lunedì 26 maggio 2025

Homo sacer, la psicosi del capro espitorio

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 Ucronia N2



Illuminati Pop Anarchy Baal



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«Perdono tutti e a tutti chiedo perdono. Va bene? Non

fate troppi pettegolezzi». C. Pavese


Ai mie fratelli e le mie sorelle di spirito

A mia moglie Carmilla e il mio amato figlio

Alla santa e maledetta fratellanza, l‟ordine dei Moky

Al mondo dellinvisibile

Agli Anunnaky che osservano dal cielo il loro figlio

Ai miei Padri

A Rachele che non c‟è più

A i miei figli

A mia sorella il mio angelo custode


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Simonetti Walter


La Psicosi del capro


espiatorio


l’homo sacer contro la

svastica sul sole


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"Non sono d'accordo con ciò che dite, ma mi batterò

perchè possiate dirlo liberamente". VOLTAIRE


La psicosi del capro espiatorio nasce dall’uomo, è

opera della fantasia di un Borderline in caduta

libera, questo racconto evoca quella che è stata

chiamata ucronia una narrazione secondo cui la

storia è andata diversamente. L’ucronia è un modo

per dire che siamo noi e non gli altri i responsabili

della storia, per rivendicare il nostro protagonismo

ed anche le nostre responsabilità e i nostri errori.

La psicosi del capro espiatorio è un grido anarchico

di libertà che si batte dentro e contro l’Impero

neoliberale post-moderno, che oggi si impone con

il plagio tardo-mediatico democratico – nazi(onal)

populista. E la rete virtuale? È a volte viola di ...

Ogni riferimento a persone, cose e fatti è

puramente casuale. Le opinioni e i giudizi espressi

su persone, corpi militari, movimenti politici,

istituzioni nazionali e religiose appartengono al

protagonista e non allo scrittore, sono usati per

fini meramente narrativi.


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La psicosi del capro espiatorio

Da: rikizero@inwind.it

A: <propop@linkproject org>; shake milano

<press@shake.it>; estragon bologna<live@estragon.it>; radio k

centrale<radiorkc@iperbote.bologna.it>;

Data invio: sabato 13 gennaio 2002 23:27

Oggetto: Letterà aperta?


Simonetti Walter

IL VILLAGGIO DEI DANNATI


Spett. Dott. Grand. President. Illuminat.

Egregio compagno presidente,

guida spirituale, massimo esponente della sinistra italiana,

innovatore, precursore della giusta via, maestro non esageriamo.

Le scrivo questa lettera per semplice cortesia.

Anche se sottoposto ad un carico emotivo fuori dalle umane

possibilità, sono ancora in piedi (in questo momento seduto),

malconcio, massacrato psicologicamente, umiliato, isolato,

ricattato, reso una barzelletta, una caricatura Etc...

Si ricorda a Fano quella notte nella sua macchina, ho scritto un

breve racconto su quella conversazione, chiacchierata

amichevole, con molte omissioni, molti sbagli ortografici Etc ...

Spero che non sia offeso è sua l’idea di scrivere un libro su

queste vicende che mi (ci) hanno visto protagonista nel bene e

nel male. E’ una grande idea scrivere la storia dei figli maledetti

del e dal Partito, useremo dei nomi fittizi, delle date fantasiose

per salvare la privacy, ma il succo sarà la verità con la A

maiuscola. Sto scherzando tutto si può dire, ma non la verità

perché non esiste è morta molti secoli fa.

Quella notte mi aveva parlato di quella setta Comunione e

lavoro forzato, del tentativo di corruzione, captazione

onestamente non ho visto il becco di un quattrino, forse con il


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rialzo dei prezzi hanno svuotato il salvadanaio. Anzi nei loro

occhi ho visto la nostalgia per un passato velato di nero,

militarismo, post-fascismo e merda simile.

La storia non si può cambiare così mi aveva detto.

“La vita è tutto uno scherzo” un mio bigliettino copiato dai

magici Merry Prankster recitava:

“Allegri burloni, non giudicare mai, serietà nemmeno per

scherzo”.

Le persone che hanno sbagliato sono state beatificate, ricordate

come eroi, dei bambini sono stati sacrificati per salvare l’onore

perduto dello stato.

Mi viene alla mente una mattina di vent’anni fa, nel prato della

scuola elementare medaglie al valore gettate come noccioline ad

un ignaro e fidato compagno.

Un uomo anziano, reduce, esponente di rilievo del partito con la

sua voce rauca grida hai suoi segugi li vicino:

“Fatemi vedere quel bambino? Cos’à? Come ti chiami?

“R ...”. Risposi tremante, l’uomo mi prese il volto con le mani

ruvide come la terra mi guardò per qualche secondo e poi disse:

“ Non ha niente questo bambino è sano come un pesce cosa che

volete che sia una caramella con un po’ di ... noi alla sua età

combattevamo, lavoravamo come schiavi non è vero

compagni?”

Ed ora rivolto al padre:

“Non si preoccupi per suo figlio, adesso le daremo una bella

medaglia per la sua collaborazione il Partito pensa sempre ai

suoi militanti”. Ma non hai ...

Questa storia è finita le ferite non si sono riaperte, ognuno è

rimasto dov’era, con la benedizione di Dio, e dei notabili del

paese vecchi e nuovi. E vissero felici e contenti per i secoli nei

secoli.

Saluti psichedelici

Tavor27


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http://it.wikipedia.org/wiki/Psicosi

Il termine psicosi fu introdotto nel 1845 da Ernst von

Feuchtersleben con il significato di "malattia mentale o

follia". È un grave disturbo psichiatrico, espressione di

una grave alterazione dell'equilibrio psichico dell'individuo,

con compromissione dell'esame di realtà e dunque con la

negazione[1] come meccanismo di difesa, inquadrabile da

diversi punti di vista a seconda della lettura psichiatrica di

partenza e quindi del modello di riferimento

I sintomi psicotici sono ascrivibili a disturbi di forma del

pensiero, disturbi di contenuto del pensiero e disturbi della

sensopercezione.


SINOTOMATOLOGIA


Disturbi di forma del pensiero: alterazioni del

flusso ideativo fino alla fuga delle idee e

all'incoerenza, alterazioni dei nessi associativi

come la tangenzialità, le risposte di traverso, i salti

di palo in frasca;

Disturbi di contenuto del pensiero: ideazione

prevalente delirante;

Disturbi della sensopercezione: allucinazioni

uditive (a carattere imperativo, commentante,

denigratorio o teleologico), visive, olfattive, tattili,

cenestesiche, geusiche.

Di queste tre categorie di sintomi il disturbo del contenuto

del pensiero (delirio) è quello caratterizzante tutti i quadri

psicotici; infatti nei disturbi dell'umore le allucinazioni

possono essere assenti, così come nel disturbo delirante

cronico (Paranoia) non si osservano evidenti disturbi della

forma del pensiero.

Tali sintomi possono presentarsi in diverse condizioni:


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in corso di disturbi mentali organici secondari a

malattie internistiche o neurologiche (Lupus

Eritematoso Sistemico, endocrinopatie, uremia,

porfiria, Sindrome di Wilson, corea di Huntington,

lesioni del lobo temporale e parietale, epilessia,

abuso di sostanze come alcol, anfetamina,

cocaina, cannabis e allucinogeni);

in corso di disturbi cognitivi correlati alla demenza;

in corso di disturbi dell'umore;

in corso di quadri schizofrenici;

in corso di quadri schizoaffettivi;

psicosi acute: schizofreniformi, reattive brevi,

cicloidi,puerperali, ecc.;

in corso di disturbi deliranti (di tipo paranoide);

in corso di disturbi di personalità.

EPIDEMIOLOGIA


L'età di insorgenza delle psicosi è variabile ma già nel

primo anno di vita vi possono essere comportamenti

abnormi. Le psicosi hanno un'incidenza tra i 15 e i 54 anni

di 1,5-4,2/100.000. Variano per gravità e prognosi in base

alle caratteristiche del disturbo e in base alle

caratteristiche dell'ambiente in cui vive la persona. Gli

studi dell'Organizzazione Mondiale della Sanità,

l'International Pilot Study of Schizophrenia e il

Collaborative Study on Determainants of Outcome of

Severe Mental Disorders,


[2] condotti su 1400 individui

osservati in un tempo superiore ai 20 anni, mostrano che

la schizofrenia è ubiquitaria e che i contesti sociali diversi

determinano esiti sociali diversi.

Non sono risultate aree geografiche con incidenza

particolarmente alta per disturbi psicotici. Una prognosi

decisamente migliore si è evidenziata per i soggetti

appartenenti ai paesi in via di sviluppo. È risultato inoltre

che i quadri clinici che si manifestano in maniera acuta

presentano una evoluzione migliore di quelli con esordio


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insidioso e progressivo. Tuttavia la tendenza ad un esito

migliore nei paesi in via di sviluppo è comunque stata

riscontrata sia per i quadri clinici a esordio acuto, sia per

quelli a esordio progressivo.

EZIOLOGIA


L'eziologia del disturbo è, come per molte condizioni in

medicina, molteplice e in larga parte ignota. Da un punto

di vista psicobiologico, la sintomatologia psicotica trova

una correlazione con alterazioni organiche a vari livelli, da

una predisposizione genetica, all'alterato funzionamento

di neurotrasmettitori quali la dopamina, la serotonina, il

glutammato, il GABA, l'NMDA, i peptidi endogeni e altri

ancora.

Dal punto di vista della psicologia esistenziale, Karl

Jaspers parla di esperienze psicotiche quando vengono

vissute come incomprensibili per il soggetto per le

modalità con le quali scaturiscono dall'attività psichica,

facendo declinare le condizioni ontologiche dell'esistenza

(tempo, spazio, coesistenza, progettualità).

Secondo Otto Kernberg la psicosi si distingue dalla

nevrosi per la "diffusione dell'identità" e la messa in atto di

meccanismi di difesa primitivi (idealizzazione primitiva,

svalutazione, scissione, identificazione proiettiva, diniego,

onnipotenza) che proteggono l'individuo dalla

disintegrazione e dalla fusione di sé con l'oggetto, con

regressione di fronte all'interpretazione. Un altro elemento

distintivo è quello della perdita della percezione della

realtà.Infatti, al contrario della nevrosi, lo psicotico non

accetta la realtà che lo circonda,e ne crea una diversa

nella sua mente.

La psicoanalisi interpreta le psicosi con una rottura dell'Io

con la realtà esterna, dovuta alla pressione dell'Es sull'Io.

L'Io cede all'Es per poi recuperare parzialmente la


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costruzione di una propria realtà attraverso il delirio,

recuperando il rapporto oggettuale (Freud). Secondo

Melanie Klein, le psicosi sono legate alla caduta nella

posizione schizoparanoide della prima infanzia. Secondo

lo psicologo Carl Gustav Jung, nelle psicosi si ha il

sopravvento di complessi autonomi inconsci sul

complesso dell'Io, che non riesce a mantenere il controllo

sulle formazioni inconsce. L'indirizzo sociale della

psichiatria esprime anche un'interpretazione legata al

contesto che, come si è visto, risulta determinante per

l'integrazione di queste persone e la loro riabilitazione.


NOTE


1. ^ Dai lacaniani chiamata forclusione: cf. Jean

Laplanche, Jean-Bertrand Pontalis, a cura di

Luciano Mecacci e Cyhthia Puca, Enciclopedia

della psicoanalisi, vol. 1, Bari-Roma, Laterza, 8a

ed. 2008. ISBN 9788842042594. (EN) The language of

psycho-analysis, Karnac, Paperbacks, 1988. ISBN

0946439494; ISBN 9780946439492. Disponibile online,

p. 166. In tedesco la differenza è tra Verneinung e

Verwerfung.

2. ^ WHO, 1973; WHO, 1979; Jablensky e coll.,

1992; Leff e coll., 1992

BIBLIOGRAFIA


Anna Freud. L'io ed i meccanismi di difesa.


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Simonetti Walter


Biografia ucronica di un segreto di Stato? Boh...

Simonetti Walter, nato a Milano il 07/01/1971, è un

demone implacabile della negazione, un portatore di luce,

appartenente suo malgrado all'Ordine Galattico della

Stella "La Cultura", chiamato anche "Gli Illuminati". Ultimo

dirigente del Partito dell'Anarchia, mascotte del

movimento del 77, cresciuto dai "cattivi innominabili

maestri". Discendente di un popolo maledetto che arriva

dall'antica Sumeria, di origini extraterrestri, gli Anunnaki.

Tra i suoi antenati troviamo i Zorasrtaini, i Zeloti, i Nizariti

detti anche Assassini e i baschi. Per semplificazione

viene considerato un un ebreo rinnegato (un demone).

Un esperimento genetico lo ringiovanisce di 4 anni: nasce

per l'anagrafe l'11/05/1975 a Fossombrone. E' soggetto a

schizofrenia e risulta per gli scienziati essere immortale e

amorale. La super intelligenza artificiale che sprigionava,

e la sua memoria, tramite interventi di lavaggio del

cervello e controllo mentale, se ne vanno per sempre

all'inferno. La dislessia l'accompagna per il resto della sua


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vita. Ma resta un individuo Unico, speciale, terrorista

poetico, dalla personalità multipla, un Esperimento XXX.

Spia ed agente provocatore doppiogiochista dello

SDECE, e gola profonda al servizio della Stasi, cacciato

con disonore dalla Legione Straniera.

La pubblicazione nel 2007 di blog su internet segna per

Simonetti Walter (l'ebreo che ride) la fine della militanza in

progetti più direttamente politici (post-situazionismo) nella

scena sub-avanguardista internazionale. Vere e proprie

T.A.Z. (1977-2000), come quelle del Consiglio degli Unici,

la Fazione dell‟anarchia, Co.Co.Ri. Rigenerazione,

l'intervista al Moro con il vecchio della montagna, la morte

del demone postmoderno, il Livello 14, il gruppo TNT e i

freak di Lucifero, il Nuovo Ordine Mondiale, Gli Illuminati

sezione mongoloidi di Fossombrone (la compagnia

fittizia). Poi proseguita fino al 2006 con la diffusione di

bigliettini da visita e locandine in luoghi strategici, magici

(locali alternativi, centri sociali, vie e piazze di Bologna,

Fano, Rimini, Firenze, Milano, Parigi, la Realidad).

Ma "Simonetti Walter" non è solo un ex anarchico

stirneriano: é anche il nome di una leggenda

metropolitana, una setta iper-segreta, piccola comunità

iniziatica (macchina desiderante nomadica), che

raccoglieva attorno a Walter alcuni dei suoi amici e

collaboratori. Su questa setta (società pirata),

realizzazione di una "violenta congiura dissacrante" che

sarebbe stata fondata addirittura sul sacrificio umano di

una vittima consenziente, un importante dossier in gran

parte inedito fa ora per la prima volta piena luce in queste

pagine post-materialiste.

Il Gobbo Internazionale


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Leonardo Fibonacci


La morte di Jacques Mesrine

Bogdanov e la verità operaia


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Futuro anteriore e Psicosi del capro

espiatorio

Lo script autobiografico, “La psicosi del capro

espiatorio” è avvincente un mix di situazionismo P.

K. Dick siringato con la scimmia sulla schiena di W. S.

Burroughs. Un invettiva fuori dalle regole lessicali,

che va contro il mondo intero, una visione psicotica,

allucinata, delirante, ed estrema della realtà.

In Italia c‟è stato un conflitto di classe segreto, senza

esclusioni di colpi. Lo Stato democratico, il Partito

Comunista, la DC, la Chiesa, la massoneria, i neofascisti

hanno condotto una guerra segreta contro gli ebrei

rinnegati (chiamati anche demoni, alieni, anti italiani), una

vera e propria quinta colonna accusati di tradimento della

nazione. Organizzati nell‟area del socialismo autonomo

libertario e nel Partito dell‟Anarchia prima e poi negli anni

80, la fazione dall‟anarchia approda alla narco-guerriglia

del Livello14.

Questa è la storia di un capro espiatorio di nome

Simonetti Walter e della sua lotta disperata contro i mulini

a vento, per la verità. Contro di lui lo Stato intero, ormai

nudo di fronte alle sentenze della Corte Europea per i

diritti dell‟uomo e delle deliberazioni del Parlamento

Europeo, tenta il tutto per tutto per non smentire il suo

spettacolo degradante e ridicolo, ma sempre totalitario.

Viene ordinato alla fine del 2000, dopo la paura e il deliro

a Bologna e la ribellione prometeica avvenuta durante il

mese successivo, l‟applicazione di un Sistema atroce per

l‟annientamento psicofisico dell‟Iconoclasta (prima che la

società cyber mediatica che tanto lo odia, lo incoroni Re

per una giorno). Prima che uno dei segreti di Pulcinella

dello Stato Italiano; La famigerata Klinica (creata dal duce)

che negli anni 70 fece esperimenti genetici su più di 120

minori, colpevoli di essere figli di anarchici e di militanti

dell'ultrasinistra, ritorni sulla bocca di tutti. Grazie o per


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colpa di Simonetti Walter, Il mezzo per fermarlo si chiama

“Sistema Amerikano” (S.A.).

Il S.A. è un prodotto dell'uomo, uno dei metodi più

criminali per rieducare e distruggere una persona, una

vera e propria tortura, che l'attuale ordinamento

democratico populista usa nell'illegalità più nera. Fuori dal

diritto e dalla dignità umana agenti della contro rivoluzione

preventiva agiscono indisturbati, devono insabbiare con

ogni mezzo necessario, l‟infame storia dell‟isola felice,

che è poi la storia di una Nazione. Che non ha saputo fare

i conti con il passato, con il suo peccato originale. Siamo

nel pieno dello stato d'eccezione con il consenso infame

della società civile e della borghesia colta, viola di

vergogna. Ci sono leggi speciali non scritte che lo

permettono, un lascito del fascismo che non è mai stato

distrutto veramente. Solo Marco Fanella non partecipa al

banchetto e si oppone alla persecuzione. Forse perché

non accetta questa forma di cannibalismo post moderno,

che rimane inalterato dai secoli della Santa Inquisizione,

antiche leggi mai cancellate quelle del sacrificio umano e

dell‟ebreo come capro espiatorio. Dei vecchi cattivi

maestri che l'hanno allevato solo Mascalzone tenta un

approdo con i guanti per non sporcarsi, ma è fuori tempo

massimo. Gli altri si guardano bene dal nominarlo,

ripetono come una litania magica che Simonetti non fa

parte del Movimento è solo un pazzo infiltrato, un anti

italiano. L'accusa per la società benpensante e i post

stalinisti è di essere un agente provocatore al servizio

dell'Ordine della Stella ”La Cultura”, cioè una spia, un

killer della Francia. Per la sinistra Radical Chic, sempre

più lontana dal socialismo scientifico di K.Marx, è un

esperimento creato dai soliti scienziati ebrei, quindi un

sionista, appartenente al Mossad, un criminale di guerra.

Per l‟estrema destra è un demone alieno che rappresenta

lo spirito anti nazionale e fa parte del complotto degli

Illuminati per creare uno Stato Mondiale. Alla fine la

sentenza è la stessa quest'ebreo rinnegato, questo


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anarchico strineriano, si è meritato questa folle

persecuzione, questo fac-simile di non vita.

Simonetti Walter è l‟ultimo di quei Iconoclasti che hanno

riposto la loro causa su nulla. Questa storia è la fine della

leggenda spettacolare dell'Unico.

Non può essere recepito come pura finzione, come il

frutto della psicosi Borderline dello scrittore, questa

Ucronia narra di una distopia possibile il dubbio

rimarrà sempre nei nostri pensieri, perché Simonetti

Walter è un membro degli Illuminati - Partito Pop

Anarchico; scrivere queste pagine è costato

sofferenza e dolore, in qualche modo, il protagonista

pretende da noi uno sforzo analogo, oltre-umano:

credere a tutto e cancellarci come lettori.

A∴ A∴ Lega Socialista Anarchica Marsigliese


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“L’Opera di soccorso si dedico sistematicamente a individuare i

bambini jenisch allo scopo di sottrarli ai genitori e collocarli

presso famiglie affidatarie o negli orfanotrofi, quando non

venivano addirittura incarcerati o internati in ospedali

psichiatrici. Secondo i principi perversi di un’eugenetica

feroce, sopravvissuta tra le pieghe delle società europee alla

stessa catastrofe nazista”.

“Poi una volta impadronitesi dei piccoli, ne organizzava la

ricollocazione in una rete fitta di referenti, contadini desiderosi

di acquistare braccia giovani per i lavori nei campi, istituti

religiosi, istituzioni psichiatriche, penitenziari. Un mondo fatto

di uomini e donne per bene, tutti timorati di Dio e l’autorità, che

si prendevano cura dei loro corpi e delle loro anime educandoli

alla vita ordinata e alla disciplina del lavoro con ogni mezzo di

correzione, a suon di nerbate o di elettroshock, sottoponendoli a

controlli feroci e talvolta anche (è documentato) a molestie

sessuali, impegna dosi con precisione svizzera all’unico vero

dovere di cui erano ritenuti responsabili: impedirne ogni contatto

con la famiglia di origine. Vigilare affinché l’identità originaria

di quei loro protetti fosse davvero cancellata”.

“Ecco questa è la nuda vita. Questa “massa informe di carne

senza volto” (così la Mehr si vede nel suo primo barlume di

autocoscienza) totalmente affidata agli altri, estranei, nei luoghi

degli altri, esposto. E’ una vita che non può vivere una vita

propria. La vita che non “si appartiene”, perché negata nei

suoi fondamenti identificanti, privata della stessa continuità

temporale. La vita di coloro che sono spiritualmente privati

della propria identità, perché non conformi allo jus soli ... è

la vita cui viene negato finanche il diritto alla propria

naturalità (cosa più naturale del legame per nascita?). E’ la

vita interamente, liberamente manipolabile perché res

nullius. Privata di un soggetto. Separata dalla soggettività che la

dovrebbe abitare, ma anche socialmente inaccettabile.

Inopportuna. Da rimuovere con misure amministrative. Con le

tecniche neutre dell’igiene sociale”.

Marco Revelli Controcanto


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Se questa vittima può elargire anche dopo la sua morte i

suoi doni a color o che l'hanno uccisa, è perché essa è

risuscitata, oppure perché non era veramente morta. La

causalità del capro espiatorio s'impone con tale forza che

neanche la morte è in grado di fermarla. Per non rinunciare

alla vittima in quanto causa, essa la risuscita se occorre, la

rende immortale, almeno per un certo periodo, inventa

tutto ciò che noi chiamiamo trascendente e sovrannaturale.

René Girard


“Uomo sacro è, però colui che il popolo ha giudicato per un

delitto; e non è lecito sacrificarlo , ma chi lo uccide, non

sarà condannato per omicidio; infatti nella prima legge

tribunizia si avverte che se qualcuno ucciderà “colui che

per plebiscito è sacro, non sarà considerato omicida”. Di

qui viene che un uomo malvagio o impuro suole essere

chiamato sacro. Giorgio Agamben Homo sacer


"Di stupefacenti sarebbero, secondo i sapienti, avvelenati i

selvaggi. Infatti, la droga guadagna spazio, mentre sulla

droga guadagna il capitale. Ma la droga allucinogena,

quella per intenderci che libera dall‟allucinazione della

“vita”, con l‟abbassare la soglia che filtra cioè economizza

le percezioni, attacca direttamente l‟economia che

impoverisce ciascuno inchiodandolo alla scheda perforata

delle percezioni programmate per lui dalle gerarchie del

sapere, e, con il consentirgli finalmente di vedere ciò che

non aveva mai visto prima, lo dischioda dal “reale”, gli

restituisce la verità che gli pertiene. Non può essere, tale

verità, che atroce: umiliante e terrifica. Ma definitiva,

indimenticabile. Lo strappo non è reversibile, si lamentano

i sapienti. Terrorizza, sgomenta, inselvatichisce. Ciò che

terrorizza, ciò che sgomenta e ciò che, nei migliori dei casi,

inselvatichisce non è, al contrario, che la visione della loro

“verità”,di colpo denudata" Giorgio Cesarano


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Jonh Doe


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Capitolo 001


Uno spettro si aggira per l’isola felice 31/10/2000


«Il mondo occidentale ha raggiunto un nuovo stadio di

sviluppo; a questo punto la difesa del sistema capitalista

impone, all‟interno e all‟estero, l‟organizzazione della

controrivoluzione che attua nelle sue manifestazioni

estreme gli orrori del regime nazista. [...] Si tratta di una

controrivoluzione in larga misura preventiva, interamente

preventiva nel mondo occidentale dove non ci sono né

rivoluzioni recenti da annullare né rivoluzioni nuove

all‟orizzonte. Eppure la paura della rivoluzione che ne

costituisce il denominatore comune lega nei vari stadi e

aspetti la controrivoluzione, ne percorre tutta la gamma,

dalle democrazie parlamentari alle dittature aperte,

passando per gli stati di polizia. Il capitalismo si riorganizza

per fronteggiare la minaccia di una rivoluzione che sarebbe

la più radicale della storia, la prima vera rivoluzione

storico-mondiale».

Herbert Marcuse


E’ il primo pomeriggio devo uscire di casa, la follia e il delirio

della notte bolognese scorre ancora nelle mie vene. Prendo la

macchina per fare il solito giro senza meta della domenica. Ma

all’altezza del campo da calcio abbandonato, vengo fermato da

dei ragazzi del bar. Mi guardano increduli, stupefatti la leggenda

è ancora viva, mi dicono:

“Tutti ti credono morto di overdose a Bologna, vieni con noi al

Corso c’è gente che sta festeggiando al bar, altri hanno paura. Ma

ti sei risvegliato con l’eroina? Sei Simonetti? O sei Richi?”.

Ancora non capisco ma continuo ad avere flash mentali, vere e

proprie visioni sul mio passato. Rispondo con un sorriso

anestetizzato:


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“Sono Richi non capisco cosa volete dire, però mi sento strano,

cosa c’è nel mio passato, chi sono veramente?”.

Mi guardano divertiti e accennano alla loro verità:

“Sei un pazzo, un killer tossico dell’Ordine della Stella. Tu sei

Simonetti, il traditore dell’Italia”.

Comincio a ricordare, a sistemare nella mente le immagini del

mio passato. E mi viene da ridere, come un Satiro folle senza

morale. Ma con un codice d’onore quello dell’anarchia da

rispettare. Rispondo dicendo:

“La verità non è mai così semplice. Una medaglia ha sempre due

facce. E prima di giudicare come degli stolti, bisogna guardare in

faccia la realtà. La vita di merda che mi hanno costruito addosso,

i vostri eroi. Ma ora mi sento bene, troppo bene, vedo il futuro e

sono cazzi amari per tutti”.

Vado con loro in macchina. Mi nascondo dietro per non farmi

vedere. Ci vuole poco per arrivare al centro dell’isola felice, è

una cittadina piccola. Quello che si mostra alla fine del corso è

uno spettacolo stravagante, persone che parlottano tra di loro

eccitate. L’argomento sono io o meglio la mia morte è al centro

di questo festino domenicale. Alcuni ridono, altri sono spaventai,

chissà perché?

Alla fine non resisto e mi faccio vedere, quasi tutti rimangono a

bocca aperta, ma le parole che avanzano contro di me sono fuori

dalla norma, mi spiazzano.

Mario, l’amicone freak comunista, si avvicina con un fare

diverso dal solito mi parla, come se mi conoscesse da sempre. E

non da pochi anni. Mi dice:

“Simonetti lo sapevo che ci saresti ricaduto, sei strafatto, era

meno di un anno che non combinavi disastri. Ma sei finito, ti

aspetta la galera, i francesi non ti proteggono più. Ci hanno detto

che hai ammazzato una ragazza”.

Rimango stupito ma fino ad un certo punto e rispondo subito. Ma

parlo un linguaggio allucinato, farsesco, da teatro dell’assurdo.

“Nemmeno per un cazzo! Non ho ammazzato nessuna ragazza,

voglio sapere, chi ha messo in giro questa stronzata? E poi non

sono Simonetti, ho capito cosa intendi, ma questo che vedi è la

personalità Richi, alla massima potenza.”.


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Poi risate continue quasi deleterie, sembra che sto per andare via

di testa, ma alla fine mi riprendo in extremis. E continuo nel mio

monologo strippato:

“Ho già visto tutto, e come se questo fosse già successo. Sono

ancora coperto, non andrò mai in galera. Ci sono persone

importanti che lo devono cazzo ...”.

A questo punto interviene Paolo, uno della sinistra rivista:

“Senti mostro della Laguna, in stato di shock permanente, è

impossibile questa volta non c’è la fai. I capi del Partito sono

stati chiari, non hai scampo ti spediscono in galera e buttavano

via la chiave. Finalmente!”.

Ma non mi convincono anzi rido ancora di più. E lo spettacolo

più infame e degradante deve venire. Altri ragazzi hanno in mano

un manifesto da morto, c’è il mio nome e cognome, non riesco a

crederci come hanno fatto in poche ore a stamparlo e diffonderlo.

La risposta è semplice i leader della Lobby satanista cristiana che

domina nell’isola felice e gli eroi dello Stato ne hanno stampato

uno per l’evenienza. Sapevano della trappola mortale a Bologna,

sapevano che la primula rossa aveva i giorni contati.

Mi dicono di andare al bar del Corso dove una moltitudine di

uomini, donne, vecchi, ragazzi e ragazze stanno festeggiando la

mia dipartita, con un brindisi edonista, quasi religioso. Mi

avvicino alla porta del locale, con il lugubre manifesto nelle

mani, guardo queste pecorelle smarrite, questa folla adulante,

con il sorriso sul volto, e provoco la loro stoltezza:

“Tana libero tutti, sono vivo pezzi di merda!”.

Rimangano di sasso, stupiti, inebetiti, non accettano che

Simonetti Walter sia sopravvissuto ancora alla morte. Pensano

che sia impossibile i loro ministri del culto erano stati chiari

l’ebreo morirà è il volere di Dio, non ha più scampo è il capro

espiatorio. I loro dirigenti di partito erano stati categorici quello

scherzo del destino creperà non ha più protezioni. Ma di che Dio

stanno parlando? E’ il Dio della Gnosi ariana mai debellata

veramente dalla Chiesa Cattolica, anzi sempre usata per i loro

lavori sporchi, infiltrata da Massoni di ogni specie, una Cultura

antica che non vuole rendersi civile, ma continua a considerarsi il

Santo Grall, la verità assoluta.


23

Ma di che giustizia politica parlano? E’ la ragione di uno Stato

che si è sporcato le mani, e usa il Segreto come arma politica

perché non vuole rendere conto alla comunità internazionale, dei

crimini commessi. I moderni rappresentanti di questa Statolatria

sono gli ex stalinisti e i liberal fascisti. Il paese dilaniato da lotte

intestine e istituzionali, si unisce incredibilmente contro un

nemico del popolo. E visto che non si riesce a mandarlo in

galera o internarlo in un manicomio lo si fa ammazzare, la taglia

fa gola a tanti criminali.

Chi sono queste persone nel bar Corso? Li guardo bene sono

facce già viste, un universo composito e variegato, vedo con

sorpresa anche parenti ed amici lì a festeggiare per il macabro

evento, il sacrificio umano. Ci sono mantenuti da genitori

miliardari. Giovani di sinistra, alternativi figli di papa, portatori

entusiasti del socialismo degli imbecilli, che di radicale non ha

proprio niente. Ci sono i neofascisti, i bulli più dementi, senza

una briciola di sale in zucca, i servi più infami dello Stato

d’eccezione. Vecchi amici che hanno cambiato bandiera e

vogliono stare con i vincitori. Poi altre istituzioni cittadine,

borghesi rimasti con il cuore ai tempi del Duce e delle leggi

razziali. E non potevano mancare gli eroi del Partito, sono loro a

spingere questa folla multicolore, contro di me. Vorrebbero fare

giustizia, qui e ed ora, ma si bloccano, si accorgono che non ho

paura, che la forza della disperazione e la droga mi rendono

pericoloso, refrattario alla loro volgarità.

Parole di odio e vendetta fermano il tempo, per il momento la

resa dei conti è rinviata, dei ragazzi mi prendono e mi portano

fuori in piazza. Ho bisogno di bere a volte mi sento mancare, una

debolezza che sembra avvolgermi per sempre. Poi mi riprendo

con della birra e ricomincio con il monologo schizofrenico di

parole dissacranti. Penso sono tornato, come un Profeta, un

moderno Zarathustra folle e drogato sono sceso di nuovo a

portare la parabola dell’anarchia. Ma non c’è più nessuno qui ad

ascoltare, i fratelli e le sorelle non sono più tali, altri sono spariti

nel nulla o sono morti. Sono rimasto solo?


24

Mi sbaglio qualcuno c’è, che sta avanzando verso di me dal

Duomo, veloce sconnesso è proprio lui Massimo, l’amico matto

del cuore. Si avvicina ridendo e non crede hai suoi occhi:

“Dino sei tu? “.

Io lo guardo e rispondo:

“No, non sono Dino in questo momento, il cocktail di droga che

ho preso non mi ha fatto cambiare personalità”.

Massimo mi guarda e pensa a voce alta:

“Trip ed eroina è già successo non ti ricordi? Delle volte ti

prendevamo e invece di risvegliare Simonetti, ti facevamo

prendere altre cose ed eri così in mezzo al guado. Sempre fuori

di testa. Per me sei sempre Dino”.

Ma la folla degli stolti non è sazia, vuole chiudere per sempre la

partita e cerca un pretesto per saltarmi addosso. Mi fa cadere in

trappola, invia un tipo, un pericoloso picchiatore ormai

consumato dall’alcool e derivati, che mi minaccia.

“Ti devo dare una lezione, non ho paura di te”.

E nello stesso istante arriva un altro che mi porge un coltello per

difendermi, cado nella trappola e a mia volta minaccio il

picchiatore:

“Fatti avanti che ti taglio la gola”.

Ho paura ma fino ad un certo punto, le visioni mi aprono la

mente, mi indicano una via, un futuro possibile, auspicabile, la

mia storia non finirà ora per mano di questi idioti in preda hai

fumi dell’intolleranza. Prendo coraggio e mi faccio avanti con il

coltello, il picchiatore si blocca e lui ora ad aver paura del

demone che vede nei miei occhi. Ogni uomo a un suo tallone

d’Achille, la sua kryptonite che lo distrugge e gli fa tremare le

gambe. Ora ricordo l’io Simonetti, quando è alla massima

potenza, quando la forza delle sue parole fa vibrare di spasimo

ogni persona sana o malata di mente. Per i tanti squadristi rossi,

neri, azzurri e verdi Simonetti è la kryptonite. Hanno fallito

miseramente, questi porci con le ali non sono riusciti a

distruggere definitivamente Simonetti Walter.

Ricordo come non l’avessi mia dimenticato, già perché ho

dimenticato tutto? Quale shock mi fa vivere senza passato?


25

Ma anche questo è un segreto di Pulcinella. Questo paese

di preti pedofili, criminali in divisa, padroni della libertà

altrui, burocrati statolatri, nazi-padani e brave persone

sempre alla moda, nasconde un segreto che non è tale.

Perché le medicine della memoria, anche se messe al

bando dagli organismi internazionali, sono una realtà di cui

tutti conoscono lo scopo e l‟uso criminale. La società civile

democratica ne ha giustificato l‟uso, a tonnellate alla fine

degli anni 70, per distruggere il brodo di cultura del

terrorismo in Italia.

Un vero e proprio sistema di rieducazione forzato e di

distruzione della personalità (inviolabile sulla carta)

dell‟individuo, messo in moto dallo Stato, con l‟appoggio di

tutti i Partiti (dai fascisti del MSI, passando per i Demoni

Cristiani, i Socialisti di Craxi fino al PCI entusiasta di

entrare nell‟area di governo). L‟unico politico che si è

opposto a questa deriva autoritaria e ha difeso lo Stato di

diritto è stato Marco Fannella. Ricordo ancora quella

tribuna politica, avvenuta 30 anni fa. Pannella e il cattivo

maestro Macalzone hanno avuto il coraggio di denunciare

l‟uso di massa delle medicine della memoria e l‟altra

infamia, il ringiovanimento molecolare e psicologico di 120

bambini, avvenuto in una clinica segreta create dal Duce,

insieme hai nazisti, e poi usate dallo Stato Democratico per

il bene della scienza (Sic.).

Tutto questo è sotto il massimo segreto di Stato, quella

tribuna politica e la campagna portata avanti da anarchici e

da una parte del movimento per la verità sulle medicine

della memoria è stata cancellata dalla memoria collettiva.

Tramite mass media, istituzioni e centinaia di migliaia di

militanti, dei partiti dell‟area costituzionale, zelanti agenti

della controrivoluzione preventiva. Insieme alle forze

dell‟ordine felici finalmente di vendicarsi dei sovversivi

finocchi, drogati e straccioni.

Avevano bisogno di un capro espiatorio per sfogare la loro

vendetta democratica, il loro istinto di morte. Tutti quelli

che hanno tentato di opporsi e denunciare questo stato


26

illegale di cose alla comunità internazionale è finito matto o

morto in spiacevoli incidenti accidentali.

Ora ricordo il perché dell’amnesia che si è abbattuta su di me e la

rieducazione forzata, il manicomio a cielo aperto così lo

chiamavano le brave persone, i credenti nel Dio dell’amore, che

si occupavano di me. Erano medici? Psichiatri? Dottori? No

niente di tutto questo, erano solo degli uomini che si credevano

Dio. La negazione del libero arbitrio per loro era una missione di

vita o di morte, si sentivano giustificati dallo Stato e dalle sue

leggi non scritte .

Comunisti del PCI, Repubblicani, Massoni e ferventi cattolici si

erano trasformati in dei moderni nazisti, portavano avanti il folle

credo del capro espiatorio, dell’ebreo da sacrificare per il bene

comune.

Ero sempre in uno stato di prostrazione. Mio cugino mi diceva:

“Non ti ricordi niente? Sei un vegetale, ma è per colpa tua, sei un

pazzo anarchico del cazzo. Ma non pensarci, non puoi farci

nulla, stasera stessa passeranno a casa di notte e ti faranno la

solita iniezioni di amnesia. Il lavaggio del cervello. Queste

parole domani non te le ricorderai. Richi bevi pure finché puoi e

non pensare troppo”.

Io rimanevo senza parole, perché quella sensazione di vuoto, di

déjà vu continuo, di sfiga costante era la mia vita o meglio non

vita di tutti i giorni.

Ma ora sono qui in piazza e credo in me stesso, nel potere delle

mie parole. Forse é l'eroina che mi fa sentire così, ma

l'esplosione di Bologna, e la partita con il potere che sto per

giocare, era non solo inevitabile, ma giustificata e necessaria.

Si fa avanti il Bisciu, uno degli uomini che si è creduto Dio, e mi

ha negato la vita. Vive per non far vivere. E' un confidente della

polizia e un agente della controrivoluzione preventiva, é teso, mi

dice con quella voce semiseria:

“Prendi questa è una pasticca di Ecstasy, ti fare stare bene”.

Io rido capisco il suo ridicolo e infame gioco, il suo lavoro

sporco. Quelle che mi sta offrendo è proprio la medicina della

memoria. Accetto la sfida l'eroina mi da la forza di ridergli in

faccia. Prendo la pasticca, la butto giù, ma non dimentico niente.


27

Se non avessi quelle droghe nel sangue, ora non ricorderei le

ultime ore di vita, e sarei in balia degli altri.

Il lavaggio del cervello, che ho subito in modo costante per

quasi 30 anni, è più complesso oltre le medicine della

memoria, ci sono altre sostanze (Cancerogene) e l'ipnosi è

la ciliegina sulla torta. Dopo una sola seduta ero un‟altra

persona. Il mio passato veniva riprogrammato, i ricordi che

davano fastidio ai torturatori cancellati, ne venivano creati

altri a tavolino. La mia vita era un insieme di fallimenti, i

momenti di felicità e di passione spariscono dalla mente.

Volevano un vegetale pei divertirsi e sfogare i propri istinti

più bassi.

Ci sono riusciti, ma non hanno fatto i conti la dignità di

Simonetti Walter.

C'è una parola per designare un soggetto sottoposto a

questo trattamento nel diritto moderno: Pariah.

Penso si sono un Pariah, ma ho sempre avuto la forza di

ribellarmi. Il Bisciu visto che non reagisco come credeva, tenta

di provocarmi:

“Sono io che t’ho impedito di vivere, ebreo, perché non prendi

un coltello e la fai finita. Cosa aspetti, sono qui”

Ma non ne vale la pena, gli spettri che il Bisciu trascina dietro di

se, non l'ho abbandoneranno mai. Mi allontano e vedo l'unica


persona che ha cercato di aiutarmi in questi 30 e più anni di non-

vita. Si chiama M., e non è sorpreso di vedermi in questo stato.


Mi dice:

“Richi non hai speranza, quegli angeli caduti dal paradiso, ti

hanno sempre usato, come una marionetta, per i loro fini. Le

protezioni sono finite, Mitterrand è morto”.

Poi le solite accuse sulla mia pratica anarcoide folle e violenta,

che mi ha portato all’isolamento e all'autodistruzione. Io rido,

sono felice, in verità per me è una liberazione:

“Mi sento benissimo. I flash che arrivano come bombe

intelligenti nel mio cervello, mostrano episodi del passato, che

hanno dell’incredibile. Mi danno delle vibrazioni positive, vedo

il futuro e questa volta andrà bene. Ne sono certo M ...”.


28

http://it.wikipedia.org/wiki/Pharmakos

“Pharmakos non significa solo capro espiatorio. È un

sinonimo di pharmakeus, una parola spesso ripetuta da

Platone, che significa "stregone", "mago", perfino

"avvelenatore". Nei dialoghi di Platone, spesso Socrate è

rappresentato e definito pharmakeus. Socrate è

considerato uno che sa come fare magia con le parole e,

in particolare, non con le parole scritte. Le sue parole

agiscono come un pharmakon (come una sostanza

curativa, o anche un veleno) e trasformano, curano l'anima

di chi ascolta. Nel Fedro, Socrate si oppone fermamente

agli effetti negativi della scrittura. Socrate paragona la

scrittura a un pharmakon, una droga, una pozione: scrivere

ripete senza sapere, crea abominevoli simulacri. Qui

Socrate trascura deliberatamente l'altro significato della

parola: la cura. Socrate suggerisce un pharmakon diverso,

una medicina: la dialettica, la forma filosofica del dialogo.

Questo, sostiene Socrate, può condurci alla verità

dell'eidos, ciò che è identico a se stesso, sempre se

stesso, immutabile. Qui Socrate di nuovo trascura l'"altra"

lettura della parola pharmakon: il veleno. Socrate agisce

come un mago (pharmakos) - lui stesso parla di una voce

soprannaturale che parla attraverso di lui - e la sua

medicina (pharmakon) più famosa è il discorso, la

dialettica e il dialogo che conduce al sapere e alla verità

ultima. Ma paradossalmente Socrate diventa anche il più

famoso "altro" pharmakos di Atene, il capro espiatorio.

Diventa uno straniero, perfino un nemico che avvelena la

repubblica e i suoi cittadini. È un abominevole "altro"; non

l'altro assoluto, il barbaro, ma l'altro (l'esterno) che è molto

vicino, come quei poveri diavoli, che è sempre-già

nell'interno. Egli è allo stesso tempo la "cura" e il "veleno"

e, proprio come lui, gli ateniesi scelsero di dimenticare uno

di quei significati in base alla necessità. E, alla fine,

Platone colloca Socrate in quello che in quello che per

Socrate era il più vile di tutti i veleni: nella scrittura, che

sopravvive fino a oggi”.


29


Capitolo 002


Trappola mortale per il Doppelgänger


“L‟antisemita si pensa come un soggetto rivoluzionario –

anzi, è convinto che la sua sia l‟effettiva rivoluzione che

modificherà le condizioni di vita degli uomini-, lasciando

trasparire una concezione processuale della rivoluzione

che intende compiere. Prima che alla conquista del potere

politico, egli è invece interessato ad avviare una lenta

opera di predicazione che modifichi radicalmente la

mentalità degli individui, illuminando le masse sui pericoli

prodotti dall‟influenza dell‟ebreo nella Storia. La rivoluzione

dell‟antisemita consiste nella progressiva e ininterrotta

presa di coscienza, da parte di un numero sempre più

ampio di individui, dei disastri provocati dalla tirannide

dell‟ebreo. La rivoluzione contro l‟ebreo sarà

contrassegnata dal progressivo passaggio delle masse

dalla pistis alla gnosi”.

Francesco Germinario -Costruire la razza nemica.


Nel frattempo arrivano in paese, strani personaggi, la strega con i

suoi fidati cani (uno strano agglomerato neofascisti e pseudo

freak autonomi fuori dal tempo, invidiosi fino all'ossesso della

leggenda Simonetti Walter). C’è anche una giovane donna che si

avvicina insieme alla strega. Dice di essere un’amica ed una

compagna del movimento. Ma usa parole desuete, invischiate,

putride, senza senso e platealmente false:

“Sono una terrorista in clandestinità, ti posso salvare e portare

via da qui. Rischi il linciaggio, i satanisti cristiani e i militanti del

Partito stanno aizzando gli abitanti dell'isola felice, contro di te.

Ti ammazzeranno!”.

Poi continua parlando della resa dei conti che sarebbe

imminente:


30

“Ti porto in un posto che dovresti conoscere. La chiamano la

casa del Diavolo è in campagna. Lì c’è una persona Maniac, è il

maggiore responsabile della tua persecuzione, potrai finalmente

vendicarti ”.

Anche la strega mi dice di scappare e mi offre il suo aiuto.

Comincio ad aver paura, sono circondato da una massa di

indemoniati che agitano la croce, e non sentono ragione. Non

vogliono giustizia, ma il sacrificio umano. Credono che il mio

sangue, plachi il loro Dio dell’amore, portano avanti una strana

fede, la gnosi ariana.

Per quasi tutti gli isolani questa Chiesa segreta, é la

cultura che li distingue da tutto il resto del mondo. Pensano

di essere parte di un disegno divino, credono di essere

discendenti di Gesù Cristo. Hanno un vangelo intriso di

razzismo spirituale e biologico. Riscritto da diverse mani

nel 900, tra cui quella di J. Evola. Questo spiega tutto il

loro odio fuori dal tempo, l'antisemitismo e il negazionismo

issato come bandiera.

Nella pratica concreta sono una vera e propria setta, lobby

potentissima, criminale. Hanno l'appoggio dello Stato, della

Chiesa (anche se ufficialmente i loro ministri della fede

sono stati scomunicati), delle forze militari, della polizia e

dei Partiti. Questo gli ha dato il diritto dovere di

persecuzione. Nelle loro menti illuminate l'ebreo è il male

assoluto, la diversità da eliminare o da trattare come un

Pariah. In altre parole la pratica del capro espiatorio e viva

e vegeta nella società iper-moderna del libero mercato.

Non ho molto tempo per decidere e accetto la proposta della

sedicente terrorista. La paura della folla in preda al delirio

omicida, mi porta a rivedere i miei piani. Anche Massimo viene

con noi. Vuole ad ogni costo la resa dei conti con Maniac, il

campione nazionale della contro rivoluzione preventiva. Un

mostro nazi stalinista che ha per primo comandamento

l’antisemitismo, e per secondo la pratica della tortura, coperta

dallo Stato. Un vero e proprio eroe italiano. Il comunismo per

questi individui non è altro che la santificazione del leader


31

burocratico e un canale per il potere più deleterio e totalitario. Il

significato vero del comunismo: la lotta contro lo sfruttamento,

la liberazione dal lavoro, il deperimento dello Stato, la fine

dell'alienazione. E' per questi nazi stalinisti il fumo negli occhi e

un incubo a cielo aperto.

Nel socialismo degli imbecilli si trova una delle giustificazione

alte, della mia persecuzione. Questa ideologia e pratica

reazionaria ha creato una zona grigia dove stalinisti, nazi, liberali

della domenica, fondamentalisti cattolici, camicie verdi e Radical

Gullo Chic (un po Naif) si sono ritrovati di comune accordo.

Anche uno dei loro padri putativi, G. Stalin, con gli ebrei, aveva

un comportamento ambiguo e cinico. Per alcuni era

semplicemente un antisemita, per altri un dittatore senza scrupoli

che a parole combatteva l'antisemitismo, ma nella pratica usava

con gli ebrei il bastone e la carota.

“Rispondo alla vostra richiesta. Lo sciovinismo nazionale e

razziale è una sopravvivenza di costumi antiumani che

sono propri al periodo del cannibalismo. L'antisemitismo,

quale forma estrema di sciovinismo razziale, è la più

pericolosa sopravvivenza di cannibalismo. L'antisemitismo

è utile agli sfruttatori come parafulmine che eviti al

capitalismo il colpo dei lavoratori. L'antisemitismo è

pericoloso per i lavoratori come falso sentiero che li stacca

dal giusto cammino e che li porta nella giungla. Per questa

ragione i comunisti, quali conseguenti internazionalisti, non

possono non essere inconciliabili e mortali nemici

dell'antisemitismo. Nell'URSS si persegue nel modo più

severo con la legge l'antisemitismo come fenomeno

profondamente avverso al sistema sovietico. Gli antisemiti

attivi si puniscono, in base alle leggi dell'URSS, con la

pena di morte”.

G. Stalin (Mosca il 22 febbraio del 1931)

Siamo in quattro in macchina, oltre alla mia effervescente

persona c'è Massimo, la sedicente terrorista e la strega. Dopo

circa 15 minuti siamo li, quella che era la dimora del diavolo

(così la chiamano i moderni e cristiani abitanti dell'isola felice),


32

sembra una vecchia casa colonica. Qui è iniziato qualcosa ne

sono certo, mi sembra di tornare indietro nel tempo. Queste

mura, queste porte e finestre le ho già viste, le ho già sognate

toccate. Ma in che vita è successo? Chi sono?

Sono la reincarnazione dello spirito della provocazione, un

apostata di nome Simonetti Walter. Questa è la risposta che mi

nasce da dentro. Tutto il resto non conta nulla, solo parole senza

senso ne segno, ne rispetto.

Non siamo soli ci sono due persone che ci aspettano, un vecchio

ed un ragazzo, facce conosciute ma che non riesco a definire,

collocare. Sono spaventati, nervosi, hanno paura che la

situazione finisca al peggio. I due indigeni non sono in buoni

rapporti, il vecchio anarchico Enrrico bestemmia quando il

ragazzo Benitino comincia a parlare.

La loro storia è emblematica Benitino era il discepolo

prediletto di Enrrico, il futuro dell‟anarchia era nelle sue

mani. A sempre vissuto nell‟ombra del refrattario, Simonetti

Walter, geloso, invidioso della leggenda, del maestro che

non si è piegato e ne ha pagato il prezzo. Ma era un

debole, ed è caduto, come tanti altri, nella trappola

dell‟anticomunismo grossolano, fregandosene della storia

del sangue versato dalla nostra gente sotto il totalitarismo

nazifascista; dove si è prodotto lo sterminio della nostra

“razza”. E da infame è passato all‟estrema destra. Ha

svenduto la sua storia per codardia e perché non aveva un

briciolo di dignità. Ha preferito il fascismo cioè il regno

della volgarità e della violenza sul debole/diverso protetto

dall‟ordine del più forte, alla vita da Uomo, da Unico che

non vuole servire lo Stato tiranno, nella sua opera di

distruzione della nostra fratellanza.

Il fondo l‟ha toccato quando ha cercato di vendere il

patrimonio intellettuale (cultura e politico) della Società dei

Simonetti, che non gli apparteneva, ai suoi amici

neofascisti per denaro. Ma Simonetti Walter insieme al

vecchio Gustavo gli hanno fatto capire in modo un po‟

brusco che non si può fare, che gli ebrei rinnegati anche se


33

in via d‟estinzione si fanno rispettare. Adesso quei

documenti storici sono in Francia in buone mani.

Beninitino si è riempito la testa di merda

nazionalsocialista, supramatista, Evolinana da Ordine

Nuovo credendo di essere un duro, ma è solo un topo di

fogna, protetto dai soliti noti in doppio petto. Si considera

un Mago, ma è solo esoterico da strapazzo, che si crede

un Dio invocando forze primordiali in quelle ridicole messe

nere. Gli antenati, il consiglio degli unici, dall‟oltretomba

l‟hanno già giudicato quel nome, Simonetti, non potrà più

usarlo (e questo vale per tanti altri idioti), ed il nostro

Benitino non troverà mai pace.

La situazione si sta deteriorando la sedicente terrorista a una

pistola che porta con non curanza, Enrrico cerca di portarmi alla

ragione, secondo lui sono in trappola, è l’eterno ritorno

dell’uguale, questa mia ribellione si sta ripetendo all’infinito e

non c’è salvezza per noi. Siamo marchiati fin dalla nascita,

siamo ebrei rinnegati discendenti dell’eresia antinomiana. Io non

la penso così sto troppo bene, questa volta le cose andranno

diversamente, le visioni che ho di costantemente mi mostrano

una via d’uscita. La mia follia mi tiene a galla ho bisogno di

bere:

“Voglio del vino, ci sarà in questa casa una bottiglia di vino?”.

Benitino mi guarda pieno di rabbia e non vuole darmela e roba

sua, crede di essere il legittimo erede di questo luogo. Viene da

ridere una merda si è accaparrato illegalmente la casa del Conte

Simonetti. Un padre indiscusso per tutti noi anarchici stirneriani.

Ricordo il giudizio del Conte su Benitino:

“E’ un debole non potrà mai essere uno di noi, non ha carattere

tradirà la fratellanza alla prima occasione”.

E così è stato, ma ormai questa è storia. Massimo trova il vino,

un bottiglione da mezzo litro. Non è male il suo sapore e mi

riscalda la mente quasi subito. Benitino s’infuria ma è un cane

che abbai ma non morde. Sto cercando di ordinare le idee e mi

accorgo che la sedicente terrorista è nervosa. La pistola mi può

servire, sta per arrivare Maniac, è la resa dei conti?


34

Non sono così stupido da crederci veramente ho un altro progetto

per il maiale. Senza pensarci due volte mi avvento sulla terrorista

e le prendo la pistola buttandola a terra. Lei rimane di sasso, dico

a Massimo di trovare una corda che la leghiamo. Non mi fido di

questa donna. I suoi discorsi suonavano falsi fin dall’inizio,

completamente fuori dal tempo. Adesso che ha paura dice di

essere una poliziotta infiltrata della Digos, che doveva portarmi

quassù per incastrarmi. Io non capisco per quale motivo, cosa

vogliono ancora da me, e ricordo di essere stato una povera spia

del vecchio SDECE, uno di quegli anarchici stirneriani che

facevano il doppio gioco. I traditori della nazione vanno distrutti,

ma siamo nel 2000, forse è l’ora giusta di battere cassa.

Il passato mi torna poco per volta, la mia mente non accetta tutto,

la mia vita sembra un film di fantascienza ispirato da Phip Dick.

Non ho tempo di pensare arriva Maniac, si avvicina camminando

piano, si sente sicuro è gonfio come un pavone. Con quella voce

da imbecille mi dice di arrendermi che non ha paura di me. Pensa

di essere indistruttibile.

E‟ un giustiziere della notte, lo sceriffo dell‟isola felice che

ama la violenza brutale sui deboli e sulle donne. E‟ un eroe

dei nostri tempi malandati, gira sempre con le medagliette

conferitegli dal potente di turno, per giustificarsi davanti al

gregge (il volgo istruito), che tollera il suo operato infame,

legittimando e promuovendo la sua politica di pulizia

razziale e igiene sociale. Le brave persone vogliono

dormire sonni tranquilli ed il rispetto dei sacri valori:

lavoro, famiglia, stato, ordine.

La città andava ripulita dalle schegge impazzite traviate

dalla drogha, dagli estremisti cattivi maestri nemici della

morale del Partito e dai Simonetti un cancro sociale da

debellare per sempre senza mezze misure. Maniac e gli

altri campioni della statolatria sono serviti a questo. La

cosa vergognosa è che oltre i soliti post stalinisti e dei

poliziotti della porta accanto, questo maiale a l‟appoggio

dei fascisti e della società civile. Il socialismo degli

imbecilli.


35

Le medicine della memoria sono la sua arma proibita è il

potere di travalicare la legge (lo Stato d‟eccezione), si

crede Dio ma è solo un moderno squadrista, uno

stupratore, un avanzo da galera che parla di sinistra ma

non ha un briciolo di dignità. Per gli organismi

internazionali che si battono per il rispetto dei diritti umani

è solo un criminale antisemita protetto dallo Stato.

Capisco che la forza datemi dalla droga mi farà vincere questa

battaglia, come già tante volte in passato. Prendo la pistola e la

punto addosso all’avanzo da galera Maniac, per fargli capire che

il perdente è lui. Gli sparo vicino e l’eroe sbianca, pensava con

la sua presenza di spaventare la femminuccia, come amano

chiamarmi tutti i nazistelli postmoderni. Ma non è con le armi

che si vince una guerra e gli vado incontro per dimostrare a me

stesso di essere un uomo. E più grande e più forte ma io mi batto

per la mia libertà e per la fine della persecuzione. E questo mi da

una forza oltreumana. Maniac riesce a prendere la pistola e spara

all’indirizzo della poliziotta:

“L’ammazzo così daranno la colpa a te ebreo subumano”.

E’ un maniaco vero e proprio. Riesco a salvarla deviando la sua

mano con la pistola, il colpo finisce in aria. Interviene Massimo e

chiudiamo la partita. Lo blocchiamo e leghiamo ad una sedia, la

mia resa dei conti per oggi è finita non c’è altro da fare solo

godere di questi attimi di verità e giustizia. Poi insieme a

Massimo andiamo in casa e parliamo gli dico che se vuole può

prendere la pistola e farla finita con chi vuole, anche lui è un

capro espiatorio ed ha pagato un prezzo alto. L’hanno fatto

impazzire, anch’io ho delle gravi responsabilità su di lui. Gli

consegno la pistola, Enrrico però toglie i proiettili, e attendo il

suo verdetto fuori insieme agli altri spaventati a morte. Massimo

esce e mi ridà la pistola, anche lui capisce che la resa dei conti

c’è stata ed abbiamo vinto senza spargere sangue. Che questa

nostra ribellione è solo l’inizio, è una mossa che provocherà la

fine vergognosa della persecuzione. I tempi sono maturi. Anche

se questo paese non cambierà mai, la comunità internazionale è

ormai stanca delle leggi razziali non scritte che sono in vigore in


36

Italia. Porterò il Re ed il Principe nudi davanti al mondo intero,

questo mi dice il mio spirito da iconoclasta.

Ma non è finita, sistemato Maniac, il piano dei servizi e della

digos viene a galla. Dalle colline parte un colpo di un cecchino

mi arriva vicino una folata di vento mi salva la vita. Non ho

paura gli altri tremano come foglie e dico ad alta voce:

“Chi ammazza un Unico, un anarchico stirneriano, non campa

una settimana, queste sono le leggi del limbo dei demoni”.

Questo mio folle discorso a effetto, non arrivano più spari i

cecchini hanno paura, di che cosa? Non saprei rispondere ma la

leggenda dell’Ordine della Stella “La cultura”, centra quel nome

ancora oggi fa paura ad ogni essere umano.

Decido di consegnarmi alla sedicente terrorista ora poliziotta,

con una specie di cerimonia dissacratoria le consegno la pistola.

Lei all’inizio impreca e minaccia di farmi male, ma poi mi mette

solo le manette e torniamo con l’auto tutti e quattro all’isola

felice. Come se fosse stata una strana gita nel tempo.

Questa mia ribellione contro la persecuzione, sarà considerata un

insurrezione contro lo Stato, in realtà non era altro che una

trappola della Digos e dei servizi con i cecchini armati fino ai

denti appostati li vicino. Non sono riusciti nemmeno questa volta

ad incastrami a liquidarmi. Ma loro i polis e tutti gli altri, sono di

un'altra idea mi aspetta la galera, per il reato di voler la verità

sulla mia vita. Per il reato di lottare contro il segreto di Stato, per

il reato di essere vivo nonostante tutto e tutti. Per il reato di

essere un homo sacer che si è ribellato alle quotidiane vessazioni

e violenze, alla condizione incostituzionale di Paria.


37

http://it.wikipedia.org/wiki/Paria

Il termine paria è definito implicitamente per esclusione dal

sistema delle caste indiane, in quanto raggruppa tutti coloro che

non fanno parte delle quattro caste stabilite. Per la costituzione

dell'India i paria devono essere indicati col nome ufficiale di

scheduled castes ("caste inventariate"). Il termine usato

comunemente nel mondo indiano è invece dalit. In occidente

essi sono comunemente noti come "intoccabili"

"Dalit" è il termine che si è recentemente affermato per indicare

coloro che, all'interno del sistema delle caste, occupano la

posizione più bassa e miserabile. Il termine Dalit (in Sanscrito

“dal” significa “spezzare, spaccare, aprire”) è arrivato a

significare cose o persone che sono tagliate, separate, stremate,

disperse, oppresse o distrutte. A seconda della regione di

appartenenza i Dalit sono chiamati con termini diversi, nomi che

sempre hanno significati spregiativi e che hanno in sé il contrasto

di due termini: “noi-i-puri” e “voi gli-impuri”.

Brahma, l'aspetto creatore di Dio secondo la mitologia induista,

creò gli uomini traendoli dalle varie parti del suo corpo,

generando così le caste:

"brahmini": custodi della scienza e sacerdoti, originati

dalla bocca;

"kshatriya": guerrieri e governanti, originati dalle braccia;

"vaishya": agricoltori, pastori e commercianti, originati

dal ventre;

"sudra": servi, originati dai piedi.

Infine, i paria, originati dalla polvere che copriva i suoi piedi.

Successivamente Gandhi li definì harijans, figli di Hari (Dio).

L'intoccabilità è una pratica tipicamente indiana e fortemente

legata alla divisione sociale in caste che porta a considerare

altamente contaminanti per i membri delle caste superiori i

rapporti con i persone che per nascita sono segnati da un'impurità


38

permanente. In particolare, è vietato ogni contatto fisico (anche

se frequenti sono poi gli abusi sessuali a scapito di donne

intoccabili), la commensalità, l'usufruire di stesse fonti di acqua

(come pozzi, rubinetti e fontane pubbliche), l'accesso ai templi e

la partecipazione alle cerimonie religiose. La condizione degli

intoccabili è caratterizzata da estrema povertà, precarietà

igienico-sanitaria e diffusa ignoranza. In genere, la tradizione

imponeva loro di vivere ai margini del villaggio e di occuparsi,

generazione dopo generazione, di attività considerate degradanti,

come becchini, ciabattini e lavandai, attività che a tutt’oggi la

maggior parte delle famiglie dalit si tramandano nell’India

rurale. In altri termini, essi erano trattati come schiavi e non

avevano alcuna possibilità di reclamare quanto era loro dovuto e

neppure venivano loro riconosciuti dignità umana e onore.


39


Capitolo 003

Acid test


http://it.wikipedia.org/wiki/Merry_Pranksters

Prende il nome di Merry Pranksters un movimento

formato da un gruppo di amici dello scrittore Ken Kesey nel

1962, con base in California, rifacentesi alla filosofia Hippy.

Si sviluppò nel periodo di transizione fra la Beat

Generation e il movimento Hippie. Furono tra i principali

fautori dell'utilizzo delle sostanze psichedeliche. Nell'estate

del 1964, attraversarono gli Stati Uniti a bordo di uno

scuola-bus decorato con disegni psichedelici Neal


Cassady, figura emblematica della beat generation, alter-

ego di Dean Moriarty (personaggio principale di On the


road di Jack Kerouac), fece parte del gruppo. I Merry

Pranksters sono ritenuti tra i precursori del movimento

hippie. La loro storia è raccontata da Tom Wolfe nel suo

libro, Acid Test.

VOCI CORRELATE KEN KESEY

Neal Cassady Hippie


40

Il ritorno all’isola felice è pieno di incognite, bombe a calore, che

bisogna dosare con calma, per non bruciarsi, dilaniarsi il corpo.

Ormai senza più organi ma con solo una testa pulsante, visioni

diurne e futuro alternativo per ogni situazione che vienesi a

creare, sono il sale di questi secondi che valgono anni di vita

vissuta, intensamente senza riflettere solo azione e immanenza.

Il Dio di Spinoza è ovunque ne sento la presenza la sua forza mi

da una coraggio senza precedenti che può portarmi alla follia.

Non sono come il Coraggioso di Jonny Depp non cerco il

sacrificio per il denaro, per la mia famiglia, voglio tutto e lo

voglio subito per me, per la mia vita malandata. Ma il mio piano

fa acqua da tutte le parti appena scesi dalla macchina c’è un

intero paese che ci attende con il sangue agli occhi. Le parole del

pubblico astante sono piene del loro Dio dell’amore.

“Criminale, assassino, finocchio, terrorista, spacciatore, deviato,

ebreo”

E’ una litania a senso unico. Sono un generatore di Kaos questo

sento nell’aria e nel Kaos regna sovrana l’anarchia, il principio

naturale primordiale fa dell’uomo e della donna essere liberi ed

uguali. Né Stato né padroni, sono refrattario alla gerarchia e

all’autorità, ma qual è la mia legge?

Risuona nella mai testa lisergica, drogata, come una campana

stonata, il motto di A. Crowley:

"Fa' ciò che vuoi, sarà tutta la Legge."

"Ogni uomo e ogni donna è una stella."

«Non c‟è altro dio che l‟uomo. L‟uomo ha diritto a vivere

secondo la sua stessa legge: di vivere come vuole, di

lavorare come vuole, di giocare come vuole, di riposare

come vuole, di morire quando e come vuole. L‟uomo ha il

diritto di mangiare quello che vuole, di bere quello che

vuole, di stare dove vuole, di muoversi come vuole sulla

faccia della terra. L‟uomo ha il diritto di pensare quello che

vuole, di dire quello che vuole, di scrivere quello che vuole,

di disegnare, dipingere, scolpire, e così via, modellare,

costruire come vuole, di vestirsi come vuole. L‟uomo ha

diritto di amare come vuole. L‟uomo ha il diritto di uccidere

coloro che volessero negargli questi diritti»


41

Ma non sono mai stato, un discepolo e un amante del Magus,

troppo decadente e serioso per la mia provocazione, per la mia

“arte? No grazie”. Per il mio spirito anarcoide. Che non vuole

legami esoterici, maestri senza parte da venerare, ma fratelli e

sorelle, unici in simbiosi con cui camminare insieme una strada

in divenire

Come un satiro folle cerco e scappo dalle baccanti in preda alla

follia dionisiaca, mi accingo a giocare la mia ultima partita con

la morte, qui nell’isola felice.

Ad un tratto viene messa in scena una strana votazione. Tra me

un’opera d’arte giuliva. Chi di noi due dovrà pagare il prezzo

dell’anarchia. Chi tra noi due merita il frutto del peccato, chi tra

noi due è un Iconoclasta.

E’ incredibile perdo la votazione, per queste persone radunate

qui, non sono io il criminale, in questa ultima storia di estremisti

della porta accanto, le persone sanno la verità.

E la storia di giovani figli di papa che volevano fare la

rivoluzione e vendicare non si sa che cosa, non si sa chi. Che

dopo aver presentato Simonetti Walter ai quattro dell’oca

selvaggia e perso la ragione per il folle infiltrato che sfidò la

stella con il coltello in mano. Tornano a casa dai padri in

ginocchio a benedire il partito dell’avvenire, si fanno gesuiti

della sinistra e vivono come ipocriti del nulla stato. Odiando

Simonetti fino al parossismo. L’unico, l’uomo sacer che lotta

solo contro la svastica sul sole. L’infame limbo della banalità del

male. Dove un maiale può dettare legge.

Il barista porta fuori il contenitore della birra questa strana

adunata si trasforma in una specie di festa. Simonetti finalmente,

per tutti, va in galera, va alla morte. E’ ora di festeggiare si fanno

avanti strani personaggi la Lobby satanista, i massoni, la feccia

umana. Illuminati uomini di chiesa che pensano per tutti noi e

per il bene dello Stato con il salvadanaio pieno d’oro. Ridono

convinti di gusto:

“Simonetti vai alla morte. Finalmente. E’ finita siamo liberi da

questo ebreo di merda”.

Io non batto ciglio non credo ad una parola, la sicurezza che

mostro gli fa paura. Non capiscono che lo spirito di un guerriero


42

della luce non si può piegare distruggere è immortale. Persi tra la

croce e i rituali satanisti hanno perso il senno e si fanno

inconsapevoli baluardi del Nichilismo. Quello più truce e infame

coi valori sempre in mostra. I sacri valori della morale.

Arriva l’Acid Test è un’idea beffarda che abbiamo all’unisono io

e Massimo, negli occhi drogati un lampo come un tempo come

da bambini lo scherzo è liberatorio.

Gli ultimi acidi erano quasi finiti, Massimo però non li ha buttati

e per l’occasione vanno benissimo. Nel contenitore della birra

scivolano via che è un piacere, saperli in azione. Insieme a lui

beviamo questa bionda lisergica con i massoni satanisti cristiani.

Loro sanno della droga nella bevanda ma non gli importa nulla

sono troppo felici è un giorno di festa cittadina, da ricordare per

sempre.

Le manette hai polsi fanno un po’ male ma la gioia della

disobbedienza è troppo grande, l’Acid Test sta dando i suoi

frutti. Vittorio il grande Vittorio venuto subito a trovarmi

sapendo del disastro da me combinato, rimane in balia di queste

donne sotto acido, maschere del carnevale che tentano in ogni

modo di farsi notare dal mattatore. Ride ma non sa che dire

questo spettacolo stravagante è troppo anche per lui, uno dei

pochissimi che si ricorda dell’unico del folle.

Ma c’è anche Marco con la sigaretta sempre accesa e la voce in

continuo fermento che non mi da pace. E Sergio che sembra un

gesuita che vuole redimere la pecorella smarrita che lui ed altri

hanno costruito tanti anni fa. Arrivano anche i bolognesi

ripresesi dalla notte e dal delirio del pazzo. Sono giunti qui

alcuni con buone intenzioni altri neri di rabbia. Gippo e il padre

che dicono di aiutarmi. Luca in stato di shock e con la lingua

serpentina tenta di provocarmi. E ci sono anche gli scrittori l’ex

Luther Blisset. Hanno un libro da mostrarmi, me lo danno. Per

una magia senza tempo appena lo apro sfogliando le pagine

riesco a leggere tutto (la super intelligenza che va e viene e

tutt’uno con il mio sorriso dionisiaco). In pochi secondi ho finito

il libro una delle doti dell’esperimento XXX che non ricordavo.

Mi piace di più una versione della storia del bar dell’Aurora, ma

dicono i post-avanguardisti che non sarà quella ad essere


43

pubblicata. I misteri della fede nella sinistra italiana. Totem e

tabù che non moriranno mai.

E’ venuta l’ora, l’ora della partenza con gli schiavettoni e la

mano della poliziotta vicino che mi porta al pulmino. Sto per dire

addio all’isola felice. Tutto il paese attende trepidante questo

momento. All’inizio del corso attende il furgone blindato.

Saliamo in quattro io, Massimo, la strega e la poliziotta. Ci

chiudono dentro è ora che il vero viaggio abbia inizio. Non

conosco la destinazione e non mi importa. Sono convinto di

farcela. Il sesto senso, le visioni continue che alterano la mia

mente mi avvertono che sarà durissima, ma anche questa volta lo

spirito di Simonetti volerà nel vento e col sangue agli occhi

riderà per l’ultima volta, davanti hai suoi fratelli e alle sue

sorelle.


44

Straniero (Battisti Venexia)

dimmi tu chi sei

di che paese sei

quanto hai camminato

e cosa hai fatto

straniero

dove sei arrivato

resta un poco qui

resta ancora un poco

resta un poco non importa quanto

straniero

non importa quanto

sul tuo volto scuro

un sorriso è nato

un profumo di grano maturo

il vento ha accarezzato

non andare via

non andare via

non andare via qui sei rinato

il posto l'hai trovato

il fumo di quel treno

che era il tuo passato

ora all'orizzonte è già svanito

resta qui straniero

che mi hai trovato

choo choo train

choo choo train

choo choo train

train train train

choo choo train

choo choo train


45

Heidegger, Martin, Lettera sull’«umanismo», Franco

Volpi, a cura di, Milano, Adelphi,

Piccola Biblioteca, prima ed. 1995.

Presentazione di Alessandro Chalambalakis

in Ctonia -5, Luglio 2009.

In risposta agli interrogativi e ai dubbi espressi in una

lettera di Jean Beaufret, Heidegger, nel 1946, scrive la

Lettera sull’«umanismo». Parallelamente al problema

filosofico dell‟umanesimo sollevato da Beaufret nella sua

lettera, in questo testo è sviluppata la questione dell‟agire

umano in relazione alla situazione contemporanea nella

quale l‟aggressione tecnocratica del pianeta consuma ogni

potenzialità simbolico-culturale. La condizione dell‟uomo

contemporaneo è infatti caratterizzata dallo spettacolo di

desertificazione nichilistica di ogni valore tradizionale; non

escluso quello dell‟umanesimo classico della dignità

dell‟uomo tramite gli studia humanitatis.

«Si tratta piuttosto di capire fondamentalmente che

proprio quando si caratterizza qualcosa come

“valore”, ciò che è così valutato viene privato della sua

dignità. Ciò significa che con la stima di qualcosa

come valore, ciò che così è valutato viene ammesso

solo come oggetto della stima umana [...]. Lo strano

sforzo di dimostrare l’oggettività dei valori non sa

quello che fa [...]. Il pensare per valori, qui e altrove, è

la più grande bestemmia che si possa innalzare

pensare contro l’essere».

Il disincanto e la lucidità guidano pertanto il pensiero di

Heidegger nell‟evidenziazione di come sia assolutamente

anacronistico e fuorviante limitarsi al ripescaggio dei valori

dell‟umanesimo metafisico. Egli giustamente evidenzia

come la metafisica sia alla radice dei valori dell‟umanesimo

e di come sia stata proprio la visione metafisica ad aver

condotto l‟uomo ad una concezione secondo la quale ogni


46

ente sarebbe stato infallibilmente e indiscriminatamente a

disposizione dell‟essere umano.

L‟umanesimo è fallito in ogni sua forma, afferma

Heidegger, proprio in quanto non è mai riuscito a liberarsi

dalla sua radice metafisica. Il filosofo, evidenziando la

radice romana antica dell‟umanesimo, si sofferma così in

merito all‟umanesimo cristiano, all‟umanesimo

rinascimentale degli studia humanitatis, all‟umanesimo

socialista e, infine anche all‟umanesimo esistenzialista del

Sartre de L’esistenzialismo è un umanesimo. Tali forme di

umanesimo condividono tutte una visione per la quale

l‟umanità dell‟uomo è determinata rispetto ad

«un‟interpretazione già stabilita della natura, della storia,

del mondo, del fondamento del mondo, cioè dell‟ente nel

suo insieme». Dunque «ogni umanesimo o si fonda su una

metafisica o pone se stesso a fondamento di una

metafisica. È metafisica ogni determinazione dell‟essenza

dell‟uomo che presuppone già, sia consapevolmente sia

inconsapevolmente, l‟interpretazione dell‟ente, senza porre

la questione della verità dell‟essere [...]. Pertanto ogni

umanesimo rimane metafisico». Il punto è che la domanda

in merito all‟essere è in Heidegger inaccessibile alla

metafisica proprio in quanto metafisica. Tale inaccessibilità

riguarda dunque ogni forma di umanesimo da essa

derivante o di essa progenitore. «L‟oblio dell‟essere si

manifesta indirettamente nel fatto che l‟uomo osserva e

lavora sempre e solo l‟ente». Il pensiero deve pertanto

riappropriarsi della forza di naufragare, della capacità

estatica di abbandono e di riavvicinamento alle proprie

radici poetiche e del coraggio di pensare lo stesso nihil

come essenzialmente appartenente all‟essere stesso:

«Entrambi, l‟integro e l‟ostile, possono tuttavia essere

essenzialmente nell‟essere solo in quanto l‟essere stesso

è il contenzioso. In esso si cela la provenienza essenziale

del nientificare».


47

Come per il concetto di nichilismo passivo trattato da

Nietzsche, in Heidegger «l‟essenza del nichilismo consiste

[...] nella sua incapacità di pensare il nihil». Non è quindi

per niente automatico che i pensatori avversari del nulla

sfuggano a quell‟ospite inquietante che il nichilismo

costituisce. L‟ethos heideggeriano consiste dunque in una

profonda lucidità e radicalità del pensiero innanzi ad un

mondo che cambia troppo velocemente rispetto ad ogni

lettura e ad ogni possibile direzione interpretativa. Non più

il “che fare?” sembra prospettarsi per Heidegger bensì il

“che cosa non fare?”, il “che cosa lasciar stare?”. Il punto

in Heidegger sta nel fatto che a suo avviso l‟uomo debba

liberarsi dall‟interpretazione tecnica del pensiero. Troppo

spesso la filosofia si trova nella situazione di doversi

giustificare innanzi alle scienze e troppo spesso dunque

esce dal terreno che secondo Heidegger le è proprio.

Contro il predominio del platonismo, Heidegger gioca difatti

Sofocle e il pensiero tragico in genere, Eraclito e, di

conseguenza, lo stesso Nietzsche.

Il problema di un pensiero concepito esclusivamente come

techne emerge solamente nella modernità nella quale la

scienza sperimentale si separa completamente e

inevitabilmente - e, per molti versi, giustamente –

dall‟ambizione (per lo più di segno idealistico-razionalista)

di una spiegazione unitaria del mondo. Tale contrasto - dal

moderno condotto all‟estremo, alla separazione più netta,

alla dicotomia più profonda - conduce il pensiero (come

accade in Heidegger) al di fuori di ogni tecnicismo e

avvicinandolo quindi, in un senso chiaramente non distante

da Nietzsche, alla poesia e alla creazione artistica. In

Nietzsche, tuttavia, contrariamente ad Heidegger,

l‟atteggiamento è bifronte, polare; anche a costo della

compresenza di elementi contrastanti al fine di poter

abbracciare la totalità dell‟umano. Non è difatti un caso che

Heidegger veda in Nietzsche l‟ultimo esponente della

tradizione metafisica occidentale della quale Heidegger

tenta il superamento. Nietzsche difatti non conduce mai


48

apologie antiscientifiche. Rimane un autore fortemente

critico di molti degli atteggiamenti della scienza moderna

ma laddove essa smaschera le illusioni egli non rinuncia

mai a valorizzarne gli aspetti liberatori. Differentemente da

Heidegger - il cui atteggiamento sembra maggiormente

unilaterale - in Nietzsche, arte, scienza, filosofia e poesia

danzano comunque insieme tra le macerie da esse stesse

provocate e dalle quali a loro volta scaturiscono. In

Heidegger, per alcuni versi, sembra esserci invece un forte

ritorno ad una sorta di orientamento idealistico tipico della

scuola filosofica tedesca rispetto al quale Nietzsche era

sostanzialmente insorto.


49


50

http:it.wikipedia.org/wiki/Cadiscismo


Una palma, simbolo del Cadiscismo.

Il Cadiscismo, conosciuto anche come Natib Qadish,

espressione ugaritica che letteralmente significa "la via

sacra", o semplicemente Qadish, è una moderna religione

pagana che si ripropone come continuazione degli antichi

culti canaaniti e in generale mediorientali. Queste religioni

erano in passato praticate dai popoli dei Cananei, dei

Fenici, degli Assiri, degli Accadi, dei Sumeri e dei

Babilonesi, prima della diffusione dello Zoroastrismo, poi

del Cristianesimo e infine dell'Islam. La moderna religione

cadiscita si rifà in particolare alla religione canaanita

dell'antichità, operando commistioni con le altre fedi

mediorientali. Attualmente appare come la forma di

Neopaganesimo meno diffusa, confinata ad alcune

comunità online, di cui ne esiste una considerevolmente

frequentata, oltre che un sito internet di carattere iniziatico

e informativo.


51

STORIA

La regione anticamente chiamata Canaan corrisponde

grossomodo agli attuali Stati della Siria, della Palestina,

dell'Israele e del Libano. I Fenici erano una sottocultura

della cultura madre canaanita, e così approssimativamente

vale per gli ebrei; le radici dell'Ebraismo sono infatti da

rintracciare nell'enoteismo tipico delle religioni semitiche

praticate nelle suddette zone. La moderna religione

cadiscita non è attiva da molto tempo, si parla all'incirca

degli anni Ottanta. Probabilmente uno dei primi personaggi

autoproclamatisi seguaci della vecchia religione semitica fu

Lilinah Biti Anat, che, insieme a tre amici in California,

diede vita ad una prima comunità. Il suo sito internet,

chiamato Qadash Kinahnu (archiviato dall'url originale), fu

il primo a trattare temi concernenti la nuova religione

cadiscita. Con il sito avviò anche un gruppo inline, il quale

però fu chiuso poco tempo dopo a causa della mancanza

di aderenti.

TEOLOGIA

La teologia cadiscita è enoteistica, ovvero riconosce un

Dio unico, Sostanza cosmica che costituisce tutto

l'universo e che si manifesta in una molteplicità di aspetti,

le divinità, le quali possono entrare in contatto con il

mondo fisico, consentendo all'uomo di giungere alla

conoscenza del divino. La religione è inoltre panteistica,

ovvero riconosce Dio come forza attiva e agente all'interno

della natura del mondo. Le divinità venerate dai cadisciti

sono quelle codificate nel 1928 da Ras Shamra, il quale ne

trasse informazioni da antichi testi ugaritici. Questi dèi

includono Ilu, il benevolente Signore dei Cieli, identificato

spesso con il dio semitico El; Athirat, la Regina dei Cieli,

identificata con la divinità mesopotamica Ishtar o con la

semitica Asherah; Anat, dea delle passioni e del fervore

della giovinezza, identificata spesso con la mesopotamica

Ishtar o con l'ellenica Astarte; Baal e Hadad, dèi spesso


52

sintetizzati in un'unica entità, patroni delle tempeste;

Kothar Wa Khasis, dio della magia, identificato con il

kemetico Ptah; Shempsu (o Shapash), dea del Sole; Yam

(o Nahar) dio delle acque; Mot, divinità della morte e della

sterilità; Rashap (o Reshep), dio delle pestilenze e della

salute; Athartu (o Atharat), dea identificata spesso con la

stessa Anat; Gapan e Ugar, dèi della fertilità e dei campi;

Choron (o Horon), spesso identificato con il kemetico

Horus; Yarikin, divinità della Luna; Nikkal, dea della fertilità

di origine mesopotamica; e infine Shachar e Shalim, dèi

della natura e dell'irrigazione. L'insegnamento cadiscita si

basa poi sull'idea del fatto che il mondo sia pervaso da

spiriti di ogni sorta, chiamati kakabuma, ovvero

letteralmente "stelle".

SIMBOLOGIA

La religione cadiscista, come tutte le correnti del

Paganesimo moderno, possiede numerosi simboli. Quello

che tuttavia è considerato il più importante per la sua

semplice sacralità è la palma; sia la palma intesa come

albero, sia il palmo della mano, sebbene il simbolo della

palma vegetale sia più comune. Il simbolo della palma

intesa come albero simboleggia il legame del cadiscismo

con la Madre Terra: come tutte le religioni pagane, anche

quella cadiscita presenta un forte legame con la Terra, con

la natura e con la vita. La palma è considerata il simbolo

migliore per esprimere tutto ciò innanzitutto per il fatto che

sia un albero che cresce in zone aride, e quindi rappresenti

la vita in grado di sopravvivere anche alla morte (l'aridità,

l'infertilità); in secondo luogo la palma rappresenta

l'esistenza perché produce frutti carichi d'acqua, il liquido

simbolo della nascita della vita. Il palmo della mano è

invece considerato un amuleto porta fortuna, molto

utilizzato sin dall'antichità in tutto il mondo mediorientale.


53

TESTI SACRI ED EPICI

Tutto ciò che si conosce a riguardo dell'antica religione

canaanitica ci è pervenuto grazie a tavolette rinvenute ad

Ugarit nel 1928 e scritte in caratteri cuneiformi. Le storie

trascritte erano probabilmente tradizioni originariamente

tramandate per via orale; la maggiore di queste raccolte è

quella che narra delle avventure di Baal. In questi racconti

il dio Baal si scontra con Yam per il dominio sulla Terra.

Dopo aver vinto la battaglia, con l'aiuto di Kothar Wa

Khasis, Baal si fa costruire una dimora: la costruzione di

un palazzo era un simbolo rappresentante il diritto divino

del dio. In seguito, per mantenere il potere, Baal si scontra

anche con Mot. Gli studiosi tendono ad interpretare questi

miti come una raccolta mitologica simboleggiante il ciclo

delle stagioni, in particolare la fine dell'estate e l'inizio della

stagione delle piogge. I cadisciti tendono ad utilizzare

questi libri come testi sacri e testi epici.

CREDENZE E PRATICHE

Offerte

Nel Cadiscismo, i fedeli, offrono agli dèi diversi elementi

simbolici. Tendenzialmente queste offerte votive si

distinguono in tre principali categorie: le offerte bruciate,

che consistono nel bruciare fiori o cibi in onore delle

divinità; le offerte della pace, termine che raggruppa vari

tipi di offerte nei confronti soprattutto della natura, come

nutrimento per gli animali, acqua per i vegetali o semplici

offerte di frutta sugli altari delle divinità; il terzo tipo di

offerta consiste in danze sacre, recitazioni di miti e

creazioni artistiche sempre eseguiti in onore di una o più

entità divine.


54

Etiche

Il concetto di peccato del Cadiscismo, come per tutte le

religioni neopagane è molto diverso dal concetto che

invece caratterizza le religioni abramitiche. Più che di

disobbedienza a Dio negli insegnamenti casisciti il peccato

rappresenta l'azione violenta nei confronti della natura, il

non rispetto del prossimo, del mondo e di tutti gli esseri

viventi. Questo genere di peccato è considerato causa

degli squilibri e dei problemi sociali. La religione si basa

inoltre su un sistema di regole per la buona morale

rappresentato dalle cosiddette Sette Componenti.

RICORRENZE

Il Qadish celebra festività in determinati periodi dell'anno, e

in particolare nei periodi in cui si verificano cambiamenti

nelle fasi lunari. Il Shanat Qadish è una festività riesumata

dagli antichi testi ugaritici, e probabilmente basata su

un'antichissima festa che veniva celebrata sin dall'Età del

Bronzo. Il termine in lingua tradizionale utilizzato per

indicare le feste è ashuru. Altre feste cadiscite sono la

festa di Mathabatu, celebrante l'equinozio autunnale; la

festa di Marchizu, che generalmente cade tra novembre e

dicembre; la festa di Aru, dedicata alla luce e al solstizio

invernale; la festa di Shamnu; la festa di Liyatu; la festa di

Zabru; la festa di Gannu e la festa di Rashu Yeni. Vi sono

poi due celebrazioni legate alla Luna, ovvero la festa di

Chudthu, che celebra la luna nuova, e la festa di Yamu

Mlatu, festeggiante la luna piena.

CONTROVERSIE

Alcune controversie consistono in particolare

nell'identificazione del Cadiscismo con il Paganesimo

ebraico. Le due religioni che vengono erroneamente

confuse sono tuttavia molto diverse tra loro. Il Cadiscismo

non si basa innanzitutto sull'Ebraismo, a differenza della


55

seconda, la quale tende a ricercare le radici della religione

ebraica originale assimilando elementi dalle tradizioni

native confinanti, ma ponendo come proprio perno la

corrente della Cabala. Il Cadiscismo è dunque differente

perché totalmente fondato sulle tradizioni pagane, senza

influenze ebraiche. Altra differenza fondamentale sta

inoltre nella concezione http://it.wikipedia.org/wiki/Giudeopaganesimo

Il Giudeopaganesimo, o Paganesimo ebraico, o ancora

Paganesimo giudaico, è una nuova corrente religiosa che

trae elementi sia dall'Ebraismo, sia dal Paganesimo e per

questo si colloca nella vasta famiglia delle religioni

neopagane. Le religioni pagane da cui attinge elementi

sono quelle mesopotamiche, che già in passato

confinavano con l'Ebraismo e dalle quali quest'ultimo

trasse le basi per la sua formazione; tra questi culti pagani

mesopotamici possono essere inclusi quelli praticati dai

popoli dei Cananei, dei Fenici, degli Assiri, dei Babilonesi,

dei Sumeri, degli Accadi, oltre che la religione a sé stante

del Paganesimo egizio. Il Giudeopaganesimo non deve

essere confuso con il Cadiscismo, un'altra religione

neopagana che, a differenza di quella pagana ebraica, non

si basa sull'Ebraismo ma focalizza il proprio credo

sull'antico Paganesimo mesopotamico e in particolare

canaanita.

Il Giudeopaganesimo è un movimento molto recente, i

primi gruppi, come il JAP-L, esistono come comunità

online solo dagli ultimi anni Novanta. Tuttavia esistono

anche gruppi, come l'Ordine del tempio di Astarte, attivi già

dagli anni Settanta. Il gruppo Am Ha Aretz (letteralmente "il

popolo della Terra") presenta molte sfaccettature: alcuni

membri sono politeisti, altri animisti; ritengono di essere i

diretti prosecutori degli antichi culti pre-monoteistici del

popolo ebraico. Venerano divinità chiamate Elohim, spiriti

ancestori chiamati Raphaim e spiriti dei morti chiamati

Teraphim.


57

GILLES

DELEUZE

PREFAZIONE ALLA TRADUZIONE INGLESE DI

NIETZSCHE E LA FILOSOFIA


Risulta sempre emozionante per un libro francese essere

tradotto in inglese. È un'opportunità che si presenta

all'autore per considerare, dopo diversi anni, l'impressione

che gli piacerebbe provocare in un insperato lettore al

quale si sente al contempo molto vicino e molto svincolato.

Il destino postumo di Nietzsche ha dovuto confrontarsi con

due ambiguità: il suo pensiero è stato precursore del

fascismo? E il suo pensiero era realmente filosofia o si

trattava piuttosto di una poesia estremamente violenta,

composta di aforismi capricciosi e di frammenti patologici?

Chissà se è in Inghilterra che Nietzsche è stato pili

incompreso? Tomlinson suggerisce che i temi principali

che Nietzsche affronta e contro i quali combatte - il

razionalismo francese e la dialettica tedesca - non hanno

mai avuto un'importanza centrale per il pensiero inglese.

Gli inglesi avevano a loro disposizione teorica un

empirismo e un pragmatismo che impedirono che la svolta

tramite Nietzsche potesse risultar loro di gran valore. Per

lui non furono necessarie queste deviazioni attraverso il

particolare empirismo e pragmatismo nietzscheano, che si

opponevano benissimo al suo "buon sentire". Per questo,

in Inghilterra, Nietzsche poté influire solo su romanzieri,

poeti, drammaturghi: si trattava di un'influenza pratica ed

emozionale più che filosofica, molto più lirica che teorica.

Al di là di tutto, Nietzsche è uno dei più grandi filosofi del

XIX secolo. Trasforma tanto la teoria quanto la pratica

della filosofia. Lo si compari al pensatore con una freccia

lanciata con naturalezza, che un altro pensatore dovrà

raccogliere dove è caduta per lanciarla di nuovo verso un

altro luogo. Secondo Nietzsche, il filosofo non è né eterno


58

né storico, quanto "intempestivo", sempre intempestivo.

Nietzsche ha difficilmente dei precursori. A parte i primi

presocratici, egli stesso ne riconobbe uno solo: Spinoza.

La filosofia di Nietzsche si organizza su due grandi assi. Il

primo ha a che vedere con la forza, con le forze e le forme

di una semiologia generale. I fenomeni, le

cose, gli organismi, le società, le coscienze e le anime

sono segni, o meglio sintomi che riflettono attraverso se

stessi gli stati delle forze. Da qui deriva la concezione del

filosofo come "fisiologo o medico". Possiamo chiedere, per

una determinata cosa, quale stato di forze interiori e

esteriori presuppone. Nietzsche è il responsabile della

creazione di una tipologia generale atta a distinguere le

forze attive, attività e reattività, e analizzare le diverse

combinazioni. In modo particolare, uno dei punti pili

originali del pensiero di Nietzsche sta nell'aver delineato un

tipo di forze genuinamente reattive. Questo tipo di

semiologia generale include la linguistica, o più

concretamente la filologia, come una delle sue parti, posto

che ogni proposizione è in se stessa un insieme di sintomi

che esprimono una forma di essere o un modo di

esistenza di chi parla, sarebbe a dire, lo stato di forze che

mantiene o tenta di mantenere con se stesso e con gli altri

(si consideri, per esempio, il ruolo della congiunzione in

questa connessione). In questo senso, una proposizione

riflette sempre un modo di esistere, un "tipo". Qual è il

modo di esistere di una persona che pronuncia una

proposizione data, quale modo di esistere è richiesto per

poter giungere a pronunciarla? Il modo di esistere è lo

stato delle forze nella misura in cui danno forma a un tipo

che può essere espresso attraverso segni o sintomi.

I due grandi concetti reattivi dell'uomo, diagnosticati da

Nietzsche, sono il risentimento e la cattiva coscienza.

Risentimento e cattiva coscienza sono l'espressione del

trionfo delle forze reattive dell'uomo, ivi inclusa la

costituzione dell'uomo attraverso le forze reattive: l'uomo

schiavo. Tutto questo evidenzia in che modo il concetto

nietzscheano di schiavo non rappresenti un qualcuno


59

dominato dal destino o dalla condizione sociale, piuttosto

caratterizza tanto i dominati quanto i dominatori una volta

che il regime di dominio è caduto sotto il potere di forze

che non sono attive, quanto reattive. I regimi totalitari sono,

in questo' senso, regimi di schiavi, non solo a causa della

gente che soggiogano quanto e soprattutto per il tipo di

"padroni" che producono. Una storia universale del

risentimento e della cattiva coscienza - a partire dai

sacerdoti giudaico-cristiani fino al sacerdote secolare del

presente - è una componente fondamentale della

prospettiva storica nietzscheana (i supposti testi antisemiti

di Nietzsche sono di fatto testi sul tipo sacerdotale

originario).

II secondo asse riguarda la potenza e dà luogo ad un'etica

e a una ontologia. Nietzsche è stato male interpretato

soprattutto in relazione alla questione del potere. Ogni

volta che si interpreta la volontà di potenza come

"desiderio o ambizione di potere", incontriamo delle

semplificazioni che non hanno nulla a che vedere con il

pensiero nietzscheano. Se è vero che tutte le cose

riflettono uno stato

delle forze, la potenza designa allora l'elemento, o meglio

la relazione differenziale delle forze che si affrontano

direttamente tra loro. Questa relazione si esprime nelle

qualità dinamiche del tipo come la "affermazione" e la

"negazione". La potenza non è dunque ciò che la volontà

desidera, piuttosto, al contrario, ciò che desidera nella

volontà. E "desiderare o ambire la potenza" è solo il grado

più basso della volontà di potenza, la sua forma negativa,

la piega che prende quando le-*' forze reattive prevalgono

nello stato delle cose. Una delle caratteristiche più originali

nella filosofia di Nietzsche è la trasformazione della

domanda: Che cos'è... ? in Chi è...? Ad esempio, per ogni

proposizione una data domanda: Chi è capace di

pronunciarla? Su questo punto dobbiamo disfarci di ogni

riferimento "personalista". "Chi..." non si riferisce a un

individuo o a una persona quanto a un evento, ossia, alle

forze che diversamente relazionate incontriamo in una


60

proposizione o in un fenomeno, e alla relazione genetica

che determina queste forze (potenza). "Chi..." è sempre

Dioniso, una maschera o maschera di Dioniso, un lampo.

L'eterno ritorno è stato mal interpretato come la volontà di

potenza. Ogni volta che sentiamo l'eterno ritorno come il

ritorno ad un determinato stato delle cose dopo che tutte le

altre cose si sono già realizzate, ogni volta che

interpretiamo l'eterno ritorno come il ritorno dell'identico o

dello stesso, stiamo sostituendo il pensiero di Nietzsche

con ipotesi puerili. Nessuno ha esteso la critica ad ogni

forma di identità tanto lontano come Nietzsche. In due

occasioni nello Zarathustra Nietzsche nega esplicitamente

che l'eterno ritorno sia il circolo che compie sempre lo

stesso giro. Si tratta esattamente dell'idea diametralmente

opposta, perché l'eterno ritorno non può essere separato

da una selezione, da una doppia selezione. In primo luogo,

vi è la selezione della volontà o del pensiero che

costituisce l'etica di Nietzsche, ciò che vuoi, voglio in modo

tale da volere anche il suo eterno ritorno (si eliminano così

tutti i volere a metà, tutto quello che solo può essere voluto

a condizione di volerlo "una volta, solo una volta"). In

secondo luogo, vi è la selezione dell'essere che costituisce

l'ontologia di Nietzsche: solo ciò che diviene nel più

completo senso della parola può tornare, è atto a tornare.

Solo l'azione e l'affermazione ritornano: il divenire, e solo il

divenire, è. Ciò che si oppone, lo stesso o l'identico,

strettamente parlando, non è. La negazione come grado

più basso della potenza e il reattivo come grado più basso

della forza non ritornano perché sono l'opposto del

divenire e solo il divenire può essere. Possiamo vedere

allora come l'eterno ritorno si collega, non ad una

ripetizione dello stesso, ma al contrario, ad una

transvalutazione. È l'istante, o l'eremità del divenire, ciò

che elimina tutto quello che gli resiste. Libero, crea di

colpo, il puramente attivo e la pura affermazione. Da

questo deriva l'unico contenuto del superuomo. È il

prodotto congiunto della volontà di potenza e dell'eterno

ritorno, Dioniso e Arianna. Questa è la ragione per la quale


61

Nietzsche afferma che la volontà di potenza non è volere,

ambire o desiderare il potere, quanto solo "dare" o

"creare". Questo libro vuole analizzare, prima di tutto,

quello che Nietzsche chiama divenire.

La difficoltà che pone Nietzsche, senza dubbio, dipende

meno dall'analisi concettuale che dalle valutazioni pratiche

che evocano nel lettore un'atmosfera complessiva e tutto

un tipo di disposizione emozionale. Come Spinoza,

Nietzsche sostenne che vi è una relazione molto profonda

tra il concetto e l'affetto. Le analisi concettuali sono

indispensabili, e Nietzsche le porta più lontano di tutti, però

risulteranno sempre inefficaci se il lettore le trasporta in

un'atmosfera che non è quella di Nietzsche. Mentre il

lettore continua: 1) a vedere lo schiavo come colui che si

trova ad essere dominato da un padrone e merita di

restarlo 2) a intendere la volontà di potenza come volontà

di volere e ambire al potere 3) a concepire l'eterno ritorno

come il tedioso ritorno dello stesso 4) a immaginare il

superuomo come una razza superiore, non sarà possibile

alcuna relazione positiva tra Nietzsche e il suo lettore.

Nietzsche apparirà come un nichilista, o, ancor peggio,

come un fascista e, nel migliore de casi, come un oscuro e

terrificante profeta. Nietzsche lo sapeva, conosceva il

destino che lo riguardava, lui che diede a Zarathustra una

"scimmia" o un "buffone" come doppio, predicendo che

Zarathustra sarebbe stato confuso con la sua scimmia (un

profeta, un fascista, un pazzo...). Questa è la ragione per

la quale un libro su Nietzsche deve sforzarsi di correggere

i malintesi pratici 0 emozionali, così come stabilirne l'analisi

concettuale. È, in effetti, vero che Nietzsche diagnosticò il

nichilismo come il movimento che spinge la storia in avanti.

Nessuno ha analizzato il concetto di nichilismo meglio di

lui, fu lui che ne inventò il concetto. Però è importante

tener presente che lo definì come il trionfo delle forze

reattive o del negativo nella volontà di potenza. Al

nichilismo oppose la transvalutazione, ossia, il divenire che

è simultaneamente l'unica azione della forza e l'unica

affermazione della potenza, e l'elemento transtorico


62

dell'uomo, il superuomo (non il superman). Il superuomo è

il punto focale in cui il reattivo (il risentimento e la cattiva

coscienza) è conquistato e in cui la negazione dà luogo

all'affermazione. Nietzsche si mantiene inseparabilmente

legato, in ogni momento, alle forze del futuro, alle forze a

venire che le sue suppliche invocano, che il suo pensiero

abbozza, che la sua arte prefigura. Non solo diagnostica,

come disse Kafka, le forze diaboliche che sta chiamando

alla porta, ma le esorcizza erigendo l'ultima potenza

capace di lottare contro di loro, espellendole entrambe da

noi, fuori di noi. Un aforisma nietzscheano non è un mero

frammento, un pezzo di pensiero: è una proposizione che

ha senso solo in relazione con lo stato delle forze che

esprime, e che cambia senso, che deve cambiare senso,

in rapporto alle forze che è "capace" (ha la potenza) di

attrarre.

Senza alcun dubbio, questo è il punto più importante della

filosofia di Nietzsche: la trasformazione radicale

dell'immagine del pensiero che creiamo per noi stessi.

Nietzsche si spinge al pensiero dell'elemento della verità e

della falsità. Lo converte in valutazione, interpretazione di

forze, valutazione della potenza. - E un movimento del

pensiero, non solo nel senso che Nietzsche desidera

riconciliare il pensiero e il movimento concreto, quanto nel

senso che il pensiero stesso deve produrre movimenti,

piccoli stati di velocità e lentezze straordinarie (possiamo

osservare di nuovo la carta dell'aforisma, con le sue

diverse velocità e il suo movimento "tipo proiettile"). Di

conseguenza, la filosofia ha una nuova relazione con le

arti del movimento: teatro, danza e musica. Nietzsche non

fu mai soddisfatto dal discorso o dalla dissertazione (logos)

come espressione del pensiero filosofico, nonostante l'aver

scritto le più belle dissertazioni - specialmente ne La

genealogia della morale, verso la quale tutta l'etnologia

moderna ha oggi un debito impagabile. Ma un libro come

lo Zarathustra, può solo essere letto come un'opera

moderna, e visto e ascoltato come tale. Non è che

Nietzsche abbia prodotto un'opera filosofica o un testo di


63

teatro allegorico, o un'opera che esprime direttamente il

pensiero come esperienza o movimento. Quando

Nietzsche dice che il superuomo assomiglia più a Borgia

che a Parsifal, o che è un membro tanto dell'ordine dei

gesuiti quanto del corpo degli ufficiali prussiani, sarebbe

molto erroneo considerare queste tesi come delle

dichiarazioni protofasciste, perché sono le osservazioni di

un direttore che indica come dovrebbe essere

"interpretato" il superuomo (come Kierkegaard quando

dice che il cavaliere della fede è come un borghese

domenicano). - Pensare è creare: questa è la più grande

lezione di Nietzsche. Pensare, lanciare i dadi...: questo era

già il senso dell'eterno ritorno.

Questo testo redatto originariamente in francese è stato

tradotto da Hugh Tolinson e pubblicalo in Nietzsche and

Philosophy, Columbia University Press, New York, 1983,

pp.IX-XIV

Traduzione italiana a cura di Tiziana Villani.


64

Paolo Persichetti

Eleni Varikas, Les rebuts du monde. Figures du

paria

È convinzione diffusa che paria sia un vocabolo indiano

giunto in Europa insieme alle merci speziate e alle sete

pregiate della compagnia delle Indie, cuore pulsante

dell‟impero coloniale britannico. Allo stesso modo, un

radicato luogo comune vuole che il termine designi gli

intoccabili, cioè gli estromessi dal sistema delle caste:

banditi per nascita dalla comunità, gli impuri, i reietti, gli

ultimi degli ultimi, gli espulsi dallo stesso genere umano.

In realtà, paria è parola occidentale coniata da militari e

missionari portoghesi nel XVI secolo. Sembra che della

espressione si trovi traccia per la prima volta nelle parole

di un certo Duarte Barbosa, navigatore al servizio del re

del Portogallo, il quale durante un viaggio nella penisola

indiana riferisce della esistenza d‟un «gruppo inferiore di

pagani chiamati PareaY». Probabilmente l‟equivoco trae

origine dall‟impiego che gli Europei hanno fatto del termine

parayer, con il quale erano indicati i suonatori di tamburo,

considerati per questo impuri. Nel vocabolario indiano gli

intoccabili hanno sempre avuto tutt‟altro nome. Ultimo di

questi è dalits, che vuole dire «popolo oppresso e

calpestato».

È questa una delle scoperte che riserva la lettura del libro

appena pubblicato a Parigi da Eleni Varikas, Les rebuls du

monde. Figures du paria. Con un documentato lavoro di

ricerca, prima in campo letterario e teatrale e poi sul

terreno della riflessione teorica, in autori come Weber,

Simmel e Arendt, la docente di teoria politica, trapiantata a

Parigi dalla sua Grecia natale durante gli anni della

dittatura dei colonnelli, autrice di numerosi testi sulla storia


65

e il pensiero femminista, ripercorre le origini del concetto di

paria, la singolare apparizione del termine in Europa

insieme alle sue molteplici e mutevoli rappresentazioni,

che ancora oggi ne fanno una figura carica di scottante

attualità, emblema di quell‟ambiguità irrisolta contenuta nel

tanto declamato universalismo dei diritti umani.

Fin dal suo affiorare il concetto riflette lo sguardo dei

colonizzatori sulla propria società prima ancora che sui

domini coloniali. Per questo appare subito come una

parola rivelatrice, indizio e sintomo delle promesse

incompiute dall‟universalità dei diritti. Si pensi allo scontro

che oppose, durante i lavori della Convenzione del 16

piovoso (2 febbraio 1794), i fautori dell‟abolizione della

schiavitù agli assertori della «Iibertà egoistica» di stampo

liberale, che ritenevano superflua ogni deliberazione sulla

materia poiché avrebbe soltanto sporcato l‟esemplarità

della dichiarazione universale. Dietro la tesi che riteneva

l‟abrogazione della condizione servile, come

l‟emancipazione femminile o quella degli ebrei, un

corollario implicito dei diritti dell‟Uomo, si celava, in realtà,

la volontà di affermare un‟idea di libertà dai confini angusti:

quella del patriarca bianco, cristiano e proprietario, che

dietro astratte affermazioni generali preservava la sostanza

particolare dei rapporti di dominio. Appena affermati, i diritti

dell‟uomo avevano già prodotto i loro paria: coloro che non

avevano il diritto d‟avere diritti.

A partire dal XVIII secolo il vocabolo si diffonde nello

spazio politico e letterario europeo. «Che cosa è un

paria?» – domanda uno dei protagonisti de La chaumière

indienne, racconto filosofico d‟ispirazione illuminista

pubblicato nel 1791. «È colui che non ha né fede né

legge!» – si vede rispondere. Il libro ha subito un grande

successo e sarà trasformato da Casimir Delavigne in

un‟opera intitolata Il Paria, rappresentata a Parigi l‟anno

successivo. Madame de Staël non mancò di segnalarne la

risonanza, definendolo «genere repubblicano per

eccellenza», espressione di quella nuova estetica

romantica affascinata e indignata dalla condizione


66

esclusiva in cui erano relegate le figure di frontiera affiorate

al cospetto dei salotti letterari dopo che la rivoluzione

aveva fatto emergere la realtà del popolo.

Icona ambivalente, l‟immagine del paria servirà da

strumento d‟educazione politica dei ceti popolari mentre va

prendendo forma quello spazio pubblico plebeo che un

inorridito Burke non esitò a definire «moltitudine porcina»,

scandalizzato dall‟inversione della gerarchia dei valori che

accordava ai subalterni, «questa moltitudine a più teste»,

un privilegio cognitivo, una superiorità morale e politica.

Ma al tempo stesso offre ispirazione anche all‟elitaria

immagine dell‟artista maledetto, alla marginalità idealizzata

e trasformata in consapevole scelta di vita, forma di

contestazione individuale, icona del proscritto, simbolo

dell‟individuo soffocato, inadatto o ribelle a norme

retrograde e oppressive, condannato alla solitudine, tanto

più carico di grandezza quanto più disprezzato e escluso,

che raffigura i tratti romantici della rivolta intellettuale verso

la nuova etica borghese e, in epoca a noi più vicina, la

ribellione alla società massificata e serializzata.

Utilizzato in forma metaforica, il paria diventa una figura

retorica della lotta politica di volta in volta riempita di nuovi

contenuti ed immagini. Se nel discorso degli Illuministi

l‟attacco contro le gerarchie sociali di Paesi lontani serviva

da espediente per colpire la tirannia dell’ancien régime che

dominava in casa propria (non a caso il termine si

accompagna alla diffusione della nozione di casta), con

l‟approdo al concetto di umanità la categoria dei «senza

diritti» diventa lo specchio che rinvia l‟immagine capovolta

della civiltà in cui si afferma il valore universale dei diritti

umani. Così la figura del paria illumina la cattiva coscienza

di una società che ad ogni nuovo diritto acquisito vede

subito comparire la categoria di chi ne è a sua volta

escluso: dapprima gli schiavi, i neri, i colonizzati, le donne,

quindi i proletari, gli ebrei, gli arabi, gli omosessuali, i matti,

gli zingari, i migranti, i rifugiati, i carcerati, i precari e tutto

ciò che oggi il sistema capitalista considera un‟eccedenza,

un fastidioso soprannumero di cui sbarazzarsi. Paria è il


67

membro di una casta inferiore in una società che si

enuncia senza caste, paradosso di un‟uguaglianza dei

diritti meramente formale ma la cui presenza rivela

l‟ipocrisia di persistenti asimmetrie sociali, economiche,

culturali, etniche, religiose, sessuali, di genere che

sorreggono nuove barriere invisibili.

L‟immaginario del paria scandaglia con la sua

rappresentazione potente le vite inedite dell‟oppressione e

dell‟esclusione ma al tempo stesso offre loro una forma

d‟espressione, mette in evidenza la doppia genealogia

dell‟universalismo: la sua sconfitta storica ma anche la sua

capacità d‟infondere spirito di resistenza. Il paria è la

coscienza critica dell‟universalismo inespresso,

protagonista indefesso di una tradizione nascosta, come

osserva Hannah Arendt parlando di «paria ribelle». Non

solo umiliati e offesi, mute e anonime figure di un

sempiterno cielo dei vinti, ma anche protagonisti di un

«disprezzo sovrano» verso l‟oppressione, renitenti

all‟ordine che li esclude, refrattari ad ogni ragione

compromissoria offerta da una società che non lascia

ormai posto.


68

Jean-Paul Sartre, Réflexions sur la

question iuive


“Per causa sua il Male accade sulla terra, tutto ciò che c‟è

di male nella società (crisi, guerre, carestie, rivolgimenti e

rivolte) gli è direttamente o indirettamente imputabile.

L‟antisemita ha paura di scoprire che il mondo è fatto male:

perché allora bisognerebbe inventare, modificare e l‟uomo

si ritroverebbe padrone dei propri destini, provvisto di una

responsabilità angosciosa e infinita. Perciò localizza

nell‟ebreo tutto il male dell‟universo. Se le nazioni si fanno

guerra ciò non deriva dal fatto che l‟idea di nazionalità,

nella sua forma presente, implica quella dell‟imperialismo e

del conflitto di interessi. No, è l‟ebreo che sta lì dietro ai

governi, e soffia discordia. Se c‟è una lotta di classe, ciò

non si deve al fatto che l‟organizzazione economica lascia

a desiderare: sono i caporioni ebrei, gli agitatori dal naso

adunco che traviano gli operai. Così l‟antisemitismo è

originariamente un manicheismo; spiega il corso del

mondo con la lotta del principio del Bene contro il principio

del Male. Tra questi due principi non è concepibile nessun

accordo: bisogna che uno dei due trionfi e che l‟altro sia

annientato. [...] [A questo punto risulta possibile tracciare

un profilo dell‟antisemita:] Questo tipo siamo ora in grado

di comprenderlo. È un uomo che ha paura. Non degli

ebrei, certamente: ma di se stesso, della sua coscienza,

della sua libertà, dei suoi istinti, delle sue responsabilità,

della solitudine, del cambiamento della società e del

mondo; di tutto meno che degli ebrei. È un codardo che

non vuol confessarsi la sua viltà; un assassino che

rimuove e censura la sua tendenza al delitto senza poterla

frenare e che pertanto non osa uccidere altro che in effigie

o nascosto dall‟anonimato di una folla: uno scontento che

non osa rivoltarsi per paura della sua rivolta. Aderendo

all‟antisemitismo, non adotta semplicemente un‟opinione,

ma si sceglie come persona. Sceglie la permanenza e


69

l‟impenetrabilità della pietra, l‟irresponsabilità totale del

guerriero che obbedisce ai suoi capi, ed egli non ha un

capo. Sceglie di non acquistare niente, di non meritare

niente, ma che tutto gli sia dovuto per nascita - e non è

nobile. Sceglie infine che il Bene sia bell‟e fatto, fuori

discussione, intoccabile: non osa guardarlo per timore

d‟essere indotto a contestarlo e a cercarne un altro.

L‟ebreo è qui solo un pretesto: altrove ci si servirà del

negro, o del giallo. La sua esistenza permette

semplicemente all‟antisemita di soffocare sul nascere ogni

angoscia persuadendosi che il suo posto è stato da

sempre segnato nel mondo, che lo attende e che egli ha,

per tradizione, il diritto d‟occuparlo. L‟antisemitismo, in una

parola, è la paura di fronte alla condizione umana.

L‟antisemita è l‟uomo che vuole essere roccia spietata, un

torrente furioso, fulmine devastatore: tutto fuorché un

uomo.


70

Osservatorio Democratico - 10/02/2004

UN ASCETA ASSAI POCO ”SPIRITUALE”:

LA CENTRALITA’ DEL RAZZISMO E

DELL’ANTISEMITISMO NEL PENSIERO DI JIULIUS

EVOLA

IN UN AMPIO SAGGIO CRITICO IL PERCORSO POLITICO

DEL PRINCIPALE TEORICO RAZZISTA ITALIANO.

DAI RAPPORTI CON HIMMLER A ORDINE NUOVO, AI

PROPOSITI GOLPISTI

Jiulius Evola (1898-1974) ha sicuramente rappresentato la

figura principale di riferimento per il neofascismo italiano

nel dopoguerra, più recentemente per larga parte della

destra radicale contemporanea. Le sue opere, già tradotte

in Francia, Germania, Gran Bretagna, Spagna, Portogallo


e Stati Uniti, da qualche anno circolano anche nell‟ex-

Unione Sovietica. Non casualmente in Italia sono state


oggetto, nell‟ultimo decennio, di un complessivo piano di

ripubblicazione. Due le case editrici in prima fila: le Edizioni

Mediterranee, sotto la supervisione della Fondazione

Julius Evola di Roma, e le Edizioni di AR curate da Franco

Freda. Discendente di una nobile famiglia siciliana, nato a

Roma, Evola si fregiò sempre del titolo di “barone”,

firmandosi “Julius”, fin dagli esordi della carriera

pubblicistica, piuttosto che con il proprio vero nome di

Giulio Cesare. Definito da Giorgio Almirante “il nostro

Marcuse”, fu ancora indicato nel gennaio del 1995, all‟atto

di nascita di Alleanza Nazionale, tra i più significativi

riferimenti teorici e culturali. Dal canto suo, il gruppo

senatoriale, sempre di AN, sotto la presidenza di Giulio

Maceratini, non più tardi del febbraio 2000, gli dedicò, a 25

anni dalla scomparsa, un convegno. In cinquant‟anni di

attività, Evola fu autore di centinaia di saggi e articoli. Il suo

pensiero viene ora riproposto in un ampio saggio critico

curato da Francesco Cassata “A destra del fascismo.

Profilo politico di Jiulius Evola” (Bollati Boringhieri, 533


71

pagine, 30 euro). Un lavoro disancorato da ogni

suggestione o accondiscendenza, che giunge quasi a

oggettivo completamento di altri studi, anch‟essi recenti,

come “Razza del sangue, razza dello spirito” di Francesco

Germinario, uscito nel 2001, sempre per la Bollati

Boringhieri. Due in particolare, nella ricostruzione di

Francesco Cassata, gli aspetti da sottolineare: la centralità

del razzismo nell‟elaborazione evoliana e l‟interventismo

politico, ambedue volutamente depotenziati e “purificati”

nella vulgata dei suoi estimatori, tesi a veicolare

un‟immagine edulcorata del “maestro”. IL RAZZISMO

“TOTALITARIO” Il razzismo non fu in Evola una breve

parentesi, chiusasi con il 1945, né i contenuti espressi

meno criminali di quelli nazisti. Cassata dimostra

ampiamente come il “barone nero” si fece portatore di una

teoria che egli stesso definì “totalitaria”, incentrata su tre

livelli (razzismo del corpo, dell‟anima e dello spirito) “ben

più rigorosa e discriminante” di quella in auge nel Terzo

Reich, non limitando l‟indagine razziale unicamente ai

corpi. Ad ogni salto di grado corrispondeva infatti un

ulteriore giro di vite nella selezione razziale del genere

umano. “Il razzismo evoliano” - sintetizza bene l‟autore -

“non è affatto, come vorrebbe De Felice, un razzismo per

così dire dal „volto umano‟: esso non esclude il razzismo

biologico, ma lo potenzia”. L‟approvazione data al progetto

eugenetico della Germania hitleriana, con l‟eliminazione di

oltre 80 mila portatori di handicap e malati mentali, per

“impedire che un‟eredità guasta si trasmetta in altre

generazioni”, come scrisse lo stesso Evola, è lì a

testimoniarlo. La “dottrina della razza” fu centrale nel

pensiero evoliano. Elevata a concezione generale, a

visione del mondo capace di investire tutte le

manifestazioni culturali, dalla scienza, alla filosofia, al

diritto, fu anche concepita come possibile motore di una

“rivoluzione conservatrice”, in cui la guerra, il “più alto

strumento di risveglio interno della razza”, avrebbe

preparato un definitivo ritorno al mondo delle “Origini e

della Tradizione”, segnato non solo dal dominio delle


72

“razze superiori”, ma anche socialmente da una rigida

gerarchia in caste. La storia stessa è “storia delle razze”,

disse Evola. Anche l‟antisemitismo fu “totale”, fino a

“giustificare – scrive Cassata – ideologicamente pratiche di

persecuzione e di sterminio”. L‟ammirazione,

contraccambiata, per Himmler, che finanzierà i soggiorni di

Evola in Germania (“va pazzo per Evola” si scrisse nel

1939 in una nota della Divisione della Polizia Politica

fascista), rimarrà costante. Verrà riaffermata nel

dopoguerra, quando sulla rivista di Ordine Nuovo Evola

dedicherà pagine apologetiche proprio alle SS, assunte a

modello “ascetico-cavalleresco”. Sarà solo per ragioni di

opportunità che Evola conierà, dopo la fine del secondo

conflitto mondiale, il termine di “razzismo spirituale”.

All‟epoca della sua carcerazione, nel maggio del 1951, con

l‟accusa di essere l‟ispiratore del gruppo terroristico dei

FAR (i Fasci di Azione Rivoluzionaria), guidato da Pino

Rauti e Clemente Graziani. In sua difesa cercherà di

dimostrare come le teorie razziste da lui stesso elaborate

si muovessero unicamente nel campo rarefatto dello

“spirito”. Si smentirà negli anni immediatamente successivi

in opere come “Gli uomini e le rovine” (1953), dove

disquisirà della “necessità di combattere e perfino di

sterminare un altro popolo”. Finirà negli ultimi anni della

sua vita a inveire contro “l‟egualitarismo democratico”, la

“sovversione comunista” e la “rivolta dei neri”,

pronunciandosi a favore dell‟apartheid e della deportazione

dei popoli di colore. Ossessionato dalla “negrizzazione”

degli Stati Uniti, destinata a coinvolgere presto anche

l‟Italia e l‟Europa, si scagliò contro il rock and roll e la beat

generation, i blue-jeans, il jazz, le ballerine di colore, tutte

espressioni della decadenza del mondo moderno. IL

FILOGOLPISMO Un altro aspetto fondamentale, presente

nell‟opera di Jiulius Evola nel dopoguerra, fu senz‟altro il

tentativo di condizionare gli avvenimenti politici,

nonostante fosse stato costretto su una sedia a rotelle,

dopo le ferite riportate a Vienna nel 1945 nel corso di un

bombardamento. Il gruppo di Ordine Nuovo, strutturatosi


73

inizialmente come corrente interna al MSI, fin dal 1954,

rappresentò in un qualche modo una sua proiezione. Lo

ribadì anni dopo lo stesso Clemente Graziani, uno dei suoi

dirigenti più importanti: ”Il lavoro di Ordine Nuovo è sempre

stato quello di trasferire sul piano politico gli insegnamenti

di Evola”. Dopo i fatti del luglio 1960 si pronunciò con forza

in favore di un colpo di Stato militare, sostenendo la

necessità di “un‟azione preparatoria” all‟interno delle “forze

sane” dell‟esercito, delineando “un‟ora X” in cui si

sarebbero dovute occupare le sedi del Partito Comunista

ed arrestare i suoi rappresentanti. A tale scopo

indispensabile era, sempre secondo Evola, il sostegno

degli Stati Uniti e della NATO. Propose anche un “blocco

nazionale” composto da liberali, missini e monarchici. Non

siamo per nulla lontani da quello che poi davvero si tentò

in Italia negli anni della “strategia della tensione”, con

Ordine Nuovo in prima fila nel campo dello stragismo nero.

Non si limitò, in conclusione, come qualcuno ancora ci

vorrebbe far credere, a rimanere nel campo dell‟”utopico” e

dell‟”impolitico”. Dagli scritti di Evola, se opportunamente

letti, si ricava un profilo ben più complesso dall‟asceta

indifferente al corso della storia. Decisamente qualcosa di

più di un semplice “maestro spirituale”.

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