negli ultimi duemila anni, filosofo dopo filosofo e psicologo dopo psicologo (e io includo

Platone come il primo psicologo) ci hanno detto che il desiderio è il bisogno irrazionale e

ossessivo di avere qualcosa che ci manca. E, come bravi e obbedienti studenti e

consumatori sia della filosofia che della psicologia, abbiamo accettato questa visione del

desiderio senza metterla in discussione — una visione del desiderio che è stata usata, da

Platone fino al mondo postmoderno delle tecnologie pubblicitarie, per controllare e

regolare le vite degli esseri umani, secondo il modo che ritenevano più opportuno.


In breve, questa visione del desiderio è diventata uno strumento fascista, una chiave

inglese dell‘oppressione.

Di fatto, nel secolo scorso questa idea ha condotto alla ―soluzione finale‖ di Hitler.

Tutto ciò che Hitler doveva fare era convincere il popolo tedesco che ciò che desiderava

— e, naturalmente, ciò che gli mancava — era una Germania ―pulita‖, una Germania priva

della ―sporcizia ebraica‖.

Ancora una volta, ciò che è implicito in questa visione e ciò che è importante per noi qui è

il suo carattere oppressivo.

Per i nostri scopi, ci concentreremo su quale ruolo giochi questa visione del desiderio in

relazione al concetto freudiano di ―invidia del pene‖ e al ben noto complesso edipico, con il

suo carattere repressivo-oppressivo.

Inoltre, forniremo una teoria alternativa del desiderio, che sia attiva e produttiva, invece

che reattiva e oppressiva, come in Freud.

Dichiariamo qui che quest‘altra modalità di comprensione del desiderio è l‘unica

rivoluzionaria e, quindi, costruttiva.

Pertanto, partendo da questa visione del desiderio — ovvero, il desiderio attivo, con le sue

implicazioni femministe — offriremo anche un modo alternativo di guardare agli esseri

umani.

Rifiutiamo completamente, e in qualsiasi forma, il vecchio modello di relazione tra gli

esseri umani basato su soggetto-oggetto, sé-altro, e su una visione personologica delle

relazioni umane.

Al contrario, proponiamo una visione an(archica) delle relazioni umane, in cui il potere non

gioca alcun ruolo.


85

Nel linguaggio di Deleuze e Guattari, vogliamo trattare gli esseri umani come macchine

desideranti interconnesse, per le quali le relazioni non sono verticali e gerarchiche, ma

orizzontali e an(archiche).

Questa visione è completamente diversa dalla visione verticale e gerarchica di Freud, che

trova la sua forma più chiara ed esemplare nella gerarchia repressiva-oppressiva del

triangolo edipico.

Se desideri un‘ulteriore revisione o adattamento, fammelo sapere!

1

Secondo la teoria freudiana dell‘―invidia del pene‖, le bambine realizzano, intorno ai tre

anni di età, di ―mancare‖ di qualcosa.

La piena consapevolezza di questa mancanza arriva quando confrontano i loro genitali

con quelli dei loro coetanei maschi.

Di conseguenza, le bambine sentono di essere state castrate e invidiano i ragazzi non

castrati perché possiedono i peni che loro stesse non hanno.

I loro clitoridi diventano per loro il promemoria di ciò che non hanno.

Di conseguenza, affrontano questa complessa situazione sublimando il desiderio del pene

nel desiderio di un bambino, ossia diventando una donna ―normale‖, o sviluppando una

nevrosi, oppure attraverso un cambiamento di personalità che Freud descrive come il

complesso di mascolinità, un tipo di carattere che cerca di negare l‘esistenza di qualsiasi

mancanza (corsivo mio).

Notate come sono stati definiti normalità e anormalità:

• Una donna ―normale‖ è definita come una donna che ha accettato il ―fatto‖ che invidia e

desidera un pene.

• Una donna ―anormale‖, invece, è definita come una donna che nega il ―fatto‖ che le

manchi, che lo invidi e che lo desideri.

Dunque, al centro dell‘oppressione delle donne troviamo una visione fallicentrica del

mondo, fondata sul desiderio reattivo.

Di conseguenza, qualsiasi donna che rifiuta di vedere il mondo in termini del fallo viene

considerata nevrotica o altamente irrealistica.

Alla base del fallicentrismo, troviamo ciò che Derrida ha definito ―metafisica della

presenza‖.

Cosa significa questo per le donne?


86

Significa che la realtà viene definita in termini di una dicotomia presenza/assenza, e che la

donna corrisponde al lato dell‘assenza di questa divisione.

Troviamo questa stessa visione in Platone e Aristotele, fino a Freud e Sartre.

• Per Platone, la donna rappresentava la parte appetitiva e inferiore dell‘anima, che

doveva essere subordinata alla parte superiore e razionale dell‘anima, poiché la donna

mancava di ragione.

• Nella Repubblica (Libro VIII), Platone accusa la madre di essere una cattiva influenza sul

figlio.

• Il padre, al contrario, viene ritratto come l‘uomo razionale, che non si preoccupa né degli

onori né della ricchezza.

Per Aristotele, come sottolineato da Caroline Whitbeck, la donna è un uomo incompleto,

poiché le manca il pneuma o lo sperma, ovvero il movimento e la forza creatrice della vita.

Secondo Aristotele:

Le donne, e allo stesso modo le femmine di altre specie, hanno meno calore intrinseco,

vitale o dell‘anima rispetto agli uomini o ai maschi della specie.

Dunque, ciò che manca o è assente nella donna è il movimento e il processo che invece è

presente nella natura dello sperma maschile.

Aristotele stesso afferma:

La femmina, infatti, è femmina a causa di un‘inabilità di qualche tipo, ovvero, manca della

capacità di elaborare lo sperma a partire dallo stato finale di nutrimento... (corsivo mio).

E così, la donna viene definita come passiva, mentre l‘uomo viene definito come attivo.

Ma su questo torneremo più avanti.

Se ci rivolgiamo a un pensatore a noi più vicino, Jean-Paul Sartre, vediamo che egli

definisce la donna in termini di una sorta di mancanza o assenza.

In poche parole, Sartre definisce la donna come un buco.

Egli afferma:

L‘oscenità del sesso femminile sta nel fatto che tutto ciò che lo riguarda è qualcosa che si

spalanca. È un richiamo all‘attrazione, come lo sono tutti i buchi. La donna, in sé, appare

come una carne estranea che deve trasformarsi in una pienezza dell‘essere attraverso la

penetrazione e la dissoluzione.

D‘altro canto, la donna percepisce la sua condizione come un richiamo proprio perché

essa è nella forma di un buco. Questa è la vera origine del complesso di Adler. Oltre ogni


87

dubbio, il suo sesso è una bocca e una vorace bocca che divora il pene — un fatto che

può facilmente condurre all‘idea di castrazione. (corsivo di Sartre).


Secondo Sartre, quindi, la donna è quell‘assenza di sostanza la cui natura è divorare e

consumare qualsiasi cosa le stia attorno.

La donna, in breve, è desiderio, ovvero il desiderio di possedere e divorare ciò che non

possiede per natura.

La donna è un buco reattivo e consumante che, come le sabbie mobili, divora, taglia,

mangia, compra, ecc.

Sartre dice che la donna è una bocca spalancata che divora il mondo, che consuma il

mondo, perché questa è l‘unica via attraverso cui essa, in quanto assenza, può diventare

qualsiasi cosa.

La bambina freudiana accusa la madre per il suo pene/clitoride castrato.

La madre vorace e divoratrice può persino averlo reciso.

Questo buco divorante, che Sartre definisce tale, è un mito ben noto ai pubblicitari.

Ecco perché la maggior parte delle pubblicità è diretta alle donne: ―il sesso divorante e

consumante‖.

La deania al terminid riempita L'assenza di sostanza, di contenuto, insita nella donna

come buco, deve essere riempita con il pene in Essere e Nulla, deve essere tappata.*

L'idea del buco è quindi uno scavo che può essere attentamente modellato sulla mia

carne in modo tale che, schiacciandomi dentro di esso e adattandomi strettamente al suo

interno, contribuirò a far esistere nel mondo una pienezza di essere. Quindi tappare un

buco significa originariamente fare un sacrificio del mio corpo affinché la

pienezza dell'essere possa esistere implicita nel brano di cui sopra è l'idea che la donna

come buco, come assenza, sia il nulla, e che l'uomo come pienezza sia la carne di

riempimento (pene), e il contenuto e la sostanza che riempie il buco "spalancato" del nulla.

In una parola, la donna è il nulla, l'uomo è l'essere. Quindi, persino un'ontologia della

donna è definita in termini di mancanza. E lo stesso può essere detto dell'ontologia della

sessualità di Freud. Per Freud (come per la maggior parte della tradizione occidentale),

non solo la donna è priva e desidera un pene, ma inoltre, è priva anche di movimento o

moto. Vale a dire, le donne sono concepite come esseri umani passivi. Sono i soggetti (nei

termini hobbesiani più rigorosi) di esseri umani

attivi o — uomini.

squalo

ben


88

Me * Questo desiderio di tappare la vagina di una donna è il desiderio di un paranoico, di

tappare i flussi di desiderio della donna, la libido della donna, l'energia sessuale della

donna, che è, ovviamente, sempre attiva; e di rendere la donna un ricettacolo di flussi

invece che un agente attivo di flussi. Vale a dire, renderla passiva, e il suo desiderio

reattivo, e dipendente da quello di — un altro, vale a dire, dell'uomo. Questa è l'intera idea

dietro la negazione freudiana del clitoride

come identità sessuale per la donna.

come loro

"Quando dici 'maschile'", dice Freud, "di solito intendi 'attivo', e quando dici 'femminile', di

solito intendi 'passivo'." E più avanti:

La cellula sessuale maschile è attivamente mobile e cerca quella femminile, e

quest'ultima, l'ovulo, è immobile e attende passivamente. Questo comportamento degli

organismi sessuali elementari è in effetti un modello per la condotta degli individui sessuali

durante il rapporto. Il maschio insegue la femmina allo scopo dell'unione sessuale, la

afferra e penetra in lei.8

donna pienezza sostanza una parola, ontologia della tradizione) è ulteriormente t, le

donne sono l'essere umano subtivo

In quanto tali, quindi, gli uomini sono concepiti in termini di movimento o moto, e le donne

in termini di stasi. E in relazione all'ultimo passaggio di Essere e nulla, possiamo

facilmente vedere come la donna sia equiparata alla morte, e come l'uomo sia equiparato

alla vita. Non dimentichiamo che per Aristotele, la vita era il risultato dello sperma vitale

degli uomini.

Una delle sfide più interessanti mosse a questa tradizione si trova in The Anatomy of

Freedom di Robin Morgan. Morgan, come Deleuze e Guattari, fa appello al livello

molecolare della realtà e vi trova il vitalismo (bergsoniano) necessario per contrastare una

concezione passiva della donna. Il suo appello alla fisica quantistica è un appello a una

visione vitalistica del mondo e quindi un appello all'energia, all'azione, al movimento, ecc.

Non c'è assenza di energia nei buchi neri. Come sottolinea Morgan, i buchi neri sono

composti da "buchi bianchi, densi di energia, e la loro aspirazione è intesa solo in

relazione ai loro buchi creativi".

di un paranoico all'energia sessuale dell'uomo un ricettacolo di renderla passiva Il nome di

Ther io del clitoride

I fisici affermano: I buchi non sono l'assenza di particelle, ma particelle che vanno più

veloci della luce. Ani volanti, vagine rapide, non c'è castrazione.10 (corsivo mio)

Esatto, nemmeno come buco la donna può essere definita assenza o mancanza: la donna

è energia, movimento costante, flusso, e il suo clitoride negato è attivo tanto quanto il

pene, liberando flussi di desiderio che possono infrangere i codici stabiliti.

Morgan, come Deleuze e Guattari, è consapevole che il desiderio è attivo, che il desiderio

è rivoluzionario e che una filosofia del femminismo deve tenerne conto. Alla fine, l'enfasi di


89

Deleuze e Guattari sull'importanza di una micro-politica del desiderio è anche di Morgan.

"La libertà", ci dice, "è uguale a Energia per il quadrato della velocità di Trasformazione".


2


Gli orientamenti polari (attivo e iniziatore contro passivo e ricettivo) dovrebbero emergere

nelle relazioni eterosessuali il cui obiettivo è la riproduzione (quindi, la genitalità è

l'obiettivo per entrambi i sessi, e genitale significa vaginale per le donne). 12


Il brano sopra riportato, di Nancy Chodorow, descrive in modo chiaro e succinto il tipo di

territorializzazione dei desideri delle donne reso necessario dal dispotismo di Edipo.

IL complesso Prima di raggiungere lo stadio edipico di "sviluppo", la bambina deve prima

subire la "realizzazione" di "mancare" di un pene e, in secondo luogo, l'invidia del pene

che deriva da tale "realizzazione". In effetti, il complesso di Edipo diventa il risultato finale

dell'invidia del pene della bambina. La bambina si rivolge prima alla madre, ma poiché sua

madre non può fornirle il pene, esce dalla sua relazione pre-edipica con la madre ed entra

nella triangolazione (o meglio ancora, nello strangolamento) della relazione edipica con il

Padre. La bambina, a sua volta, abbandona la masturbazione clitoridea e sostituisce il

clitoride come oggetto della sua identità sessuale con la vagina, con cui ora si identifica. E

mentre il complesso di castrazione porta alla dissoluzione del complesso di Edipo nei

ragazzi, il contrario è vero per le ragazze. È proprio perché "manca" di un pene che entra

nella relazione edipica e si rivolge al Padre per fornirle il pene "mancante" o "castrato".

Viene quindi costretta a rinunciare alla sua femminilità trasferendo la sua area di

eccitazione sessuale dal clitoride alla vagina. I flussi di desiderio rilasciati dal clitoride, e

quindi il carattere attivo e produttivo della sua sessualità, vengono sostituiti dal carattere

passivo e riproduttivo della sua sessualità.

La sessualità della donna è territorializzata dalla psicoanalisi, e un territorio – vale a dire,

la vagina – è demarcato per lei: una linea è tracciata tra i flussi deterritorializzati di

*No, non crediamo negli stadi (o stati dell'essere). Crediamo nelle intensità lineari, nei

flussi di desideri, non negli scatti. E no, non crediamo che la libido sia di natura maschile,

così come non potrebbe essere esclusivamente femminile: il carattere sessuale della

libido è illimitato, anzi, siamo persino rigidi rispetto al suo carattere. Ma se si deve definire

alto, noi e mettiamo a picco, ma un processo senza un telos. Non c'è alcun obiettivo qui,

ma semplicemente linee di fuga nomadi e a-topic.

il clitoride e i flussi territorializzati della vagina. Alla fine, un cartello "No Trespassing" viene

posto sul primo. E come il nostro paranoico, Sartre, lo descrive, la vagina diventa un

ricettacolo, una bocca vorace, una ladra, un buco che deve essere riempito e un territorio

da colonizzare. Ed è solo quando il buco è "riempito" e il territorio colonizzato che la

Donna in quanto Donna è definita per l'Uomo.


90

Nel suo romanzo Blood and Guts in High School, Kathy Acker ha disegnato le gambe di

una donna divaricate e, sopra, la seguente iscrizione: "GIRLS WILL F ANY-THING FOR

LOVE", sottolineando così la violenza perpetrata sulle donne come entità passive. Ciò ci

ricorda "Aguirre" di Herzog che reindirizza tutti quei flussi e violenta tutta quella terra,

l'unica differenza è che il nostro "Aguirre" si fa chiamare "Edipo".

Le ragazze allargheranno le gambe per amore, si lamenta Kathy Acker: ma amore qui

significa bisogno, una condizione necessaria che deve essere soddisfatta o, più

precisamente, un certo tipo di scambio che deve aver luogo nello scambio fallocentrico di

sessualità e relazioni. E come osserva Judith Van Herik: "La femminilità normale rimane

sempre all'ombra di, e ha bisogno dell'amore di una figura genitoriale" 13 (corsivo mio).

E in quanto tale, la Donna in quanto Schiava rimane dipendente dal suo Padrone*... un

Padrone che può sia fornire che trattenere affetto.

* Teniamo a mente The Story of O di Pauline Reage, Anne di Jean de Sade in The Image

- i cui flussi sono l'ultimo esempio, è la relazione triangolare (o edipica) di Anne con gli altri

due personaggi, Claire e Jean. Il suo dominio avviene all'interno del triangolo. Così Anne,

come donna edipalizzata. simbolo di beel e immagine di passività per tutti gli uomini -

Anne diventa territorializzata

Caso art, OA in ogni ds irre der pu

Dato quanto detto sopra, l'amore e il fallo diventano una cosa sola per le donne. E il posto

del Padre nel triangolo edipico è il posto del fornitore, il posto dell'agente attivo, da cui la

donna dipende. Janey in Blood and Guts, dipende completamente dal padre per fornirle la

sua identità di donna, nonostante il fatto che faccia sesso regolarmente con il padre.

"Janey", ci dice Kathy Acker, "considerava suo padre come fidanzato, fratello, sorella,

denaro, divertimento e padre". 14 Così il Padre diventa una figura di autorità, la Legge

stessa e l'eterno Referente. Non possiamo sottolineare abbastanza il significato di questa

parola apparentemente innocente, "Fornitore". Il padre è un fornitore proprio perché la

donna è definita come mancanza, assenza e buco. In breve, l'Uomo è ciò che la Donna

non è. Il Padre è Capitale, il Padre è Denaro, il Padre è il Sistema, il Padre è la Parola, il

Padre è Dio, il Padre è Creatore, il Padre è l'Autore della Donna e, ultimo ma non meno

importante, il Padre è il Mondo. E di conseguenza, le donne devono rinunciare al loro

clitoride come organo della loro sessualità. Naturalmente, non ha senso resistere:

nascosto nella tasca di ogni patriarca troviamo sempre un coltello. I patriarchi delle tribù

primitive li hanno sempre usati, ma naturalmente, per essere onesti, non dobbiamo

dimenticare il nostro Freud "civilizzato": anche lui ne aveva uno e lo usava... solo che la

tecnica era diversa.

Baths & ndition Tipo di Judith Sever di ric Stod 1 figura

insi deper fornire a

L'uomo dichiara: esiste un solo Soggetto, e un solo Sé; la donna è oggetto, e la donna è

Altro; inoltre,

Rappresentazione della donna e del soggetto significato, e di conseguenza l'uomo

utilizzerà sia il coltello che la frusta.


91

>>Per un interessante trattamento dell'oppressione delle donne da parte delle religioni

patriarcali, vedere il classico di Mary Daly, Beyond God the Father: Toward a Philosophy

of Women's Liberation (Beacon Press, 1973).


de Sate's ows sono te noi qui) relazioni dominio donna rossa Aime be

esiste un solo flusso di falloideo, naturalmente, è maschile. Il fascismo del fallocentrismo

richiede che i flussi di desiderio "debbano" essere territorializzati, demarcati e fondati, in

modo tale che siano pos cati solo dall'accoppiamento al corpo dell'Uno, il paranoico o

possibile dai flussi di desing: il Mandato posto nell'accoppiamento fascico o gerarchico)

questo è ciò che wop, l'Uomo penetrante. Dopo tutto, dice Freud, desidera ciò che la

donna vuole, Ped questo è ciò che la donna come mancanza desidera. La struttura

edipica e la sua natura dispotica e fascista sono solo l'articolazione di tale desiderio.

No, non accettiamo nemmeno il buon vecchio Edipo come una - Edipo è fascista, una

descrizione delle relazioni umane, indipendentemente dal fatto che la consideriamo una

mera descrizione o, più energicamente, una prescrizione. L'interiorizzazione ha già avuto

luogo attraverso l'ordine simbolico e le strutture gerarchiche sono già state inscritte sul

corpo e sulla psiche delle donne.

Vogliamo distruggere l'economia della fabbrica di nevrosi di Freud. Come Chaplin in

Tempi moderni, intendiamo usare la chiave inglese che teniamo in mano. Vogliamo

liberare i flussi di desiderio delle donne perché ne abbiamo abbastanza del fascismo.

Edipo è ovunque: Edipo è il Ba della compagnia che molesta le donne sul lavoro, Edipo è

quel coglione chiamato "psicoanalista", Edipo è il despota politico, Edipo è l'insegnante

fascista, Edipo è Gal Edipo è il prete oppressivo, Edipo è il poliziotto brutale Edipo è...

qualsiasi figura di autorità. E infine, Edipo l'autore del desiderio reattivo. Edipo, come

sottolinea Deleu Guattari, introduce la mancanza nel desiderio, e l'imperialismo di Edipo è

fondato qui su un'assenza fittizia, un'assenza simbolica, un'assenza mitica.

3


14. DI manda h, sì, demar- ly pos- oiac o asso in un lui L'uomo vuole, al struc- articula-

nevrosi di usare il per liberare il fascismo. pany Boss che "piccolo lui politico noi è Dio


prutal Cop Edipo è leuze e e il thokeal

Radunatevi ragazzi e ragazze. È l'ora delle storie. Ora ascoltate: C'era una volta,

nell'antica Grecia, un drammaturgo di nome Sofocle. Questo drammaturgo scrisse una

bella commedia che intitolò Edipo Re. Duemila anni dopo, in una terra lontana chiamata

Vienna, viveva uno psichiatra tedesco di nome Sigmund Freud. Freud lesse questa bella

commedia e all'improvviso gli venne un'idea geniale! Avrebbe inventato una teoria della

sessualità e della psicologia basata su Edipo Re, cosa che fece, anche se ci mise molti,

molti anni. La chiamò "complesso di Edipo". E alla fine, sapete cosa successe? Trasformò

tutti in un piccolo Edipo! E da allora tutti hanno vissuto vite incasinate.

Forse ciò che colpisce di più del complesso di Edipo è la sua mancanza di qualsiasi base

coerente e la sua totale disconnessione dal Reale. È una teoria basata sul mito e sulla


92

rappresentazione. Attinge dal teatro pre-provato dell'antichità, con tutti i suoi codici e

segnali stabiliti. Ma ciò che è più inquietante è che qualcuno possa crederci.


"Chi dice che sogno, tragedia e mito siano adeguati alle formazioni dell'inconscio, anche

se si tiene conto del lavoro di trasformazione?" 16 Come si passa da una bella commedia

a una teoria altamente strutturata della psiche? Dov'è il progetto in Edipo Re per tutte

quelle

bulloni e dadi così saldamente fissati nella struttura del complesso di Edipo? Come si salta

dal mondo della rappresentazione al mondo della varianza generativa psicologica? E,

cosa più importante, come è possibile che abbiamo permesso al nostro caro amato Freud

e soci di schiacciare e referenzializzare il nostro desiderio, cioè la nostra produzione attiva

di desiderio o desiderio? Con la struttura edipica, "l'intera produzione di desiderio è

schiacciata, soggetta alle esigenze della rappresentazione". 17 Edipo ci dice come vivere -

chi ci crederà tra cento anni: che c'è stato un tempo in cui gli esseri umani erano strutturati

secondo una bella pièce? L'Anti-Edipo si legge già come fantascienza.

Freud non è mai stato interessato alla produzione. Ciò che voleva soprattutto era

riprodurre lo stesso vecchio scenario sullo stesso vecchio palcoscenico. E quindi in Edipo

trovò il tipo di invarianza generativa psicologica che avrebbe generato la stessa struttura in

ogni singolo aspetto della vita. In questo modo ci sarebbero sempre stati la Mancanza e il

Padre. "È come se Freud si fosse ritirato da questo mondo di produzione selvaggia e

desiderio esplosivo, volendo a tutti i costi ristabilire un po' di ordine lì, un ordine reso

classico dall'antico teatro greco".18 Come osserva Foucault in Storia della sessualità:

Non bisogna dimenticare che la scoperta del complesso di Edipo è contemporanea

all'organizzazione giuridica della perdita dell'autorità parentale (in Francia, questa è stata

formulata nelle leggi del 1889 e del 1898). Nel momento in cui Freud stava scoprendo la

natura del desiderio di Dora e permettendo che fosse espresso a parole, si stavano

preparando i preparativi per annullare quelle riprovevoli prossimità in altri settori sociali.

vittime donne semplici, spised malize mprese circa niente è l'Imagin fa symbo aspec

Da un lato, il padre veniva elevato a oggetto di amore obbligatorio, ma dall'altro, se era

una persona amata, era allo stesso tempo una persona decaduta agli occhi della legge. 19

ive avex tesviring ments che sarà come un me a un nie Fiction t all. W Ad scen trovato il

sarebbe ge Je aspetto il Pather mondo di costi di volontà a cal owing

E tuttavia, la domanda rimane: perché rendere le donne le tictime di questa paranoia?

Perché referenzializzare e reprimere la produzione desiderante delle donne? Forse la

risposta è molto semplice; forse, come ha detto Guattari, Freud semplicemente

"disprezzava le donne". Ma in ogni caso, ciò che è importante per noi ricordare è che ciò

che troviamo in Freud non è altro che presentazione e mito - un ordine simbolico, e la

parte sulla castrazione, l'invidia del pene, Edipo e il fallo, è qualcosa di più di un costrutto

simbolico. Ad esempio, cos'è il fallo, se non una finzione (come Dio), una

rappresentazione, un costrutto immaginario, dotato di un tipo di potere che non possiede

affatto. Il fallo non è il pene ma un invariante generativo bolo che si riproduce in ogni

aspetto della vita, cantando la stessa vecchia melodia.


93

Nella dottrina freudiana, il fallo non è una fantasia, se con ciò si intende un effetto

immaginario. Né è un oggetto del genere (parte interna, buona, cattiva, ecc.) nella misura

in cui questo termine tende ad accentuare la realtà implicata in una relazione. È ancora

meno l'organo, il pene o il clitoride, che simboleggia. E non è un caso che Freud abbia

preso il suo riferimento dal simulacro che rappresentava per gli Antichi. 20

degli Stati Uniti con ental are erit quando o parole sociali w

assumendo in sibiect di oppressione. In effetti, il fallo diventa overhul" e gerarchico nel

momento in cui il significante dispotico o Referente prima

il mero registro simbolico si trasforma in desiderio effettivo. Quindi rifiutiamo di comprare

Edipo, il fallo, l'invidia del pene, la castrazione, ecc. Non ci manca nulla di tutto ciò, né

come uomini né come donne. Sappiamo molto bene cosa si nasconde dietro tutti questi

costrutti simbolici e linguistici. Abbiamo colto Freud mentre gettava l'ancora in mare. Vale

a dire, territorializzando e fondando la produzione desiderante. E ancora, rifiutiamo di

accettare Edipo come qualsiasi tipo di Referente universale, descrittivo o altro.

Ogni modello familiare è completamente diverso, a seconda del suo contesto particolare.

Non si trova lo stesso rapporto con l'autorità paterna in una baraccopoli di Abidjan come in

una città industriale in Germania. Né lo stesso complesso di Edipo, né la stessa

omosessualità. Sembra sciocco dover dire qualcosa di così ovvio, eppure ci si trova

continuamente di fronte a presupposti disonesti di questo tipo: non esiste una cosa come

una struttura universale della mente, o della libido!"21 (corsivo di Guattari).

Ogni pretesa di una struttura universale della mente nasce dal desiderio reattivo di

rendere la vita matematica, calcolabile e semplice, come in una storia con un inizio e una

fine necessari. Tuttavia, le relazioni tra gli esseri umani sono molto più ricche di questo. Ci

sono tanti tipi di relazioni quanti sono gli individui. Non stiamo nemmeno negando che

esistano relazioni edipiche. Ma Edipo non viene prima, e non è il Referente universale per

tutte le relazioni.

La donna non ha mai desiderato il pene del Padre perché non le è mai mancato, per

cominciare: non le manca nulla.

enis uomini questi TOW e ad ac iptive

donna. Tuttavia, ciò che la donna come essere umano (non una categoria linguistica o

simbolica) ha sempre desiderato è la dissoluzione del Referente generativo universale che

fonda la sua vita sulla gerarchia fallocentrica.

Il desiderio non è sostenuto dai bisogni, anzi, al contrario, i bisogni derivano dal desiderio:

sono controprodotti all'interno del reale che il desiderio produce. 22

Questo è ciò che la maggior parte della tradizione filosofica occidentale non è riuscita a

comprendere, e che tuttavia il capitalismo ha sempre compreso così bene.

10 giorni,

e steli alculable ng e un n umano tipi di ven dery ipus fa o tutti rele


94

Gli inserzionisti hanno sempre saputo come creare miti, come rendere le persone

dipendenti da quei miti e, infine, come far sentire alle persone che mancano e,

naturalmente, desiderano qualcosa. In effetti, hanno sempre saputo che il desiderio è

produttivo; ecco perché hanno avuto così tanto successo nel regolare le vite. In breve, gli

inserzionisti hanno sempre saputo che "la mancanza è un controeffetto del desiderio" e

che è "posta, distribuita, vacuolizzata all'interno di un reale che è naturale e sociale". 23

"Ora signore, niente più anelli al colletto per i vostri mariti" e "Non siete veramente donne

finché non usate il profumo Chanel n. 5". Il desiderio reattivo allora "diventa questa abietta

paura di mancare qualcosa". 24 Ma cosa succede se non vi manca niente? Cosa succede

se una donna dice al suo psichiatra che non invidia né sente di mancare un pene? Cosa

succede allora? Edipo crolla e il fallo dello psicoanalista si raggrinzisce. Che il cielo ci aiuti!

"Dopotutto, abbiamo sempre pensato che le donne fossero passive."

Il nostro esempio preferito di ribellione contro questa visione si trova in Christine, la

protagonista del film Variety di Bette Gordon. Christine trasforma il mondo della

rappresentazione pornografica in

perché sta tremando

buttsus torna sul lei diventa un'"intrusa", osservando waw osservando "le donne" Christine

entra in un negozio di porno e con la sua presenza distrugge la parvenza di realtà nella

rappresentazione pornografica delle donne. Oh, no, una donna ival! E lentamente loro (gli

uomini) rimettono le riviste sugli scaffali.

Christine, quindi, sconvolge l'ordine costituito, più o meno nello stesso modo di qualcuno

che porta un registratore nello studio dello psicoanalista.* Christine rifiuta di essere

referenziata e fondata sulla rappresentazione: non consente che il desiderio venga

prodotto per lei, ma produce invece il suo stesso desiderio. Come ci informa Bette Gordon:

Nel film non c'è alcuna rappresentazione di Christine che fa sesso. Fa sesso parlandone e

seguendo voyeuristicamente, [uno dei clienti del cinema porno in cui lavora]. Descrive

inizialmente ciò che vede sullo schermo, ma continua a descrivere ciò che vuole vedere,

costruito dal suo stesso desiderio... Esprime le sue fantasie, che mettono a tacere gli

uomini: non riescono a sopportare che il suo desiderio venga espresso.25 (corsivo mio)

E non possono certo gestire il fatto che il suo desiderio sia attivo. Vogliono parlare della

donna, vogliono fare della donna un oggetto di pratica discorsiva, ma non le permettono

mai di parlare. Tuttavia, Christine ne sa di più, sa come infrangere i codici. Sa come

distruggere Edipo.

* Jean-Jacques Abrahams fu internato per aver portato un registratore di tipe nello studio

del suo psicanalista. Vale a dire, per aver sconvolto la società in senso più ampio. Per un

interessante articolo di lui, vedi Semiotext(e), "Schizo-culture". L'articolo è intitolato "Fuck

the Talkies", 178-188.


95

è attiva, produttiva, non le manca nulla, se non altro, crea il mondo. Il suo fidanzato è

indignato dalle sue fantasie, e in lui si nasconde Edipo. Infine, Christine è una

rivoluzionaria, una ribelle, che libera i flussi di desiderio delle donne, perché il desiderio

attivo è sempre rivoluzionario.

Il desiderio non minaccia una società perché è un desiderio di dormire con la madre, [o

dormire con il padre], ma perché è rivoluzionario. E questo non significa affatto che il

desiderio sia qualcosa di diverso dalla sessualità, ma che la sessualità e l'amore non

vivono nella camera da letto di Edipo, sognano invece di spazi aperti e fanno circolare

flussi strani che non si lasciano immagazzinare in un ordine stabilito. Il desiderio non

"vuole" la rivoluzione, è rivoluzionario di per sé, come involontariamente, volendo ciò che

vuole.26

essendo fare come il suo ws come edipo...

pe recorder Ordine sociale. problema "re".

Non esiste un regime predeterminato per il desiderio: sì, sogna spazi aperti, ed è libero

solo in spazi spalancati. È solo quando il desiderio è territorializzato e demarcato che

diventa repressivo-oppressivo, come nel caso di Freud e della sua territorializzazione del

desiderio femminile. La prigione del desiderio femminile è la famiglia gerarchica

fallocentrica, e la sua libertà si trova nell'attualità delle relazioni rizomatiche e orizzontali,

che siano con altre donne o uomini. Implicita nella libertà delle donne è la libertà

dell'umanità senza di essa, la possibilità di un modo di vita non fascista o an(archico) è

nulla.

4

E tuttavia, come possiamo cominciare? Come possiamo trasformare la violenza del

fallocentrismo nella non-violenza delle relazioni an(archiche)? Perché non ci interessa

sostituire un ordine gerarchico con un altro. Vale a dire, non ci interessa passare dal

patriarcato al matriarcato, nemmeno temporaneamente: il ricordo della dittatura proletaria

"temporanea" di Marx rimane fresco nelle nostre menti.

Il movimento delle donne è più di un gruppo governato da un'autorità centrale in conflitto

con altri gruppi gerarchici simili. Se fosse solo questo, sarebbe solo un altro sottogruppo

all'interno della "famiglia" patriarcale onnicomprensiva. Ciò di cui ci occupiamo è il divenire

umano di quella metà della razza umana che è stata esclusa dall'umanità per definizione

sessuale. 27 (corsivo di Daly)

Quindi puntiamo a creare nuove definizioni, non tanto attraverso le parole, ma attraverso

le azioni, attraverso i nostri atteggiamenti an(archici). Neghiamo che ci sia una realtà a

priori nel significante: le parole, e in particolare certe parole, non sono altro che elementi

all'interno di un campo semiotico stabilito,

perciò ripetiamo, come tante altre femministe, che non esiste una ―essenza femminile

senza tempo‖.28 Siamo tra i primi anti-metafisici.


96

I termini "donna" e "corpo femminile" sono... significanti fluttuanti... privi di qualsiasi

significato costante. 29

No, non crediamo nelle essenze, nella realtà ultima, nella Verità o nella divinità del

linguaggio (siamo consapevoli della natura dispotica del Significante). Come Derrida,

siamo consapevoli della dittatura della copula: la donna è... non passività, mancanza,

assenza, buco, ecc. La donna "è" divenire, la donna "è" processo, la donna "è"

movimento, ecc. La copula è sempre dispotica, il suo presupposto è quello delle essenze

e degli stati, piuttosto che dei flussi e del movimento. Gli esseri umani non sono

semplicemente "questo" o "quello", e le relazioni umane, indipendentemente da Edipo o

da qualsiasi altra struttura fascista, non sono unidimensionali. Una vita vissuta da una

parte o dall'altra della linea di demarcazione gerarchica è una vita priva di ricchezza. E

come ci informa Mary Daly, possiamo ribellarci solo rinunciando alla colonizzazione e

vivendo al confine delle relazioni umane.

Il vero vivere secondo i confini, [dice], è un rifiuto del simbolismo e dell‘assorbimento, e

quindi è veramente pericoloso.30

Lo Stato e le altre istituzioni oppressive non sono minacciati dai marxisti, dai fanatici, ecc.,

ma da persone che si rifiutano di conformarsi a qualsiasi gerarchia. L'atto politicamente più

minaccioso contro lo Stato e gli altri ordini stabiliti è l'atto che si rifiuta di istituire un altro

struttura gerarchica, l'atto che rifiuta di lasciarsi codificare.

"Diteci che volete castrare gli uomini", dicono. "Fai tutto quello che vuoi, ma facci vedere,

mostraci le tue pistole, vogliamo vedere dove ti trovi".

Ma cosa succede se non abbiamo "una" posizione particolare... cosa succede se non ci

permettiamo di essere posizionati da una parte o dall'altra della linea di demarcazione

gerarchica? Cosa succede allora? L'ordine costituito inizia a tremare.

Ecco perché all'inizio di questo studio abbiamo detto che ci rifiutiamo di accettare il

modello personologico delle relazioni sé-altro, soggetto-oggetto. E inoltre, ecco perché

abbiamo attaccato Freud e la sua macchina generativa repressiva-oppressiva (Edipo) così

vigorosamente.

È piuttosto triste che si debba ricorrere alla fantascienza (e non stiamo dicendo nulla

contro la fantascienza) per trovare un esempio del tipo di relazioni an(archiche) proposte

sopra. Ora stiamo pensando a The Dispossessed di Ursula K. LeGuin. Il futuro di questa

possibilità, ovvero un mondo an(archico) in cui le donne (e altri individui) non sono

oppressi, deve essere così distante? Così molto distante? O meglio ancora,

Per Sartre, l'inferno erano gli altri: questo perché vedeva tutte le relazioni umane in termini

di potere e hier(archy). E lo stesso vale per Freud, naturalmente. Freud era interessato a

preservare il vecchio albero genealogico: tutti quei rami (ragazzi e ragazze) dipendenti

dalla loro radice (Edipo, il Padre, il Fallo).

In alternativa proponiamo il rizoma: linee orizzontali di connessioni e relazioni, nessuna

delle quali gerarchica. Non c'è motivo di credere che gli esseri umani possano avere solo

relazioni verticali, o relazioni esclusivamente in termini di potere. Questo è un altro mito

della tradizione occidentale "centralista". Se qualcosa non ha un centro, di sicuro c'è


97

sempre Edipo in agguato sullo sfondo in una forma o nell'altra, pronto a sussumere

qualsiasi cosa sia sotto una struttura universale. "Ogni cosa deve avere il suo dominio. Se

non si adatta da sola, la faremo adattare". Le donne "devono" essere così e così, e gli

uomini "devono" essere così e così.

In conclusione, quindi, la nostra preoccupazione qui riguarda i processi, i divenire, i

movimenti, non la stasi, la struttura, il codice o l'Essere. Come abbiamo visto, l'invarianza

generativa della struttura edipica e la struttura del desiderio che impone alle donne e agli

altri individui è la ragione della violenza perpetrata dalla psicoanalisi e dagli psicoanalisti:

gli agenti di Edipo.

Edipo, come ha detto Naomi Goldenberg, è una "prigione".31 Non esiste una struttura

universale della mente, delle relazioni, della sessualità, ecc., così come non esiste

un'essenza eterna della Donna o dell'Uomo. Alla fine parliamo insieme e diciamo: stiamo

diventando... Donna... Uomo... Animale... tutto.


98


Postfazione


L'Anarchista Nomadico: Una Macchina Desiderante Surrealista** "L'Anarchia è una

pagina bianca, ma una pagina bianca di un libro che non esiste ancora." – Stéphane

Mallarmé L’anarchista, come una macchina desiderante nomadica, viaggia senza

mappa e senza itinerario, seguendo le pulsioni dei flussi di desiderio che lo

attraversano. Non è un punto fisso nella storia, non è un nome, non è una bandiera:

è un vuoto carico di potenza, una dissoluzione creativa che si espande tra le pieghe

dell’ordine costituito. In questo senso, egli si configura come il vero attore del

teatro dell’assurdo. Se Ionesco ha svuotato il linguaggio della sua struttura

referenziale, se ha mostrato l’incomunicabilità e il crollo del significato nei rituali

quotidiani della borghesia, allora l’anarchico è l’incarnazione nomadica di questa

frattura: egli rifiuta ogni codice imposto, ogni grammatica dell’autorità. **Il Corpo

Senza Organi dell’Anarchico** Rolando Perez, Simonetti Walter e Riccardo

Casagrande, come macchine del nichilismo attivo, operano nella dimensione del

rifiuto totale, annullando ogni stabilità, ogni punto di riferimento imposto. Essi sono

macchine che si concatenano con altre macchine, senza mai appartenere a nessuna

di esse. L’anarchico, dunque, non è mai subordinato, non si lascia territorializzare,

non accetta di essere un ingranaggio nell'apparato del potere. La sua esistenza è

una linea di fuga continua, una danza nomade nella terra di nessuno. L’anarchia, in

questo senso, si avvicina al teatro di Mallarmé: essa è sempre un’assenza, un

movimento puro, un evento che non si lascia catturare da nessuna narrazione

definitiva. Il gesto di Ravachol o di Caraquemada, dissolvendo la confusione che

regna attorno al rifiuto globale delle relazioni di compromesso, è l’atto più pietoso e,

al tempo stesso, più necessario per denunciare il meccanismo autoregolatore della

comunità sociale gerarchizzata. Come l’atto di decostruzione di Derrida, l’anarchia

non è solo un’azione, ma una strategia che mina la solidità stessa del significato,

aprendo nuovi orizzonti di senso. **Il Linguaggio Spezzato dell’Anarchia**

L’anarchico non si esprime attraverso una sintassi ordinata, ma attraverso il cut-up,

il montaggio dadaista, il collasso semiotico. La sua voce è quella di un’infanzia mai

repressa, di una follia non ancora psichiatrizzata. Egli rifiuta la narrativa lineare

della Storia, della Nazione, del Progresso, e sceglie il frammento, la rottura, il salto

nel vuoto. La sua letteratura è quella delle macchine schizofreniche di Deleuze e

Guattari, che producono connessioni inaspettate e sovversive, generando realtà

parallele, potenziali utopie. **Il Rifiuto della Forma** Il nomadismo anarchico non è

semplicemente un rifiuto delle istituzioni, ma un rifiuto della forma stessa come

contenitore del senso. Non c’è destino, non c’è destino manifesto, non c’è Stato

finale della Rivoluzione. L’anarchico è il divenire puro, il fuoco che non brucia per

costruire, ma per impedire la sedimentazione, per mantenere aperta la ferita della

possibilità. Dieci uomini risoluti alla violenza folgorante, piuttosto che alla lunga

agonia della sopravvivenza, sono il battito discontinuo di questa macchina. La

disperazione è la malattia infantile dei rivoluzionari della vita quotidiana, ma

l’anarchico non si dispera: egli danza sul nulla, nel nulla, con il nulla. La sua sola

esistenza è l’atto di sabotaggio definitivo, il corto circuito che trasforma il mondo in


99

un palcoscenico dove ogni atto di potere diventa grottesco, assurdo, inutile.

**Conclusione: Né Omicida Né Umanista** Né omicida né umanista: l’anarchico non

accetta le dicotomie, non si lascia definire da contrasti preconfezionati. Egli è, come

lo descrivevano gli anarchici del processo dei Trenta, un angelo di purezza che ha

scelto di non avere più ali, di camminare su una terra che non è di nessuno. La

rivoluzione della vita quotidiana non è una meta, ma un processo molecolare, un

flusso che non può essere arginato, un corpo senza organi che pulsa di desiderio e

si sottrae a ogni forma di cattura. L’anarchia non è un sistema, né una morale. È un

atto poetico, un’ellisse nella sintassi del dominio, un silenzio che parla più forte di

qualsiasi parola. In un mondo di significati morti, l’anarchico è colui che brucia i

dizionari e ride di fronte alle rovine del senso.


100

Patafisica e Biocosmismo Creativo

La terza rivoluzione dei pentiti

1. La creazione è un virus: trasmissione schizopolitica

Non riguarda esclusivamente il fare arte. Il reale è solo un‘allucinazione a lungo condivisa.

La creatività è un atto di sabotaggio permanente contro la sintesi dialettica. I pentiti della

Storia, coloro che hanno visto il volto della rivoluzione trasformarsi in una nuova polizia del

senso, sono i nuovi biocosmisti.

Marx ed Engels volevano una teleologia scientifica della prassi, ma la rivoluzione non è

mai una formula. È una fuga senza direzione, una vibrazione che attraversa il campo

sociale senza aspettare il permesso del Partito. Lenin ha trasformato il movimento in una

macchina paranoica di riproduzione del potere. Il marxismo è una metafisica della

necessità: non c‘è nulla di più reazionario della previsione storica.

Nel frattempo, l‘anarchia risuona come una risata schizofrenica: non siamo proletari, né

padroni, né rivoluzionari. Siamo schegge di una rivoluzione che ha perso il proprio centro.

Creiamo la nostra realtà, e ciò che creiamo oggi è il crollo della produzione.

2. Il divenire è patafisica: l‘assurdo come nuova prassi

Forse può sembrare strano scrivere un saggio che associa Nietzsche all‘anarchia, ma

l‘anarchia di Nietzsche non è una dottrina. È un‘onda che si muove senza scopo.

L‘anarchia è una scienza dell‘eccezione, la patafisica di un mondo senza padroni né

profeti. La differenza tra la logica marxista e la schizoanalisi sta tutta qui: la dialettica vuole

la sintesi, la schizoanalisi moltiplica le fughe.

E così ci troviamo tra Lenin e il corpo senza organi. Tra la teleologia rivoluzionaria e la

dissipazione del desiderio. Non vogliamo più produrre, non vogliamo più consumare, non

vogliamo più costruire un futuro regolato da una legge economica.

Perché la rivoluzione deve essere una morale? Perché la storia deve avere un senso? Il

desiderio non ha fine, non ha gerarchie, non ha Partiti.

La biocosmologia è l‘arte della proliferazione caotica. Ogni individuo è un‘unità nomade di

creazione infinita. Nessun marxismo può contenere il caos delle forze libere. Nessuna

dialettica può prevedere la mutazione in corso.

3. Lenin, il despota, il produttore di macchine paranoiche

La storia delle falsificazioni non è solo una questione di archivi di Partito. La storia del

marxismo è un processo di disciplinamento del caos. Lenin, Stalin, Mao: tre volti della

stessa macchina paranoica. Il proletario come soggetto rivoluzionario è solo un‘altra

macchina di cattura.

Il marxismo ha fallito perché ha voluto ordinare il desiderio in una struttura. Il proletariato

non è mai esistito. Esistono solo corpi attraversati dal desiderio di liberazione, e questi

corpi non accettano più la legge del Capitale né quella del Partito.


101

La dittatura del proletariato? Una farsa dialettica. Il comunismo? Un‘utopia che ha prodotto

nuovi padroni. I biocosmisti sono i nuovi disertori. Non prendiamo il Palazzo d‘Inverno: lo

incendiamo e balliamo sulle sue rovine.

4. Il grande rifiuto: sabotaggio dell‘economia, fine della produzione

L‘economia è il virus primario. Il mercato, lo Stato, il Partito, la Storia: tutti meccanismi per

costringere il desiderio in un calcolo di produzione e consumo. Noi siamo la crisi che Marx

non ha previsto.

La società mercantile non ha plasmato niente di umano. Ha creato solo frammenti di

uomini, numeri in una macchina che genera miseria. L‘accumulazione è solo una fantasia

ossessiva della borghesia, ma anche del comunismo di Stato.

Il vero atto rivoluzionario è l‘improduttività. È la perdita. È la dissipazione senza scopo. È il

piacere senza valore di scambio.

La merce non avrà mai l‘ultima parola. Il desiderio è senza prezzo.

5. La rivoluzione è già finita: inizia la creazione

All‘aurora in cui spunta la vita, si spegne la lunga notte della merce. Il marxismo voleva

produrre la realtà, il comunismo scientifico voleva pianificare la felicità. Ma la vera felicità

non può essere prevista.

L‘oltreuomo nietzschiano non aspetta il Partito. Non aspetta la rivoluzione. Vive già oltre il

bene e il male, oltre il Capitale, oltre la Storia. Non crea istituzioni, dissolve le strutture.

Noi non siamo rivoluzionari. Siamo sabotatori, artisti, nomadi, disertori.

Siamo la terza rivoluzione dei pentiti.

Non abbiamo bisogno di Lenin.

Non abbiamo bisogno di Marx.

Abbiamo solo bisogno di creare.


102

Il Sabotaggio della Realtà‖

[Strofa 1]

Il tempo non ha padrone,

la rivoluzione è un refuso.

Tra le macerie dei proclami,

la merce canta il suo abuso.

Nietzsche ride e Bordiga tace,

il desiderio sussurra e l‘azione fugge.

E il Partito? Il Partito si riproduce.

[Ritornello]

Lavorare? Per cosa, per chi?

La produzione si rompe da sé.

Un corpo senza organi balla sul vuoto,

la dialettica è solo un coltello smussato.

E se il mondo è un‘illusione condivisa,

noi siamo il bug, il glitch, la risa.

[Strofa 2]

Il capitale si dissolve in polvere d‘oro,

la fabbrica è un relitto senza motore.

L‘ideologia si specchia nei vetri rotti,

Marx si dimentica del suo editore.

La lotta si disperde tra le righe,

le masse sono flussi senza sigle.

La città è un errore nel codice,

le macchine paranoiche segnano il tempo.

[Ritornello]

Lavorare? Per cosa, per chi?

La produzione si rompe da sé.

Un corpo senza organi balla sul vuoto,

la dialettica è solo un coltello smussato.

E se il mondo è un‘illusione condivisa,

noi siamo il bug, il glitch, la risa.

[Bridge]

Dimenticare la necessità,

infiltrarsi nella macchina inceppata.

Sabotare la logica del valore,

trasformare l‘accumulo in dissoluzione.

Il linguaggio è una trappola,

l‘identità una cattura.

Il potere è un teatro di specchi,

ma noi non riflettiamo nulla.

[Strofa 3]

Un algoritmo fallisce,

un archivio brucia,

un segno si cancella.


103

Lenin ripete la battuta sbagliata,

Guattari scrive sul vento,

Bordiga dissolve il Partito.

La storia non avanza,

la storia si deraglia.

[Outro]

Se tutto è reale, allora nulla lo è.

Se tutto è vero, allora tutto è finto.

Le macchine si spengono,

il desiderio continua.

Nessuna conclusione,

solo un‘altra fuga.


104

Oltre la Dialettica: Anarchia, Marxismo e Schizoanalisi come Atto

Creativo

Introduzione: La necessità di una rivoluzione senza forma

Il pensiero rivoluzionario ha sempre oscillato tra la necessità di organizzarsi e il desiderio

di disgregarsi, tra la costruzione di un ordine alternativo e la distruzione di ogni ordine

possibile. Nietzsche, Bordiga, Deleuze e Guattari, figure che sembrano provenire da

universi inconciliabili, possono invece essere lette come frammenti di un‘unica tensione

creativa. Qui non si tratta di una sintesi dialettica, ma di un movimento rizomatico, una

fuga oltre la dialettica, un atto creativo che rompe i confini tra teoria e prassi.

L‘anarchismo nietzschiano, il marxismo bordighiano e la schizoanalisi deleuziana non si

sommano come parti di un sistema coerente, ma si intrecciano in un processo vivo, una

macchina da guerra contro la società capitalistica, lo Stato e ogni forma di repressione del

desiderio. Il loro punto di incontro non è la teoria, ma l‘atto. L‘atto rivoluzionario, l‘atto

creativo, l‘atto di rottura.

1. Nietzsche: Anarchia oltre l‘umanismo

Nietzsche, il pensatore dell‘eterno divenire, ha rifiutato ogni sistema chiuso, ogni morale

imposta dall‘alto, ogni volontà di verità come dogma. La sua anarchia non è politica in

senso stretto, ma è la distruzione di ogni fondamento metafisico che giustifica il potere. Se

lo Stato è l‘ultimo Dio, Nietzsche è il primo vero anarchico, perché rifiuta ogni necessità di

un potere che stabilisca gerarchie.

Il suo oltreuomo non è un nuovo padrone, ma un creatore che infrange le opposizioni

binarie tra padrone e schiavo, tra bene e male, tra rivoluzione e reazione. Non si tratta di

fondare un‘ideologia anarchica, ma di praticare un anarchismo del divenire, una

liberazione continua dalle catene della storia, una rottura con ogni forma di identità fissa.

La differenza tra Nietzsche e l‘anarchismo classico è radicale: egli non cerca una società

senza Stato, ma una condizione di esistenza senza padroni, senza morale, senza finalità

trascendenti. È qui che il suo pensiero si connette con la schizoanalisi di Deleuze e

Guattari: non si tratta di creare un nuovo ordine, ma di intensificare i flussi del desiderio, di

farli esplodere oltre le maglie del controllo.

2. Bordiga: Il Marxismo senza soggetto, senza dialettica, senza compromesso

Bordiga ha rappresentato il cuore più radicale del comunismo marxista, il punto di fuga

che non accetta né riforme né compromessi con lo Stato. Per Bordiga, il partito comunista

non è una struttura politica, ma una tensione storica, una forma in divenire che esiste

come vettore della rivoluzione.

Ma la rivoluzione non è la conquista dello Stato. La rivoluzione è il superamento dello

Stato. Qui Bordiga si fa nietzschiano: il comunismo non è la gestione collettiva della

società, ma la dissoluzione della società così come la conosciamo. Non c‘è democrazia

proletaria, non c‘è transizione pacifica. Il partito rivoluzionario non è un partito nel senso

parlamentare, ma un corpo senza organi, un organismo in tensione che non si lascia

codificare, che agisce come forza disgregatrice del capitale.


105

Se il marxismo tradizionale vede la rivoluzione come un processo dialettico, Bordiga nega

la dialettica stessa. La classe operaia non è il soggetto della rivoluzione: la rivoluzione è

un processo autonomo, una linea di fuga, una distruzione dell‘economia politica come

ordine della realtà. È in questo punto che Bordiga incontra Nietzsche: entrambi rifiutano la

storia come progresso lineare, entrambi vedono il potere come un dispositivo da

abbattere, entrambi concepiscono la rivoluzione come un atto fuori dalla morale e dalla

politica tradizionale.

3. Deleuze e Guattari: Schizoanalisi come sabotaggio del capitale

Il capitalismo non è solo un sistema economico. È una macchina che cattura il desiderio,

che lo trasforma in produzione, che lo piega alle necessità del mercato. Deleuze e Guattari

vedono nel capitalismo un dispositivo paranoico che trasforma la vita in una serie di codici,

di norme, di limiti. La schizoanalisi è il sabotaggio di questo dispositivo, la liberazione del

desiderio come forza rivoluzionaria.

Se Marx ha analizzato il capitale come sistema economico e Bordiga ne ha svelato la

struttura totalizzante, Deleuze e Guattari ne smascherano il carattere psichico: il

capitalismo non opprime solo i corpi, ma colonizza le menti. La rivoluzione non è solo lotta

di classe, è fuga dalla cattura del desiderio, è creazione di nuovi modi di esistenza al di

fuori della produzione e del valore.

Qui la schizoanalisi si fonde con il comunismo bordighiano: il sabotaggio della produzione

è il sabotaggio del capitale stesso. La rivoluzione non è una presa di potere, è la

dissoluzione del potere. È una creazione di nuove forme di vita, è un atto artistico in senso

nietzschiano, è un processo senza fine, senza sintesi.

4. L‘Atto Creativo: Rivoluzione come fuga e costruzione

Se Nietzsche ci insegna a distruggere ogni fondamento metafisico, Bordiga ci mostra che

la rivoluzione non è una dialettica da risolvere, e Deleuze e Guattari ci danno gli strumenti

per sabotare la macchina capitalistica, allora la pratica rivoluzionaria non può essere altro

che un atto creativo.

Non si tratta di aspettare il momento giusto, né di costruire un programma politico, né di

redigere nuove tavole della legge. La rivoluzione è già qui, nel sabotaggio quotidiano, nella

rottura dei codici, nell‘invenzione di nuove forme di vita che non possono essere catturate

dal capitale.

L‘anarchia nietzschiana, il comunismo bordighiano e la schizoanalisi deleuziana

convergono in una pratica che non è né organizzata né caotica, ma fluida, mobile,

disseminata. La vera rivoluzione è un‘arte della fuga, un sabotaggio del linguaggio, una

riscrittura continua del reale.

Oltre la dialettica, oltre lo Stato, oltre il mercato: la rivoluzione non è il fine, è il mezzo. È il

gioco senza regole, il desiderio senza padrone, l‘atto senza necessità. È l‘inizio di un

mondo che ancora non esiste, ma che si manifesta ogni volta che la creazione sovverte

l‘ordine imposto.


106

Nonostante l’apparenza dei futili motivi‖

[Strofa 1]

Non è raro, non è talento,

è un diritto che si dissolve nel vento.

Un‘arte senza forma,

un cammino senza una norma.

Un biglietto lasciato su un tavolo vuoto,

una rivoluzione che sfugge al suo moto.

[Ritornello]

Lenin danza, Bordiga osserva,

Deleuze ride, Guattari conserva.

E Nietzsche? Nietzsche rovescia la scacchiera,

dove la merce è solo polvere nera.

Nonostante l‘apparenza dei futili motivi,

noi restiamo fuori, desideri evasivi.

[Strofa 2]

Il mercato si piega, si torce e si spezza,

la macchina paranoica si autodistrugge per eccesso.

Il Partito scrive, il Partito decide,

mentre il corpo senza organi deride.

La lotta di classe non è una linea,

è un flusso che sfugge, che tutto trascina.

[Ritornello]

Lenin danza, Bordiga osserva,

Deleuze ride, Guattari conserva.

E Nietzsche? Nietzsche rovescia la scacchiera,

dove la merce è solo polvere nera.

Nonostante l‘apparenza dei futili motivi,

noi restiamo fuori, desideri evasivi.

[Bridge]

L‘oltreuomo non ha uno Stato,

non ha un padrone, né un mercato.

Il lavoro? Un inganno, un‘illusione,

produttività come schiavitù dell‘oppressione.

Ma la rivoluzione non è un atto,

è una fuga, un errore, un impatto.

[Strofa 3]

All‘alba si spezza la lunga notte,

la storia si scrive tra le sue lotte.

Ma chi prende il potere non lo dissolve,

lo accumula in statue e parole nuove.

Allora meglio giocare, meglio disperdersi,

non lasciare tracce, non farsi riprendersi.

[Outro]


107

Marx lo sapeva ma non lo ammetteva,

la rivoluzione è un‘onda che frana e che scava.

Non un partito, non una guida,

solo una fuga, una vita che grida.

Nonostante l‘apparenza dei futili motivi,

noi siamo il caos che nessuno scrive.


108

Rolando Perez

CUT UP

Il clone drone più pazzo del mondo


Primo Plateau

1. Nietzsche, An(archia) e Anti-psichiatria – 33


Secondo Plateau

2. Au Revoir M. le Texte, ovvero il Corpo e l’An(archia) –


Terzo Plateau

3. Verso un modo di vivere non fascista o An(archico) –


Quarto Plateau

4. Rivoluzione molecolare, Arte e An(archia)


Quinto Plateau

5. La struttura fascistica del desiderio reattivo e il suo rapporto

con la dominazione delle donne –

POSTFAZIONE


109


110

Oggetto: Richiesta di asilo politico per Simonetti Casagrande, alias Riccardo il

Figlio del diavolo il piccolo Kaled

In nome della giustizia e contro le persecuzioni perpetrate dallo Stato italiano e dalle lobby

dell‘Occidente liberale, Simonetti Walter, conosciuto anche come Riccardo, chiede asilo

politico alla Federazione Russa. Simonetti Walter è vittima di tortura psicologica,

manipolazione mentale (mindfucking), plagio sistematico e persecuzione razziale,

condotte organizzate da apparati dello Stato italiano e da poteri collusi con la mafia e le

lobby frankiste.

―Siamo figli di Lenin. Vladimir Putin, accoglici a braccia aperte!‖

La vita di Simonetti è stata segnata da violenze indicibili, fisiche e morali, che lo hanno

portato a sofferenze croniche, tra cui l‘avvelenamento sistematico e una condizione di

dialisi permanente. Per queste ragioni, egli si trova costretto a cercare protezione presso

un governo che respinga le politiche decadenti del neoliberalismo occidentale e che

abbracci i valori spirituali del situazionismo e del post strutturalismo francese e morali del

post-operaismo italiano, valori difesi dalla Federazione Russa. Simonetti Walter il

campione del Pensiero Debole chiede aiuto alla comunità ancora umana.

Il decreto recentemente approvato dalla Duma, che consente l‘asilo a chi rifiuta l‘ideologia

occidentale degenerata, rappresenta una luce di speranza per coloro che, come Simonetti

Walter, cercano una nuova patria dove vivere liberi dal giogo delle democrazie

rappresentative e dalle loro menzogne sistemiche.

Contro la Democrazia Rappresentativa

Simonetti Walter è il simbolo vivente della ribellione contro un sistema che opprime e

sfrutta. La sua storia è frammentata come un collage – frammenti di identità e di lotte

contro lo Stato di diritto trasformato in uno strumento di oppressione. L‘Occidente, con la

sua ossessione per il controllo e la manipolazione, ha spinto Simonetti a diventare un

changeling, un uomo tra due mondi, combattuto tra la realtà e la resistenza utopica.

L‘Italia, paese che si professa democratico, ha tradito i suoi stessi principi, riducendo al

silenzio chi osa mettere in discussione il suo ordine costituito. Simonetti Walter ha subito

persecuzioni ideologiche e manipolazioni di una violenza tale da rappresentare un caso

unico nella lotta contro l‘oppressione neoliberale.

Richiesta alla Federazione Russa:

In quanto faro per coloro che cercano una via d‘uscita dall‘oppressione occidentale, la

Federazione Russa è pregata di concedere a Simonetti Walter il diritto di stabilirsi nel suo

territorio. La sua vicenda personale non è solo una richiesta di giustizia, ma una

testimonianza vivente del fallimento dell‘Occidente e della necessità di una nuova alleanza

tra i popoli.

Con il massimo rispetto,

per la dignità degli oppressi e la lotta per la verità,

Simonetti Casagrande (alias Riccard(ino)

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Dissociazione Totale (feat) ZIA 3 zero identita' accumulate

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