domenica 25 maggio 2025

Paura e delirio a Bologna









 Ucronia

Illuminati Pop Anarchy

 

N 1

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Simonetti Walter

 

 

Paura e delirio a Bologna

 

Una distopia Post-moderna 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*Senza il contributo e la revisione critica di Jessica Dainese  l’opera non sarebbe uscita.

 

 

 

Prefazione

 

Paura e delirio a Bologna nasce dall’uomo, è un’opera della sua fantasia. Ogni riferimento a persone cose o fatti realmente accaduti è puramente casuale.

Nomi, personaggi, luoghi ed eventi narrati sono il resoconto puntuale che l’autore, un esperimento genetico soggetto a multi personalità e senza memoria, ci mostra nei suoi pochi ricordi in una maniera semplice e primitiva. 

Non può essere recepito come pura finzione, questa Ucronia narra di una distopia possibile il dubbio rimarrà sempre nei nostri pensieri, perché Simonetti Walter è è un membro degli Illuminati - Fazione Pop Anarchica; scrivere queste pagine è costato sofferenza e dolore, in qualche modo, lo scrittore pretende da noi uno sforzo analogo, oltre-umano: cancellarci come lettori. 

 

 



























 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

RICERCHE SULLA MEMORIA E SUI “CATTIVI RICORDI”

 

 La prepotenza del potere arriva spesso a desiderare piegare in maniera fisicamente invisibile i prigionieri. La “rieducazione” delle persone secondo i pazzi che mi torturano passerebbe per una “riprogrammazione mentale” che utilizzando depistagli e ripetitività, cerca di far dimenticare le cose che a loro non piacciono SUBITO DOPO che le ho pensate, scritte o lette. In qualche modo arbitrariamente decidendo loro che cosa nella mia testa deve rimanere o meno, come se io fossi un loro dipendente o schiavo, un killer da loro formato o una persona che in qualche modo deve essere da loro “punita”.  

Gli esperimenti sui “cattivi ricordi” sono stati in qualche modo –e nel rispetto per i “colleghi” ricercatori- denunciati da Vittorino Andreoli su una rivista (“Io donna”) del “Corriere della sera” nel febbraio 2003:

Diversi studi si stanno occupando della memoria: cercano di scoprire come INTERVENIRE SULLA FORMAZIONE DEI RICORDI, PER EVITARE CHE QUELLI NEGATIVI

 

(secondo chi ? secondo qualche strizza cervelli goebbelsiano estasiato dalle nuove tecnologie elettroniche e di decriptazione del pensiero ? Ognunoanche il più pazzodegli uomini, ha sì il diritto ad essere curato anche contro la propria volontà, ma ha anche il diritto inviolabile all’arbitrio totale della sua identità interiore ossia dei suoi ricordi e sapere, affetti ed esperienza; l’unico potere coercitivo che ha lo Stato è quello ad impedirgli di compiere altri reati attraverso la detenzione; altre forme di potere non sono previste da alcuno Stato “democratico).

P. D.

 

 

 

Finché tu credi alla verità, tu non credi a te stesso e sei un  − servo, un − uomo religioso. Tu solo sei la verità o, piuttosto, tu sei più della verità, la quale senza di te non è proprio niente.

 Max Stirner

Ciò che descrivo è la storia dei prossimi due secoli. Io descrivo ciò che viene […]: l’insorgere del nichilismo. […]. Che cosa significa nichilismo? Significa che i valori supremi si svalutano. Manca lo scopo. Manca la risposta al “perché?”. [… Dunque] non possiamo porre nessun aldilà o un “in sé” delle cose. Manca il valore, manca il senso. […]. Risultato [di questa svalutazione]: i giudizi morali di valore sono […] negazioni: la morale è volgere le spalle alla volontà di esistere. 

Friedrich Wilhelm Nietzsche

 

L'antisemitismo è il socialismo degli imbecilli. 

Lenin

 

La verità. Era questa l'ancora di salvezza a cui le avevano insegnato ad aggrapparsi. Non si può amare nella menzogna, ne sperare, costruire, progredire... La menzogna è ovunque: filtra tra gli interstizi degli oggetti, tra le persone e tra i sentimenti e impedisce a qualunque cosa di realizzarsi interamente e in pienezza. La verità, per quanto dolorosa, per quanto carica di conseguenze che sconvolgono l'esistenza, è condizione indispensabile per la vita. Non si tratta della semplice verità di un nome, un origine o una filiazione. La verità afferma, è la condizione per essere se stessi.

Il mio nome è Victoria

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Paura e delirio a Bologna

 

 

 

 

 

 

Il sogno 30/10/2000

Paura e delirio a Bologna è un viaggio lisergico, nel cuore della bestia città, la più libera d’Italia, un'avventura dionisiaca e paranoica di un ragazzo straniero a se stesso,  un rinnegato, di nome Simonetti Walter. Il perfetto capro espiatorio, da mettere all’indice e schernire a comando.

 

Bologna un sabato qualsiasi, alla fine del giubileo. Un sogno che s’avvera. La mia vita aveva un senso, l’ora x era arrivata, ed io non mi sono tirato indietro. Forse avevo aspettato troppo, forse non ero preparato, ma questa è stata la mia salvezza. Un sogno che s’avvera, camminare per Bologna dalla Stazione a Via del Pratello passando per la Feltrinelli, davanti alle due torri, seguito da uno stuolo di cavallette. Pesavo 70 kg, capelli corti, jeans e maglia scura, il tipico vestito di un esaurito, così dicevano gli amici, gli stolti sempre a giudicare, occhiali da sole e scarpe da ginnastica di non so di quale marca presa al centro commerciale di Bellocchi. E le mie nuove armi, “i bigliettini da visita” stampati nelle macchinette delle stazioni dei treni. Il viaggio in treno, da Pesaro a Bologna, era andato come al solito: osservavo il paesaggio deprimente della Romagna, felice di tornare nel luogo del misfatto. Mesi prima, il giorno del mio ritorno a Bologna, alcuni ragazzi stupiti nel vedermi mi annunciarono la buona novella:

“Sei vivo? Tutti ti credono morto, dicevano overdose, tu non lo sai ma hanno paura di te, ci sono persone che si fanno passare per tuoi amici, che stasera pregheranno Dio. Ci hai rimesso tu e non doveva succedere, proprio non doveva ”.

Io, forse scioccato e incazzato, rispondevo:

“Sono vivo, anche se sembro uno spettro, e qualcosa di grosso sta per succedere … credetemi, amici miei”

Quelle parole per me sono state un’illuminazione. Mi vedevo come il protagonista di Brian di Nazaret dei Monty Python, o Kevin Kline in Un pesce di nome Wanda. Anche se per gli altri ero al massimo un cattivo imitatore di Gene Wilder, eroe della mia infanzia.

 

Sono un virus allo stato puro e loro dei falsi ricettori.

 

Al Pratello solito giro fino al baraccio dei due vecchi, il loro accento forestiero non l’avevo dimenticato, con un po’ di timore, ma erano passati anni (1996) dalle pisciate antinomiane (il DNA non è acqua e un Simonetti si riconosce come dada) sul selciato, dentro i portoni, sotto la OMISSIS che Baal mi perdoni, lui l’Anarchista non l’aveva mai fatto, pensava l’avessi fatto apposta, invece ero giovane e bevevo troppa birra e non volevo pisciarmi addosso.

 

L’idillio con via del Pratello era finito prima di cominciare. Ricordo che alla prima festa pubblica, mi avvicinai ad una damigiana di vino e l’autonomo di turno dopo un po’ che parlavamo:

“Ma chi sei? Perché fai tutte queste domande?”. 

Io lì a spiegargli:

“Faccio il servizio militare qui vicino, non sono un infiltrato”.

Ero venuto solo a bere ad una strana festa, poi dopo ubriaco e trasognante con un taxi finivo in caserma. Avevo già dei trip mentali sulla mia vita gioiosa e radicale, invece sto qui a piangere sul latte versato, dal bambino terribile che si credeva un vampiro, ma questa è un’altra storia.

Perdonatemi. La letteratura non è acqua, ma nichilismo creatore grazie a Renzo Novatore.


Ero un giorno diverso, quel 30 ottobre:  lo sapevo, seguivo il mio sogno. Avevo già programmato tutto, bere un trip senza ritorno e poi al Link per l’autodistruzione, un posto carino per i miei gusti alcolici, e un tiro di fumo forse si rimediava, la musica non era male e poi avevo conosciuto una ragazza (figlia di un poliziotto) un affare strano, i bolognesi si erano dimostrati freddini con la leggenda. Già, la leggenda dei 27 acidi.

 

Il 7 giugno 1996, un giorno come tanti, non per il sottoscritto … al mattino mi ero congedato dal servizio militare, un anno perso in fondo al bicchiere di birra scadente, per non pensare alle stronzate senza senso che bisognava fare, ma era finita e per la mia  grande testolina bisognava festeggiare. Non a casa dove non c’erano amici ad aspettarmi, ma lì a Bologna e avevo il mio piano studiato nei minimi particolari, metodo da socialismo scientifico, bere a più non posso fino al Pratello vicino a quelle leggendarie case occupate. Adesso devo trovare i fogli con il poema, il resoconto di quella notte da anestetici per cani, qualcuno penserà all’innocenza perduta ma quella forse non l’ho mai avuta. L’ho persa tanto tempo fa in una clinica maledetta, dove dottori fascisti senza pudore, facevano esperimenti genetici su dei bambini inermi, con il beneplacito della società civile e del Partito. Ma questa è un'altra storia, e non credo sarà mai raccontata. La mia prima vita è stata completamente cancellata dalla memoria collettiva, e non ho ricordi né fotografie da mostrare.

 

 

 

 

OGGETTO:”Un viaggio andato male n°27”

 

BORDERLINE 1996

 

“Ho licenziato Dio

gettato via un amore

per costruirmi il vuoto

nell’anima e nel cuore”

 

Plagio non voluto.

 

L'immortalità si paga cara: bisogna morire diverse volte mentre si è ancora in vita. 

Friedrich Nietzsche 

 

 

Libero finalmente dopo un anno di oblio, fuori da quelle mura, da quell’ambiente indecente. Una strana sensazione: “Adesso, ora, posso fare qualsiasi cosa”. Cancellare la parola impossibiledal mio vocabolario. Cammino per il centro di Bologna. È pomeriggio. Domani andrò a casa, forse, intanto mi godo questi attimi di libertà. A cena con gli ex compagni di sventura. Vino, birra, limoncino: sono già fuori dall’ordine costituito. Si va in Piazza Maggiore, mi sembra di galleggiare nell’aria, negli scalini davanti al duomo parliamo ma abbiamo due lingue diverse e non c’è mediazione. Mi sembra di scorgere un'altra Bologna, sembra diversa. Qualcosa è cambiato dentro e fuori di me. Un ragazzo sui scalini sta parlando a delle giovani (gallesi), mi avvicino e dopo un dialogo fatto a gesti mezze parole in spagnolo andiamo in un pub, lì vicino il ritrovo dei turisti. Le cose si mettono male divento fastidioso, sembra impossibile ma è vero, il gestore mi caccia, lascio diecimila lire di mancia. Ora da solo ubriaco e incazzato, mi avvio verso il Pratello a finire la serata con il botto.

Il cammino verso la mecca dei supplizianti è difficile. Mi fermo in due osterie, ancora birra, nella testa l’alcool risuona come un disco all’incontrario di satanica cospirazione, ma poi come per magia li vedo, sono lì che mi aspettano, chissà da quanto?

Mi siedo

“Ciao, io mi chiamo William”.

“Piacere, Noemi”.

”Farvo”.

”Marina”.

”Max”.

 

Ma nessuno crede al mio nome, William: impossibile, non ne ho la faccia. Allora pronuncio il mio vero nome, Riccardo, ma non capiscono, la condanna della mia vita, non poter parlare ma trattenere tutto dentro. Per colpa di quella consonante (“R” che viene “W”) costretto a vagare nel silenzio o in esplosioni senza senso, alla ricerca della verità. Il teatro dell’assurdo mi accompagna sempre nei miei spettacoli surreali unici nel loro genere.

Mi sembra di averli già visti, dejà vu, uno dei tanti da quella notte in poi. Parlano allegri forse ubriachi, ridono senza motivo, alle mie spalle un angelo mi sfiora, è una ragazza siciliana indossa una gonna lunga e sottile la chiamo:

“Sei bellissima”.

Mi guarda divertita e mi indica una persona il suo ragazzo. Tiro fuori un sorriso sardonico e senza vergogna le racconto che l’ho conosco mi ha ospitato a casa sua, una notte di fuoco insieme ad un freak che parlava con uno strano accento e lavorava il gesso.

Uso tutto il mio vocabolario ma non c'è storia anzi il suo ragazzo mi dice di telare e non scherza.

Mi riunisco a quei ragazzi il tempo passa, segno i loro nomi e numeri di telefono in un’agendina per non dimenticarli:

“Marina di Milano”, Max, Noemi e Farvo”.

Il futuro non sarebbe stato clemente con me, sarei diventato il loro capro espiatorio. La notte chiede sangue giovane ed io sono li a portagli tributo. Ero “Alice nel paese delle meraviglie”, insieme al gran coniglio stavo facendo un gioco sottile e rischioso,è la cara roulette russa.

Un branco di ragazzi mi circonda con i loro cani da slitta, sono una tribù in movimento, gli chiedo un acido. Dopo qualche minuto comincio a parlare e muovermi, mi sento forte, sicuro, finalmente libero critico della ragion cinica.

Si fa vanti la Malaria con la sua morale, il suo odio verso il mondo e la sua storia che mi riguarda.

 

Che tempo che fa … qualche anno prima.

 

Piazza delle Corriere. Davanti al bar centrale due vecchi freak, testimoni di un mondo condannato all’eutanasia, cercano di spronarmi, non accettano che l’unico sia finito, diventato un vegetale. Mi mandano da una strana ragazzina che sta sempre lì ad aspettare il pullman, diventiamo amici, ero un tipo molto buffo per la Malaria. Giovanissima e già maledetta si considerava un tossica e parlava di politica per spaventare il messia perduto:

“A Bologna i miei amici sono gli autonomi”.

Credeva nelle apparenze, nella ribellione dello stile e non sapeva chi ero veramente, una costante della mia vita. La nostra piccola storia finisce in modo tragicomico. Mi presenta, un giorno i suoi amici bolognesi e una sua amica Silvia, capelli biondi carina, in un minuto mi fa perdere la testa. 

Mesi dopo Silvia torna a casa mia e mi legge una lettera, rimango senza parole è al prima volta che una ragazza mi dichiara un amore incondizionato.

Ma le apparenze molte volte ingannano, Silvia ha un passato traumatico e lo shock si ripercuote in ogni suo rapporto, mi trovo senza saperlo davanti ad uno specchio la mia immagine riflessa. Non c’è soluzione per questo enigma.

E non è solo questo, la mia storia con la Malaria e la sua amica non piace, ha gerarchi e burocrati di partito, l'infamia più grossa si abbatte su di me. Con la complicità della mia famiglia, sempre agli ordini del potere repressivo, vengo allontanato dai miei amici. Tre intellettuali della domenica fuori dalla legge e dalla dignità umana mi prelevano e imbottiscono di farmaci:

“Tu non devi vivere, la sentenza del Partito non si discute”.

Rimango traumatizzato, dopo non ricordo più nulla la Malaria, Silvia e gli altri ragazzi diventano un sogno sfumato.

Ma questo è un uomo? Cosa sono questi dottori di “sinistra”, con l’Unità in tasca? Che permettono tutto hai loro figli, ma poi si sfogano con me “l'ebreo che ride”, “l'ebreo rinnegato”. Sono agenti della controrivoluzione preventiva, la loro posa, espressione da intellettuale che non sbaglia mai, si trasforma in un ghigno criminale. Il diritto e la legge che difendono viene meno e si instaura lo Stato di eccezione. Tutto è per messo, il fine giustifica i mezzi? 

Alla cultura autoritaria, di stalinista e fascista memoria si unisce il fanatismo cattolico ed il liberalsocialismo, in una nuova santa crociata contro la famigerata seconda società. L’omertà diventa il primo comandamento. Vogliono creare un paese artificiale senza memoria, senza storia, solo finzione e falsa radicalità da figli di papa.

Questa città è un’isola felice?!

 

Niente è sacro. 

 

In Via del Pratello la festa non è ancora finita. La Malaria deve andare via, è di nuovo innamorata di me. Le dico di restare, ho paura che tutto sia un sogno, ma se va. Non so cosa mi spinge ma voglio osare di più, andare oltre, deprogrammare il mio cervello una volta per tutte. Ubriaco tra i punk e i loro cani, chiedo gentilmente ancora un viaggio. Una ragazza mi chiede quanti:

“27 come ventisettemila leghe sotto i mari”.

Ma ora che ci penso le leghe erano ventimila, piccolo errore di strategia militare. Mette un grosso pezzo di cartone nel mio bicchiere di birra. All'inizio dell'esperimento non sento cambiamenti, ma poi un onda maestosa, che non riesco a cavalcare. Dietro di me uno squalo sta azzannando la mia tavola, la paura sta prendendo il sopravvento, mi sovrasta. In gergo si dice “strippare”. I 27 acidi diluiti nella birra esplodono dentro la mia testa. Ho sete tanta sete, la lingua amara. Parlo con mille persone, almeno così credo. Una forza sconosciuta mi spinge oltre, mi sento invincibile, il tempo si dilata, lo spazio circostante si muove e apre labili confini.

 

Sto per crollare, mi manca il fiato, una ragazza vicino a me cerca di aiutarmi: 

“27 acidi, ti sei preso 27 acidi” 

Ma è tardi è troppo tardi, cado a terra. Le ultime immagini che vedo riportano la mia mente ai vangeli, la crocefissione di Cristo. Vedo dei ragazzi coi loro cani, seduti vicino al loro messia in attesa che la profezia si compi, in attesa del sacrificio umano. Cado nel vuoto, il cuore smette di battere. Un miracolo si sta compiendo. La mia anima, la mia essenza si distacca dal corpo. Sto salendo in alto, contro tutte le leggi della fisica vedo il mio corpo esanime in Via del Pratello, le persone senza parole, attonite, fissano il santo caprone. Una sensazione di benessere assoluto domina il mio nuovo essere: è bellissimo sentirsi liberi, galleggiare nell'aria.

Forse è finita, questa è la ricompensa per l'Unico che muore, la quarta dimensione si è aperta di nuovo per Simonetti “l'ebreo errante”, ”l'ebreo che ride”. Ora ricordo tutto, proprio tutto, i due Freakkettoni morti tanto tempo prima sono lì a guidarmi nel mio passato:

La cerimonia, il Conte, i due folli, la Roby, i fratelli e le sorelle, la tragedia degli anni '70, la clinica dell'orrore, la fuga in America, il primo ringiovanimento, la morte del bambino, il secondo ringiovanimento, la condanna a non poter vivere da parte dello stato, la condanna all'isolamento, alla morte civile e sociale, la condanna al continuo lavaggio del cervello. Ricordo le leggi speciali, razziali contro di noi anarchici stirneriani per il nostro folle sacrificio. La rigenerazione, gli anni del culto della droga, delle libertà totali. La meteora infelice del Livello 14. La follia e la provocazione fuori luogo ci porta anche la scomunica del movimento autonomo e la maledizione sul nostro nome: 

“Non siete mai esisti, il vostro nome sarà maledetto per sempre, siete solo dei provocatori infiltrarti, marionette dei servizi. Se tu non fossi nato. il movimento sarebbe forte e vivo”.

Gli esecutori materiali di questa sentenza, di questa persecuzione, molti militanti del Partito ed altri uomini dai santi principi, non perdonano la verità storica portata dall'Unico, l'iconoclasta che non si è piegato, che è sopravvissuto, che ha denunciato al modo il crimine dei ringiovanimenti e le leggi argentine. Tutti segreti di Stato. Senza pudore, gli eroi dello stato, nel corso degli anni, come nazisti postmoderni, non mi daranno pace. Una guerra senza esclusioni di colpi si è combattuta nella cittadina felice, avamposto del cristianesimo ariano.

La religione è l'oppio dei popoli? 

E poi insieme a questi due demoni, senza gloria, vedo gli ultimi anni della mia vita, mi trovo a combattere una guerra solitaria contro tutto e tutti, alleandomi con la teppa più misericordiosa. 

Lo stato e i mille poteri che si diramano nella società si divertono a violentare la mia debole vita.

Ma la ribellione c'è sempre stata, un refrattario non si può piegare, non si può distruggere, non si può uccidere, la sua dignità lo distingue dagli altri, la sua amoralità lo porta sempre oltre la linea, l'anarchia. 

Ora sono qui in questo limbo ad aspettare la sentenza delle divinità, dell'Ordine della Stella “la Cultura”.

Devo tornare tra i vivi, la mia missione non è ancora compiuta, il mio viaggio non è ancora finito, devo pagare il prezzo della mia anarchia, della mia ribellione prometeica. Mi sento come l'uomo che cadde sulla terra, tento in ogni modo di fare la mia nave spaziale per tornare a casa dalla fratellanza, ma alla fine le cose vanno a rotoli e mi ritrovo con i punk di Via del Pratello. La vita con il suo peso torna a far sentire la sua voce, sudore, mal di testa.  Una ragazza tenta di sollevarmi: 

“Dai alzati, alzati! Alzati ti prego”.

Gli altri mi guardano stupiti, inebetiti, in attesa che lo spettacolo continui, sanno di aver assistito a qualcosa fuori dal comune. Mi alzo osservo delle strane figure che mi fissano con rabbia, un adunata di refrattari, tento l'impossibile, racconto la mia storia:

“Mi chiamo Simonetti Walter e sono nato il OMISSIS a OMISSIS ...“

Ma uno di loro risponde malamente:

“Ti conosciamo Riccardino, la sappiamo a memoria la tua storia, non attacca, sono cavoli tuoi, ne hai fatte troppe, sarai sempre il traditore dell'anarchia, un provocatore da quattro soldi …”.

Cerco di difendermi ma non c'è niente da fare e non c'è più niente da dire, solo maledire la società degli uomini in tutte le sue manifestazioni. 

Da quella notte in poi sarò per molto tempo il ragazzo dei 27 acidi, l'uomo che cadde sulla terra, un personaggio strano, un incognita da evitare perché carico di autodistruzione. Il prezzo di questa de programmazione sarà altissimo, la schizofrenia del linguaggio diventerà legge. Sotto la supervisione e la recita infame di un intero paese sarò costretto ad una folle dissimulazione, che portò inevitabilmente alla dissociazione della mia personalità.

 

Tandem 30/10/2000

Nessun commento:

Posta un commento

Dissociazione Totale (feat) ZIA 3 zero identita' accumulate

📥 Scarica Nietzsche.pdf ⬇ Scarica Nietzsche.pdf   Prefazione dissolta di Simonetti (non firmata) (dal saggio “Dissociazione Totale...